Gestione mandria
Il magico potere del management
La cooperativa La Francescana di Arsié (Bl) non ha stalle moderne. Ma la riorganizzazione dei gruppi di Frisone e delle routine aziendali ha dato ottimi risultati
Corre l’anno 2012 e ad Arsié, nelle stalle della cooperativa “La Francescana” – storica esperienza di consociativismo zootecnico del Feltrino – le performance sono tutt’altro che entusiasmanti. La media produttiva delle Frisone in mungitura non raggiunge i 30 chili di media, la fertilità non brilla, parte della rimonta deve essere acquistata all’esterno, le mastiti sono all’ordine del giorno. Le strutture aziendali sono sempre quelle di un tempo, concepite per la stabulazione fissa e per ospitare anche il bestiame da carne, e sono dunque bisognose di “restyling” e di continue attenzioni.
Alessandro De Rocco della Società cooperativa La Francescana
La soluzione all’epoca caldeggiata da Alessandro De Rocco, attuale presidente della cooperativa, ricorda molto la consuetudine in uso nelle nostre litigiose comunità medioevali, quando si sceglieva un podestà forestiero: “Cerchiamoci un direttore tecnico – propone infatti Alessandro – e facciamo quello che decide lui”. La proposta passa e scende quindi in campo Sergio Gottarelli, funambolico consulente di gestione aziendale originario del Bresciano (“psicologo delle vacche” preferisce definirsi), e nel giro di poco tempo l’azienda viene rivoltata come un calzino. “I primi 6 mesi sono stati durissimi – sorride adesso Sergio – perché nonostante i primi buoni risultati, alcuni soci proprio non mi accettavano”.
Conferendo anche per il latte “di montagna”, l’azienda è chiamata a produrre e a utilizzare generose quantità di foraggio locale
Cambio di passo
E con l’aiuto di Sergio e di Alessandro, che a differenza di molti allevatori oggi passa le sue giornate davanti al computer a leggere i dati aziendali e a valutare la qualità del lavoro di squadra svolto in stalla, proviamo a sintetizzare i cambiamenti gestionali che hanno decretato la svolta de “La Francescana”. Perché di svolta si può parlare visto che oggi le circa 330 vacche in mungitura producono 37 chili a capo, la qualità del latte è ottima (media geometrica cellule somatiche sotto alle 150mila unità/ml), la sanità di mandria è assicurata da un puntuale lavoro di prevenzione con un uso del farmaco in progressiva flessione, la fertilità viaggia su ottimi valori (P.R. 30,8%, C.R. 42,8%) e c’è un eccesso di rimonta che viene venduta (anche all’estero).Sergio Gottarelli (al centro), insieme al bravissimo jolly aziendale Singh Sukhdev e ad Alessandro De Rocco
Il benessere animale? Più che buono, a giudicare dai risultati e dai continui investimenti realizzati dai soci della cooperativa per offrire alle bovine più spazio e più comfort: ecco gli ampliamenti strutturali ottenuti a costo di giganteschi sbancamenti, i dispositivi per il raffrescamento estivo montati in ogni reparto, i tappeti di gomma, ecc.
La pesa, collocata all’ingresso dell’azienda, è stata preziosa per la riorganizzazione dei gruppi di manze. “Siccome qui il terreno è spesso ghiacciato – spiega Gottarelli – dovevamo per forza spostare i capi con la biga e a quel punto li pesavamo”
Si riparte dall’asciutta
Dopo un primo periodo di 3 settimane di sola osservazione, il primo reparto su cui Sergio Gottarelli decide di intervenire è l’asciutta. “Il latte – ci fa notare – si fa con le gravidanze e con le vacche in asciutta. Ed è importante evitare lattazioni troppo lunghe: bisogna gestire bene il post-parto per arrivare alla prima fecondazione a 70-90 giorni, e poi asciugare le bovine a 2 mesi dal parto anche se ti fanno ancora i 30 chili di latte al giorno. Se l’asciutta è ben fatta, quel latte che in quel momento ti sembra di perdere verrà recuperato all’inizio della lattazione successiva, quando la vacca è più efficiente nel trasformare l’alimento in latte e quando produrre costa meno”.Il box dedicato alle bovine in pre-asciutta
Non a caso a “La Francescana” oggi c’è un reparto di pre-asciutta, dove per una settimana circa le bovine vengono munte una volta al giorno e vengono alimentate prevalentemente a fieno. Quanto alla messa in asciutta, il pareggio non è più un must (“siamo passati al pareggio sistematico due volte all’anno, guadagnando quintali di latte” osserva Alessandro), ma porte aperte all’asciutta selettiva: le vacche da trattare con il solo sigillante vengono scelte in base ai tenori di cellule somatiche rilevati in occasione dei controlli funzionali (“le mastiti in lattazione si sono dimezzate e di conseguenza anche la spesa sanitaria è calata”, sostiene Alessandro).
