Il robot? Per molti, ma non per tutti

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Il robot? Per molti, ma non per tutti

I sistemi di mungitura automatizzata stanno cambiando la vita in stalla, ma troppo spesso vengono usati “solo” per mungere le vacche e non per gestire al top anche l’alimentazione della mandria. Ne parliamo con Luca Bertola, allevatore (con robot) e nutrizionista dell’Ara Piemonte

 

Non basta avere i soldi per acquistare un robot di mungitura, occorre prima di tutto la testa, perché non tutti gli allevatori sono adatti a fare questo importante passo. E lo si vede da come in molte stalle il robot viene utilizzato, lasciandolo “semplicemente” mungere le vacche, senza però sfruttarne in pieno le potenzialità sotto il profilo gestionale e alimentare.
Luca Bertola, allevatore di Frisone a Marene (Cn) e consulente nutrizionista dell’Associazione regionale allevatori del Piemonte, si è avvicinato al mondo dei robot una decina di anni fa installandone in stalla un paio nel 2014, poi se ne è occupato anche nella sua attività lavorativa e di studio, trascorrendo un periodo di formazione in Spagna nella squadra di Alex Bach, uno dei massimi esperti di gestione della vacca da latte a livello internazionale.

 

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Nella stalla della famiglia Bertola i primi robot sono stati introdotti nel 2014, cambiando profondamente la gestione aziendale


“Il robot - spiega Bertola – ha rappresentato una vera rivoluzione, ma non è per tutti perché richiede un profondo cambio di mentalità. La vera domanda che l’allevatore deve porsi non è se il robot funzioni bene o meno, dando per scontato che questi impianti, che ormai hanno alle spalle più di 20 anni di vita e oggi sono installati in tutto il mondo in decine di migliaia di unità siano macchine perfettamente funzionanti e performanti. La domanda che un potenziale acquirente dovrebbe invece farsi è diversa e riguarda la propria apertura mentale al cambiamento, poi la scelta del modello o della casa produttrice verrà in un secondo momento. Come consulente lavoro con aziende dove sono installate marche diverse di robot e di ognuna ho imparato a conoscere non solo i punti di forza, ma anche gli elementi di debolezza. Di certo viene meno il “legame affettivo” con le vacche, che per qualche allevatore è uno stress. Ma soprattutto devi essere consapevole che la gestione del tempo cambia e che devi impiegare parte di quel tempo per metterti al computer e analizzare i dati che il robot genera 24 ore su 24, fidandoti della qualità del dato”.

È chiaro che se poi non utilizzi ‘sti benedetti dati, la virtuosa scelta conta poco, mentre i costi fissi salgono.

 

Precision milking

Luca è chiaro nella sua visione: “Il tema dei costi di manutenzione è reale. Oggi oscillano attorno ai 10mila euro/anno/robot incluso i consumabili. È tanto? È poco? Dipende. Di certo una sala di mungitura moderna, ha dei costi di manutenzione ordinaria che non sono più quelli di una sala di 15 anni fa, ma soprattutto la logica del robot non è solo quella di “mungere”, ma di rendere possibile il “precision milking”, vale a dire mungere 4-5 volte le vacche fresche o mungere 1.5-2 volte le vacche stanche o a fine lattazione. È questa la profonda differenza di cui occorre prendere piena consapevolezza”.
Uno spunto utile per parlare anche del numero di mungiture ideale con il robot, perché forse il mito dei 3 passaggi al giorno potrebbe perdere di senso se parliamo di “precision milking”: “Tema delicatissimo. Ho visto stalle che hanno medie di 3,2 e hanno robot che fanno 200 mungiture al giorno, ma con medie di 30 kg di latte. Di realtà così ce ne sono più di quanto uno possa immaginarsi, senza però considerare l’usura del robot e i costi che ogni mungitura genera in termini di energia elettrica, materiali di consumo, ecc. Su questo punto Alex Bach è rigido, invitando a non avere come obiettivo un numero elevato di mungiture, ma di puntare ad avere la massima regolarità degli intervalli di mungitura, che è invece alla base del funzionamento delle sale di mungitura. Poi lavorerò con il robot per mungere più frequentemente le fresche, ma è un altro discorso”.

