Ritorno in Bianco

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Ritorno in Bianco

Vent’anni fa i fratelli Cornetti di Quinzano d’Oglio (Bs) decisero di puntare sulla duplice attitudine della Bianca Val Padana, razza di cui oggi sono i principali custodi a livello nazionale. Il risultato? La Fortuna aiuta gli audaci, dice il detto…

 

Per remare controcorrente ci vuole forza, oltre che una buona dose di coraggio. E sono esattamente queste le virtù messe in campo da una famiglia di allevatori di vacche da latte – i fratelli Virgilio, Alessandro, Luigi, Cesare, Giuseppe e Agostino Cornetti di Quinzano d’Oglio (Bs) – allorchè una ventina di anni fa decisero di passare dal bianco e nero della Frisona al “total white” (e alla duplice attitudine) della Bianca Val Padana. Avete capito bene, stiamo proprio parlando di quella razza che nel dopoguerra popolava buona parte delle cascine padane, mentre oggi, a fronte delle poche centinaia di capi censiti, è oggetto di salvaguardia genetica. “Si era a cavallo tra il 2003 e il 2004 – ci racconta Giuseppe Cornetti, che incontriamo una mattina d’autunno alla “Fattoria Cornetti”, mentre fa colazione in compagnia di fratelli e nipoti – e qui in azienda dovevamo decidere se continuare a produrre latte e ad accumulare multe, o se non fosse meglio optare per una strada alternativa. Fu in quell’occasione che nostro fratello Alessandro suggerì che il nostro obiettivo doveva essere quello di massimizzare le unità foraggere prodotte per unità di superficie. Un traguardo difficilmente raggiungibile allevando una razza da latte altamente specializzata e selezionata come la Frisona, che esprime un elevato fabbisogno di energia e proteina e che quindi induce gli allevatori a orientare i cicli colturali sulla produzione di granaglie e sulla mono-successione del mais. Cercavamo quindi una razza bovina in grado di valorizzare un piano colturale improntato alla massima produzione di unità foraggere per ettaro, ma che ci concedesse anche maggiori margini di libertà sul fronte dei piani colturali. E quando alla Fiera di Cremona ci imbattemmo in alcuni capi di Bianca Val Padana, Alessandro disse: questi fanno per noi”.

 

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La famiglia Cornetti riunita al tavolo per la colazione mattutina

 

A caccia di seme

“A quel punto – prosegue il nostro interlocutore – ci mettemmo a studiare le caratteristiche di questa razza, che produce latte ma che fin dalla nascita si copre di carne, presentando così un fenotipo più rotondo e corpulento di una Frisona. Una razza rustica e frugale, scoprimmo, capace di trasformare bene i foraggi sia in latte che in carne, e che risulta particolarmente adatta all’allevamento stallino in virtù di un unghione a corno bianco particolarmente elastico. Certo, rispetto alla Frisona ci avrebbe dato meno latte, ma d’altra parte il nostro obiettivo era anche limitare gli sforamenti di quota e le conseguenti multe”.

L’impegno finanziario non è da poco (“contributi zero, all’epoca non c’era la stessa sensibilità di oggi nei riguardi delle razze autoctone”), ma nel 2004 entrano in stalla le prime 4 vitelle di Bianca Val Padana, reperite presso alcuni allevamenti del Modenese. “Per ampliare l’effettivo – continua Giuseppe – pensammo inizialmente di ricorrere all’embryotransfer, ma quando realizzammo a nostre spese che nella Bianca questa tecnica non dà risultati, allora non potemmo fare altro che praticare l’incrocio di ritorno. Per cui iniziammo a fecondare le nostre frisone con il seme congelato di Bianca Val Padana, continuando anche sulle 3-4 progenie ibride successive. Il tutto ha comportato, quindi, tempi lunghi, ma non avremmo potuto fare altrimenti”.
Tra le maggiori difficoltà incontrate, quelle legate al reperimento del seme: “ci siamo rivolti all’Aia e di lì all’allora Apa di Modena, all’epoca tenutaria della banca genetica della razza, dove era stoccato anche il seme di tori degli anni ’40 e ’50. Sono stati questi due enti che insieme al CRA, con i suoi studi sulla caseificabilità del latte di Bianca Valpadana, e insieme a un gruppo di allevatori modenesi, tra cui Mario Valcalvi, Gianni Manicardi e Adriano Borghi, ci hanno consentito di realizzare il nostro progetto”. E realizzare è proprio la parola giusta visto che oggi i fratelli Cornetti sono i principali custodi a livello nazionale (e internazionale) della razza Bianca Val Padana: “nel nostro allevamento – confermano i diretti interessati – si trova circa la metà dei capi attualmente iscritti al registro anagrafico dell’Aia”.

