Asciutta selettiva, il dado è tratto

Una corretta prevenzione delle nuove infezioni in asciutta è un tassello fondamentale per il successo della nuova routine

Gestione mandria

Asciutta selettiva, il dado è tratto

E in questa intervista il professor Paolo Moroni (Università di Milano) invita gli allevatori italiani ad andare oltre gli ostacoli di natura psicologica e manageriale

 

Divenuta obbligatoria in Italia nel gennaio del 2022, e una volta entrato in vigore, lo scorso 18 gennaio, il regime sanzionatorio per chi vi si sottragga, sembra ormai che per l’asciutta selettiva i giochi siano fatti, e che sia stata posta la parola fine alla messa in asciutta con l’applicazione a tappeto dell’antibiotico (la mitica “Blanket dry cow therapy” dell’altrettanto mitico “Five points mastitis control plan” dello statunitense National Mastitis Council). Ma è davvero così? L’asciutta selettiva è già entrata nella routine manageriale degli allevatori o la realtà sul campo è un’altra? È questa la prima domanda che abbiamo rivolto a Paolo Moroni, docente presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria di Milano e massimo esperto italiano di mastiti bovine. “Dall’indagine recentemente condotta dal Servizio di produzione primaria del Consorzio di tutela del Parmigiano Reggiano – esordisce il nostro interlocutore – sono emersi due dati molto interessanti, ovvero che nella scorsa estate l’88,79% degli allevatori del comprensorio del Re dei Formaggi faceva asciutta selettiva, e che il 66,60% delle aziende trattava con antibiotico meno del 50% delle vacche. In effetti, girando per le stalle, si avverte la sensazione che le nuove regole siano state recepite e metabolizzate dagli allevatori. Certo, siamo appena usciti da una fase di transizione, in cui le Asl veterinarie hanno mantenuto un approccio morbido, decisamente più improntato alla formazione che alla repressione, ma adesso siamo a pieno regime. Per cui non ci sono dubbi: gli allevatori devono intraprendere questo nuovo percorso, opportunamente affiancati dai loro veterinari”.

 

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Dopo una lunga esperienza negli Stati Uniti, presso la Cornell University, il professor Paolo Moroni è tornato a insegnare presso il Dipartimento di Medicina Veterinaria e Scienze Animali di Milano

 

Motivazioni eccellenti


Al di là del fatto che è ormai un obbligo di legge, e che per i trasgressori sono previste multe salate, quali sono le ulteriori motivazioni che oggi possono indurre gli allevatori a passare all’asciutta selettiva?

“Di ulteriori motivazioni ce ne sono parecchie. Ne citerò tre: dare un messaggio di senso civico ed etico, ovvero trasmettere l’idea che anche gli allevatori di vacche da latte, dopo i suinicoltori e gli avicoltori, si stanno fortemente impegnando nel limitare l’impiego degli antibiotici, per dare il loro contributo alla lotta contro le antibiotico-resistenze. C’è poi una motivazione di carattere commerciale: oggi i buyer della gdo privilegiano l’acquisto di quegli alimenti di provenienza zootecnica che siano stati prodotti nel pieno rispetto del benessere animale e con il minimo uso di antibiotici. Infine, come allevatori e veterinari facciamo tutti parte del sistema One Health, principio secondo cui la salute dell’essere umano è strettamente interconnessa con la salute degli animali e dell’ambiente. Ebbene, attraverso l’asciutta selettiva miriamo ed ottimizziamo l’utilizzo degli antibiotici, cercando così di evitare la formazione di super-bugs resistenti e, collaborando attivamente con i medici umani per salute dell’Uomo”.

 

Quali sono i principali ostacoli finora incontrati sul campo nell’applicazione dell’asciutta selettiva?