Il box parto è dotato di telecamere e i parti sono sempre assistiti, giorno e notte
Occhio ai vitelli
Altro passaggio clou è la gestione del vitello neonato. “Nel box-parto – sottolinea Alessandro – abbiamo piazzato delle telecamere, che vengono continuamente monitorate nel corso delle 24 ore. E quando il vitello sta per nascere, c’è sempre qualcuno pronto ad assisterlo”. “Oltre che a offrire alla vacca un secchio di beverone tiepido – interviene Sergio – e a fornire le prime cure al neonato (disinfezione dell’ombelico e prima pesata), è fondamentale che il personale offra subito al neonato 3 litri di colostro: di una pluripara se il vitello è femmina, di una primipara se è maschio. Ma l’aspetto essenziale è la tempestività”.Dal momento della nascita, il personale addetto alla vitellaia è chiamato ad applicare un preciso protocollo
Per le fasi immediatamente successive Gottarelli consiglia di arrivare a 3 litri di latte (di vacca o ricostituito) a pasto nell’arco di 7-10 giorni, offrendo anche acqua e un po’ di miscelata ben appetibile, e di lì continuare a dare 3 litri di latte, ma nell’ultima settimana sempre più diluito, fino allo svezzamento (a 65-70 giorni). Poi ancora un mese ad acqua, miscela e ottima paglia tritata con una spolverata di unifeed a secco della fase successiva e infine, dai 3 mesi di vita fino ai 10, largo all’unifeed a secco. L’obiettivo? Massimizzare la crescita: “dalla nascita fino ai 3 mesi di vita – ricorda infatti Sergio – ogni etto di peso in più al di sopra di mezzo chilo di incremento ponderale giornaliero equivale a 2,5 quintali di latte in più in prima lattazione”.
Quando si avvicina il momento del parto, il personale preleva il necessario dalla banca del colostro e lo prepara per una tempestiva somministrazione al vitello
Mungitura efficiente
Passiamo quindi alle operazioni di mungitura, che qui a La Francescana vengono realizzate con la giostra da 28 poste. “In questa sala – sottolinea Gottarelli – oggi lavorano tre mungitori, in luogo dei due che c’erano in precedenza. Uno dei tre è incaricato di provvedere soltanto al post-dipping, che va effettuato subito dopo lo stacco del gruppo, quando il disinfettante può essere assorbito dalla punta del capezzolo. In più abbiamo provveduto a cambiare modello di tettarella, e a introdurre nella routine di mungitura una buona preparazione prima dell’attacco. I risultati di questi cambiamenti sono stati ottimi: i problemi di cellule sono stati superati, e oggi le mungiture sono più veloci, gli stacchi meno frequenti, pochi i capezzoli in sovra-mungitura …”.Alla fine del postparto fino alla pre-asciutta, alle bovine viene offerta un’unica razione. Primipare e pluripare vivono in gruppi separati, ma la dieta è la stessa
L’area del post-parto è divisa in due zone, quella dei primi 5-7 giorni, e quella fino al 25esimo giorno di lattazione
Gestione dei gruppi
Ciliegina sulla torta, la gestione alimentare dei gruppi: oggi, dalla fine del post-parto fino alla pre-asciutta, alle bovine viene offerta un’unica razione. Ciò vale sia per le primipare che per le pluripare, stabulate in gruppi separati. “Se le lattazioni sono corte, diciamo da 120 giorni di intervallo medio parto-concepimento – fa notare Gottarelli – non c’è rischio che le vacche stanche ingrassino. Anche perchè dal punto di vista dell’ingestione le bovine gravide si autolimitano: man mano che il vitello cresce, il rumine si rimpicciolisce”. Una volta superata l’empasse iniziale, la mandria diventa più omogenea e i vantaggi vengono alla luce: “oltre a risparmiare lavoro – osserva infatti Alessandro – anche le bovine restano più a lungo nello stesso gruppo, per cui si riduce lo stress riconducibile alle lotte gerarchiche”. “Devi avere di fronte una vacca, non 300 – conclude Gottarelli –. Solo allora riesci a gestire la mandria dal punto di vista alimentare”. Visto? Nessuno fa miracoli, ma un buon manager fa la differenza.Alle due mungiture quotidiane effettuate con la giostra da 28 poste oggi provvedono 3 persone: in 3 ore le 330 vacche sono munte