Seme sessato, un investimento da non sprecare

L'utilizzo di seme sessato è fondamentale se inserito in una strategia riproduttiva ben definita

Gestione mandria

Seme sessato, un investimento da non sprecare

Il suo inserimento in una strategia di selezione può avere risvolti positivi non solo sul tasso di miglioramento genetico, ma anche su costi e ricavi aziendali

Da ormai una decina d’anni il seme sessato dei riproduttori Holstein è disponibile per gli allevatori italiani. Per quanti ne fanno uso da tempo questo strumento è diventato un supporto importante nel programma riproduttivo dell’allevamento. I recenti miglioramenti nella fertilità del seme stesso ne fanno un prodotto che ha ormai una collocazione stabile e un futuro interessante nel nostro settore. Pur in assenza di dati ufficiali possiamo stimare l’utilizzo di seme sessato intorno al 15% delle fecondazioni sulle Frisone in Italia.
L’uso è in leggero e costante aumento negli ultimi anni grazie anche al miglioramento del tasso di gravidanza dello stesso. In particolare, negli ultimi due anni, con la disponibilità del tipo 4M i risultati sono molto vicini (oltre il 90%) a quelli del seme convenzionale. Per questo oggi molti allevamenti hanno cominciato a usare il sessato anche sulle vacche.
 

Progresso genetico

Fin dagli esordi la ragione per cui si usa seme sessato è il bisogno di ottenere più femmine, ma non solo, più femmine dalle madri migliori presenti in allevamento. Per vari motivi il seme sessato è più efficace quando lo si usa sulle manze che, oltre a essere gli animali più fertili, sono anche quelli più avanzati geneticamente e quelli più soggetti a parti distocici. In molti allevamenti il sessato è perciò stato subito utilizzato su tutte le manze. Questo semplice approccio garantisce un significativo aumento del tasso di progresso genetico (tra il +7 e il +10%) e una riduzione delle distocie. Questi due fattori già di per sé ripagano pienamente l’investimento
L’aumento nel tasso di miglioramento genetico dipende dal fatto che si può ottenere un aumento dell’intensità di selezione sulla linea femminile. In condizioni normali per mantenere il numero di vacche in produzione sono necessarie tutte le femmine che nascono in azienda, mentre utilizzando il sessato avremo un numero maggiore di femmine e potremo inserire così in allevamento solo le figlie delle vacche migliori
 

Troppe femmine?

Spesso questo approccio ha determinato come conseguenza la presenza in stalla di un numero di femmine che eccede le necessità di rimonta dell’allevamento. La presenza di molte femmine ci da la possibilità di fare selezione e quindi miglioramento genetico, tuttavia può creare problemi di sovraffollamento e un aumento dei costi di mantenimento relativi ad animali non produttivi. Sappiamo che i costi della rimonta rappresentano circa il 20% dei costi di un allevamento. Davvero non è il caso di allevare animali in eccesso rispetto a quelli che servono.
Una soluzione possibile sarebbe la vendita delle femmine in eccesso selezionandole con il pedigree index o, meglio ancora, con il test genomico. In questo caso dobbiamo però fare i conti con un prezzo di mercato delle manze che non compensa i costi di produzione, e con un mercato delle vitelle inesistente. Per la maggior parte degli allevatori italiani è a oggi inconcepibile vendere le femmine in eccesso alla stregua di vitelli baliotti, cosa che succede invece in altri Paesi nei grandi allevamenti industriali.

 manze, Frisona
L’utilizzo di seme sessato in combinazione con i test genomici può essere un efficace strumento anche per razionalizzare la gestione della rimonta
 

“Rightsizing” della rimonta

Una volta che la decisione di usare seme sessato viene presa, esistono diverse modalità per inserire questa pratica nel piano riproduttivo di un allevamento. Ogni allevatore ha trovato il “suo equilibrio” compatibilmente con le caratteristiche dell’azienda. Si può passare da un utilizzo occasionale fino a un approccio più sistematico, che comporta l’inserimento del seme sessato in una vera e propria strategia di selezione che può avere risvolti sul tasso di miglioramento genetico, ma anche avere un impatto sulla struttura dei costi e dei ricavi.
Dicevamo infatti quanto sia importante la gestione della rimonta. Allevare il “giusto” numero di manze consente di ridurre i costi e contemporaneamente di aumentare la qualità della cura dedicata agli animali giovani, che rappresentano il futuro dell’allevamento. Per esempio attraverso una migliore gestione degli spazi disponibili in azienda. Il tema, quindi, è allevare meno animali, allevare solo le migliori femmine facendo quindi “selezione” sulla linea femminile e allevarle “meglio”. Sembra l’uovo di Colombo, ma in realtà l’applicazione di una strategia del genere comporta diverse possibili interpretazioni. Proprio l’utilizzo di seme sessato in combinazione con i test genomici può essere un efficace strumento anche per razionalizzare la gestione della rimonta (rightsizing).
 

