Lo stato dell’arte sull’acidosi ruminale

Salute animale

Lo stato dell’arte sull’acidosi ruminale

Quali sono le cause di questa patologia? E come si manifesta? Ecco le risposte

 

La salute generale dell’animale ruminante è strettamente legata al corretto equilibrio del rumine. Il tratto gastrointestinale dei ruminanti è un organo immuno-dinamico continuamente esposto a molti microrganismi, tossine e stimoli chimici. Il complicato e variegato ecosistema microbico è indicato come “microbioma” o “microbiota”. Decenni di studi si sono concentrati sulla complessa correlazione tra l’animale ospite e il suo microbiota abitante, principalmente per determinare la variazione delle comunità batteriche con alterazioni della dieta che possono portare a disturbi digestivi come l’acidosi. Ad esempio, il cambio da diete a base di foraggio a diete ricche di concentrati contenenti maggiori livelli di carboidrati a fermentazione rapida, come avviene nel passaggio dalla fase di asciutta alla lattazione, o anche il rapido consumo di questi in caso di possibilità di cernita, modificano drasticamente il modello di fermentazione.

Nel rumine questi carboidrati vengono rapidamente fermentati in acidi grassi a catena corta (VFA) e lattato; l’accumulo di questi abbassa il pH ruminale al di sotto delle normali condizioni di fermentazione (pH < 5,6), cosa che può durare per ore. Un pH ruminale basso per periodi prolungati può influire negativamente sull’assunzione di mangime, sul metabolismo microbico e sulla degradazione dei nutrienti e inoltre a questo fattore sono correlati infiammazione, laminite, diarrea e depressione del grasso del latte.

 

Effetto tampone

Le vacche da latte ad alta produzione che sono alimentate con razioni ricche di amido e/o zuccheri rapidamente fermentescibili e con alti livelli di concentrati sono particolarmente suscettibili all’acidosi, sebbene anche bovini da carne e altri ruminanti siano inclini alla problematica.

L’acidosi ruminale subacuta (SARA), colpisce dal 10% al 40% dei bovini da latte in una mandria, con conseguenti notevoli perdite finanziarie e grande preoccupazione per motivi di benessere animale. Per prevenire questo calo del pH, il ruminante provvede ad aumentare l’assorbimento degli acidi e compensare con un’azione tampone. Gli acidi grassi volatili vengono rimossi dal rumine per passaggio nella fase liquida e per assorbimento attraverso la parete ruminale. L’attività tampone, invece, viene svolta sia dal bicarbonato secreto nel rumine che dalla saliva, dalla capacità di scambio cationico delle pareti cellulari o da eventuali aggiunte di tamponi alla razione.

 

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Grafico 1. Variazioni del pH ruminale dopo il pasto: vacca da latte a inizio lattazione alimentata con unifeed due volte al giorno (da Oetzel, 1997)


Anche se è assodato che dopo un pasto la concentrazione ruminale di VFA aumenta e il pH diminuisce (grafico 1), la relazione tra la concentrazione ruminale di VFA e il pH sembra essere influenzata in gran parte dalle caratteristiche della dieta che determinano i meccanismi di “buffering”. Ad esempio le particelle di foraggio lunghe influenzano la stratificazione del “digesta” nel rumine e favoriscono la ruminazione e la secrezione salivare, le quali aiutano a tamponare gli acidi derivanti dalla fermentazione del mangime. Pertanto, la quantità di fibre nella dieta e la lunghezza delle particelle dei foraggi, espressa come fibra fisicamente efficace (peNDF), può avere un impatto significativo sul pH ruminale per lo stimolo alla produzione di tamponi salivari. Tuttavia, se pur importante, il concetto di peNDF non prende in considerazione le differenze nella fermentescibilità ruminale del substrato non fibroso. Un alto grado di variabilità nella previsione del pH ruminale da peNDF è influenzato dal livello di amido e fermentescibilità dei carboidrati. Uno studio storico ha calcolato la produzione di saliva in funzione della percentuale di foraggi (tabella 1). Altre ricerche (tabella 2) hanno cercato di quantificare il bicarbonato totale prendendo in considerazione sia quello contenuto nella saliva che quello prodotto dall’epitelio ruminale.

 

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Popolazioni variabili

Gli acidi grassi volatili (VFA) sono acidi deboli con i seguenti pKa (costanti di dissociazione acida): acido acetico 4,76; acido propionico 4,87; acido butirrico 4,82. L’acido lattico ha invece un pKa inferiore (3,86); questo significa che quest’ultimo ha una capacità molto più alta di acidificazione della soluzione. Il microbioma ruminale è determinato dal tipo di alimento ingerito dal ruminante, così nelle diete fibrose con pH 6,8, i batteri ruminali del genere Ruminococcus predominano.

All’aumento del concentrato nella dieta e con la riduzione del foraggio si modifica la popolazione microbica, aumentano i batteri amilolitici come Streptococcus bovis e il pH ruminale si attesta a valori tra 5,5 e 6,5. Come già descritto la fermentazione dei carboidrati riduce rapidamente il pH ruminale a causa dell’accumulo di AGV e lattato nel rumine. Il pH ottimale per l’utilizzo del lattato da parte dei batteri ruminali è compreso tra 5,9 e 6,2, quindi quando il pH scende al di sotto di 5,7 il tasso di formazione di acido lattico supera la capacità di assorbimento da parte dei batteri deputati, esso si accumula nel rumine e provoca un’ulteriore diminuzione del pH.