“Direi che sono stati di duplice natura. Da un lato le difficoltà pratiche di tipo manageriale: per ridurre l’impiego di antibiotici occorre lavorare sul management. Quindi più igiene, maggiori spazi procapite, migliore gestione dei diversi tipi di lettiera utilizzati nei nostri allevamenti. Occorre poi dedicare maggiore attenzione ai dati trasmessi dai software gestionali, che ci danno tutti gli strumenti necessari per scegliere quali vacche asciugare con antibiotico e sigillante o con il solo sigillante. Tra questi, il dato più facile da gestire è senza dubbio quello sulle cellule somatiche. E poi ci sono gli ostacoli di natura psicologica, a carico sia dei veterinari che degli allevatori. I primi hanno mostrato una certa riluttanza al cambiamento: non essendosi mai occupati in precedenza di qualità del latte, adesso devono prepararsi e intervenire con professionalità anche in questo ambito. Ma se lo fanno, è giusto anche che vengano retribuiti. Per quanto riguarda invece i secondi, dall’indagine condotta dal Consorzio del Parmigiano Reggiano è emerso che gli allevatori temono che l’abbandono della terapia antibiotica a tappeto comporti un aumento delle conte cellulari nel post-parto, un aumento delle mastiti cliniche e un aumento dei livelli di cellule somatiche nel latte di massa”.


Come scongiurare la manifestazione di queste problematiche?

“Il punto essenziale è prevenire le nuove infezioni in asciutta, naturalmente senza usare gli antibiotici. E questo è possibile attraverso il corretto management dell’asciutta, in termini di igiene, spazi procapite, gestione della lettiera come dicevo prima. E poi attraverso un adeguato training della manodopera incaricata della messa in asciutta: fondamentale è che il personale sia pulito, e attento alle giuste manualità in particolare nell’applicazione del sigillante, altrimenti il danno è esponenziale. Infine è importante, per chi ne ha la possibilità, fare in modo di diminuire la produzione di latte alla messa in asciutta, passando dai 28-30 litri che oggi si vedono spesso in giro per le stalle, ai 18-20 litri. In che modo? Creando un gruppo di pre-asciutta in cui far soggiornare gli animali nei 5-6 giorni antecedenti la messa in asciutta, alimentandoli con una dieta ad hoc per indurre un calo fisiologico della produzione lattea”.

 

È consigliabile l’utilizzo, in affiancamento al sigillante, di eventuali altri prodotti non antibiotici?

“È vero, da quando è cambiata la normativa, c’è stato tutto un fiorire di questi prodotti. Trovo che sia una sorta di escamotage per sottrarsi alla dura realtà, che è questa: oggi le vacche vanno asciugate con antibiotico più sigillante o con il solo sigillante, gestendole bene. Stop. Al momento, comunque, ci sono pochissime pubblicazioni scientifiche a favore dell’utilizzo di questi prodotti alternativi, da utilizzarsi nei confronti delle infezioni mammarie. Da una di queste pubblicazioni, riguardante un medicinale omeopatico, si evince che esso risulta efficace quando viene affiancato all’antibiotico, il che fa venire qualche dubbio sulla sua reale utilità. In ogni caso, quando tali pubblicazioni ci saranno, non vedo particolari controindicazioni all’impiego di questi prodotti alternativi ai classici tubetti antibiotici”.

 

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Tra le misure indicate per prevenire le nuove infezioni in asciutta, vi è la formazione, laddove possibile, di un gruppo di pre-asciutta, alimentato con una dieta ad hoc per indurre un calo fisiologico della produzione lattea

 

Cambio di passo

Un appello finale agli allevatori…

“Vorrei innanzitutto invitarli a non aver paura del cambiamento. La qualità è una componente fondamentale del prezzo del latte e perciò del reddito aziendale, per la cui difesa sono recentemente scesi in strada migliaia di trattori. Occorre però migliorare la gestione della mandria, abbracciando definitivamente l’idea che è meno conveniente mungere il latte di 150 vacche tenute in condizioni di sovraffollamento rispetto a mungerne 130 tenute bene. E poi vorrei esortarli a sfruttare meglio tutta quella mole di dati che hanno a disposizione: oggi solo una minoranza di allevatori interpreta correttamente i tabulati dei controlli funzionali, tutti gli altri devono ancora partire. Per questo motivo ritengo necessaria l’attivazione di un servizio di assistenza ad hoc, fornito da buiatri, Asl veterinarie, ministero della Salute, esperti del latte, tecnici delle associazioni allevatori… Ma attenzione, essendo questo un servizio che genera decisioni manageriali importanti ai fini della redditività aziendale, è anche giusto che venga retribuito in modo adeguato. Insomma, è venuto il momento del cambio di passo. E di testa”.