Un esempio concreto

Possiamo formulare e valutare una possibile strategia di selezione che incorpora questi elementi. Per esempio possiamo ipotizzare di coprire con seme sessato circa il 50% delle migliori femmine (prevalentemente manze e primipare). Queste devono essere scelte sulla base del loro indice genomico, che ci consente una selezione basata su dati di gruppo molto attendibili. Sul restante 50% della mandria potremo utilizzare di seme di tori di razze da carne (beef on dairy). In un allevamento italiano medio di 100 vacche in produzione potremmo avere una nascita annuale di vitelle femmine variabile fra le 40 e le 50 a seconda delle diverse condizioni di fertilità, riforma e mortalità neonatale legate all’annata. Dovremmo poi avere ogni anno circa 40 vitelli meticci con razze da carne, che vengono venduti intorno ai 20 giorni di età. Possiamo quindi ottenere un aumento delle entrate vendendo maschi frutto di incroci con razze da carne, che hanno un mercato migliore rispetto ai vitelli frisoni in purezza. 
Rispetto alle necessità avremmo comunque un surplus di manze che possono essere selezionate con i test genomici, destinando precocemente al mercato quelle in soprannumero (vedi paragrafo Conti alla mano). Un’ipotesi è venderle a 4-5 mesi, cercando di coprire i costi fin lì sostenuti. Allevare solo quelle necessarie sarà di per sé fonte di risparmio.
Stiamo affrontando un caso piuttosto estremo, in realtà esistono diverse soluzioni intermedie che tengono conto anche del numero di fecondazioni oltre le prime due che ogni vacca riceverà in base alle decisioni dell’allevatore. In una delle aziende che seguo abbiamo adottato una soluzione che utilizza seme sessato per il 35% dei soggetti, 25% di seme convenzionale e 40% di beef on dairy. 
Il risultato finale di un programma del genere è soggetto a molte variabili, alcune delle quali non sono facilmente prevedibili. Ci sarebbe quindi bisogno di monitorare la situazione delle gravidanze con grande attenzione ed essere pronti a correzioni di rotta. Quello che è certo è che alleveremo solo le femmine di qualità più alta, dando una forte accelerazione al miglioramento genetico della mandria.
Naturalmente perché la cosa funzioni serve avere una gestione di prima classe della riproduzione, e quindi dell’intero processo di gestione dell’allevamento. Ma questo è vero per ogni scelta aziendale e per ogni impresa votata all’eccellenza.

calcolatrice
Sono sufficienti due semplici equazioni per calcolare quante femmine dobbiamo allevare per mantenere o aumentare il numero di animali in produzione, e quante femmine produciamo in un anno
 

Conti alla mano

Per molti allevatori la vendita delle manze gravide in eccedenza rispetto al fabbisogno ha costituito un’importante integrazione del reddito aziendale. Oggi le condizioni di mercato sono spesso tali da non consentire un’adeguata remunerazione per questo tipo di soggetti. Spesso i costi di produzione superano il prezzo di mercato. Diventa quindi importante allevare il minor numero possibile di manze e ottenere così una sensibile riduzione dei costi di gestione.
Per poter attuare una strategia dobbiamo quindi sapere quante femmine dobbiamo allevare per mantenere o aumentare il numero di animali in produzione che ci serve. Stimare quante femmine sono necessarie per mantenere il numero attuale è piuttosto semplice e la formula è la seguente:
numero vacche x quota di rimonta x (età al primo parto in mesi : 24) x (1+ tasso di perdita di femmine dalla nascita al primo parto).
Se una stalla di 100 vacche ha una quota di rimonta del 30%, un’età media al parto di 25 mesi e perde il 10% delle femmine nate vive prima dell’età di un parto, il risultato è uguale a 34. 
Per sapere quante femmine la stessa stalla produce in un anno bisogna usare una diversa equazione:
numero di vacche x (12 : interparto in mesi) x (% di femmine sul totale dei vitelli nati) x (1- % mortinatalità) x (24 : età al primo parto in mesi)
Se la stalla di cui sopra ha un interparto di 13,5 mesi, una mortinatalità del 5% e usa seme convenzionale, il risultato è uguale a 40. Dunque ci sono 6 femmine in più rispetto al fabbisogno. Se invece l’età al primo parto fosse di 24 mesi, le vitelle nate sarebbero 42, e l’eccedenza rispetto al fabbisogno salirebbe a 10 femmine. Il numero sarebbe ancora maggiore nel caso di utilizzo di seme sessato.
Il costo di portare una femmina al parto si aggira intorno ai 2.000 euro a capo. Cosa fare dunque con questi soggetti? Il test genomico (ovviamente IES o ICS-PR) ci dice quali femmine potranno fornire il maggior contributo all’economia della nostra azienda. Le altre dovrebbero uscire dall’allevamento appena possibile. 
 

Usare i tori migliori

Non bisogna poi dimenticare che un programma di questo genere funziona solo se si usano i migliori tori disponibili sul mercato. E non è affatto scontato che questo accada. Anche perché mi sembra che non ci sia molta chiarezza su quello che deve essere il “criterio di selezione”. Ma su questo argomento torneremo in seguito. In ogni caso nell’ambito di un programma di selezione di tale ambizione, una politica di risparmio sull’investimento in genetica, che a parer mio è sempre sbagliato, sarebbe un errore ancora più grave. 

di Enrico Dadati – Esperto in miglioramento genetico