 

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I dati che ogni robot genera quotidianamente devono diventare strumento gestionale e non solo informazione sulla mungitura

 

Pace sociale

L’altro aspetto che rende goloso il robot in molte realtà è la possibilità di essere meno ricattati dai mungitori con richieste di aumento dello stipendio per evitare l’abbandono dell’allevamento dalla sera alla mattina: “Psicologicamente - dice Bertola - è un passo avanti notevole e riduce lo stress di chi deve gestire un sistema complesso come una stalla e sottostare a delle “variabili” incontrollate. Parallelamente, nelle stalle in cui la via della robotizzazione è stata scelta per favorire il ricambio generazionale e tenere i giovani in azienda, il robot è un prezioso amico quando fai tardi la notte e ti prendi mezzora in più di sonno, comportamento che con la sala non sarebbe accettabile. E comunque anche gli operai apprezzano la maggiore flessibilità che viene loro inevitabilmente concessa quando non ci sono più gli orari fissi della mungitura e tutto si sposta su un livello più in linea con le esigenze di chi in stalla lavora o per passione o per necessità”.

 

Dal TMR al PMR

Da bravo nutrizionista, uno degli aspetti del robot che più stimolano Luca Bertola non è però legato alla mungitura, ma all’alimentazione, perché il robot deve diventare un partner fondamentale per dar corpo all’alimentazione di precisione, trasformando l’unifeed da TMR (total mixed ration) a PMR (partial mixed ration).

Detta in parole povere, possiamo ridurre il quantitativo di concentrato che mettiamo nell’unifeed e che distribuiamo a tutto il gruppo, spostando una quota di nutrienti (dal 10 al 30%) nell’alimentatore del robot di mungitura, premiando realmente le vacche che lo meritano: “È il sogno di tutti i nutrizionisti e il robot ti permette di farlo con una precisione assoluta, potendo addirittura lavorare con due concentrati diversi o inserendo un mangime liquido. Anche in questo caso occorre un cambio di mentalità, non solo dell’allevatore, ma anche del mangimista e del nutrizionista che segue la mandria. Di base l’idea che con più mangime le vacche vadano più spesso a farsi mungere è errata, ed è una convinzione nata una quindicina di anni fa e oggi smentita anche da numerosi lavori scientifici che evidenziano gli sprechi economici di questo approccio. Poi c’è l’aspetto legato alla formulazione del mangime, che mediamente ha un 16-18% di proteina, con grandi quantità di sottoprodotti, ad un prezzo fra i 35 e i 40 euro al quintale".

 

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Quanto concentrato dare nel robot? Il mondo della ricerca suggerisce di distribuirne poco

 

"Anche su questo punto - prosegue Bertola - Alex Bach è chiarissimo e la sua visione è quella di impostare l’alimentazione con un sistema a PMR, dare poco concentrato (4,5 kg come quantitativo massimo per capo) e usare un mangime più proteico. Somministrando una quantità ridotta ho una maggiore probabilità che la vacca consumi il mangime a cui ha diritto durante il giorno e per tutti i giorni, ma allo stesso tempo avere una proteina alta (parliamo anche del 38%) ci permette di bilanciare in maniera chirurgica la nutrizione proteica del singolo animale, al quale posso poi riconoscere un secondo concentrato premio, magari grassato, che diventa una reale attrattiva quando va a farsi mungere, ricordando che per ogni visita si dovrebbe somministrare fra i 1.000 e i 1.500 grammi di prodotto. Con il robot di mungitura posso introdurre questo tipo di gestione, riprendendo il controllo della principale voce di costo dell’allevamento. Ma vuol dire anche tornare a decidere, andando a volte contro ciò che i tuoi consulenti, specialmente se vivono il robot come un’attrezzatura solo per mungere gli animali, ti propongono. E questo è il problema, perché occorre sempre più informazione e formazione degli allevatori per uscire da questi schemi un po’ troppo antichi, sui quali sono cresciute generazioni di professionisti”.
Un punto è certo, sul robot c’è ancora moltissimo da imparare.