 

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Il consumo giornaliero di sostanza secca delle vacche in mungitura è intorno ai 16 kg. Anche il comportamento alimentare è particolare: il rumine è piccolo e le bovine si recano spontaneamente in greppia molto spesso nell’arco della giornata

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Il gruppo delle bovine in asciutta. “Quando fanno poco latte o a lattazione chiusa, le bovine mettono su carne in fretta”, osserva Agostino Cornetti

 

Senza rimpianti

E quando chiediamo se ne è valsa la pena, la risposta di Giuseppe e fratelli è risoluta: “il nostro – premettono – è un modello di sviluppo diverso e antitetico rispetto a qualsiasi tentativo di industrializzazione dell’agricoltura, di fatto perseguito da quanti aumentano indefinitamente il numero di vacche senza tenere conto della disponibilità di terreno. Comunque, conti alla mano e a parità di personale, mezzi agricoli e lavoro, siamo passati da una produzione di 14mila unità foraggere per ettaro, basata sulla monocoltura del mais, alle attuali 16mila con i doppi raccolti e con l’avvicendamento di diverse colture foraggere, che ci hanno permesso anche di incrementare notevolmente la produzione di sostanza secca per ettaro. Un contesto agronomico in cui la Bianca Val Padana, che campa benissimo di soli foraggi, si inserisce magnificamente. In più è davvero una razza molto fertile, longeva e redditizia, apprezzata sia per l’attitudine casearia del suo latte, riconducibile all’elevato contenuto non soltanto in K-caseina, ma anche in sali di calcio e fosforo colloidale, sia per la qualità della sua carne gustosa e delicatamente marezzata. Lo diciamo a ragion veduta: la carne dei nostri bovini viene lavorata e commercializzata direttamente qui in azienda, e ci accorgiamo subito quando una carcassa non è di pura Bianca o è di un altro genotipo: a parità di alimentazione, c’è meno grasso di copertura, e la carne è meno marezzata, più flaccida e meno colorita…”.
Certo, da qualche anno a questa parte ci sono anche i premi alla biodiversità, destinati a chi, come i fratelli Cornetti, mantiene in vita una delle razze autoctone del nostro territorio. “Attualmente – commenta a questo proposito Giuseppe – potremmo stare in piedi anche con la sola attività produttiva, ma i contributi che riceviamo per l’attività conservativa ci sono comunque indispensabili per poter fare quegli investimenti utili proprio a rafforzare il nostro grado di autonomia economica”.

 

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Prove tecniche di espansione

La prima colazione dei nostri ospiti volge al termine, e prima del fuggi-fuggi generale non c’è tempo che per alcune considerazioni finali: “il nostro auspicio per il futuro – conclude Giuseppe – è che la Bianca Val Padana possa avere una maggiore diffusione sul nostro territorio”. “Recentemente – aggiunge a questo proposito Agostino Cornetti – si sono aggiunti 2-3 nuovi allevamenti in linea vacca-vitello, ma c’è interesse anche da parte dei produttori di latte perché la straordinaria docilità di queste bovine le rende ottime candidate per la mungitura robotizzata”. Torneranno gli allevamenti padani a colorarsi di bianco? Difficile, ma la Bianca Val Padana meriterebbe certamente di più.