 

Ruolo dell’urea

Un altro fattore interessante nella comprensione dei meccanismi che regolano il pH ruminale è l’urea. L’assorbimento di acidi grassi volatili attraverso la parete del rumine stimola il trasporto dell’urea nel rumine che viene rapidamente convertita dall’ureasi in ammoniaca. L’ammoniaca ha un alto valore di pKa (9,21) e può fungere da donatore di ioni H+ che si possono legare ai VFA dissociati. Da qui si può supporre che alimenti con proteine ad alta degradabilità possano alleviare il declino del pH causato dalla rapida fermentazione di carboidrati facilmente fermentescibili, tuttavia, quando si verifica l’acidosi ruminale, la sintesi proteica microbica sarà inibita e quindi tutto il processo di utilizzo della ammoniaca non può esprimersi in modo adeguato così che il suo eccesso dovrà essere smaltito aumentando l’escrezione di azoto nelle urine.

 

Epitelio ruminale

Una delle teorie più studiate per la patogenesi della acidosi è che l’aumento del carico acido nel rumine possa danneggiare l’epitelio ruminale. L’animale andrebbe incontro ad acidosi metabolica a causa dell’assorbimento di acido ionizzato da parte dell’epitelio ruminale che oltre un certo livello non riesce più ad essere corretto attraverso l’omeostasi del pH del sangue. L’accumulo di acidi nel rumine porta anche ad un aumento della pressione osmotica ruminale che causa ulteriori danni all’epitelio. La barriera tissutale viene compromessa quando durante l’acidosi l’epitelio ruminale viene danneggiato; questo aumenta le possibilità di passaggio di sostanze patogene nel flusso sanguigno. Si ritiene che i batteri e le endotossine batteriche (lipopolisaccaridi, LPS) siano in grado di traslocare nel flusso sanguigno in queste situazioni, con un potenziale impatto sulla salute e sulla produzione degli animali.

 

Stress da caldo

Durante lo stress da caldo l’animale aumenta la frequenza respiratoria e ciò contribuisce anche all’acidosi ruminale perché l’ansimare provoca un aumento dell’espirazione di CO2. Per mantenere un corretto sistema di tampone del pH ematico, il corpo deve infatti mantenere un rapporto HCO3 (bicarbonato)/CO2 di 20:1. In caso di iperventilazione (polipnea) si verifica una diminuzione della CO2 nel sangue e per mantenere il rapporto di cui sopra il rene secerne HCO3. Ciò riduce la quantità di HCO3 che può essere utilizzata per tamponare e mantenere un pH ruminale adeguato. La diminuzione della quantità di saliva e la riduzione del contenuto di HCO3 a disposizione delle cellule epiteliali ruminali, associati ad una diminuzione della ruminazione, rendono la vacca stressata dal calore molto più suscettibile all’acidosi ruminale acuta e subclinica.

 

LPS e ammine

Sicuramente la dieta, la genetica e l’ambiente condizionano il microbioma ruminale, che è composto in buona parte da una miscela di batteri Gram positivi e Gram negativi in cui cinque Phyla su sei sono batteri Gram negativi. Come detto in precedenza, durante l’acidosi ruminale la composizione della comunità batterica del rumine cambia con aumento della concentrazione di batteri Gram positivi, mentre i batteri Gram negativi diminuiscono, determinando un accumulo di residui della loro lisi nel fluido ruminale.

In particolare si verifica un aumento dei lipopolisaccaridi nel liquido ruminale (LPS, che sono una componente della parete cellulare). Poiché nel sistema circolatorio i lipopolisaccaridi sono anche endotossine altamente proinfiammatorie, molti studi si sono concentrati sul ruolo di questi nella patogenesi dell’acidosi ruminale. Studi recenti hanno dimostrato che batteri Gram negativi differenti liberano LPS con differenti composizione e tossicità, il che potrebbe spiegare le differenze nella risposta immunitaria. Altri composti dannosi, come le ammine biogeniche e l’etanolo, possono essere prodotti in condizioni di acidosi. L’istamina è un’ammina biogenica prodotta durante l’acidosi subacuta (SARA) che viene assorbita dall’intestino o generata autonomamente attraverso l’infiammazione, ed è stato suggerito che insieme agli LPS e all’acido lattico essa svolga un ruolo cruciale nello sviluppo della laminite.

 

Forma subacuta

Studi sul campo condotti in Europa e negli Stati Uniti hanno stimato che l’incidenza dell’acidosi ruminale subacuta (SARA) è compresa tra l’11 e il 19% nelle vacche all’inizio della lattazione, e tra il 18 e il 20% nelle bovine a metà lattazione e al picco di assunzione alimentare di sostanza secca. L’attuale definizione di SARA è una riduzione del pH ruminale da 5,5 a 5,0 per 111-180 minuti ogni 24 ore (Jaramillo-López et al., 2017). SARA è anche nota come acidosi ruminale subclinica o acidosi cronica. L’eccessiva assunzione di NFC (carboidrati non fibrosi) porta a uno squilibrio tra la produzione e l’eliminazione dei VFA ruminali. Si parla di SARA quando la produzione di questi acidi grassi a corta catena supera il tasso di assorbimento o di eliminazione attraverso il flusso del contenuto ruminale fuori dal rumine.

L’alimentazione separata di fibre e cereali è elevato a rischio di indurre SARA rispetto all’alimentazione con diete unifeed, ma anche la possibilità di scelta può indurre la stessa problematica. A differenza dell’acidosi ruminale acuta, SARA è uno stato più cronico non associato all’aumento dell’acido lattico ruminale, ma è piuttosto correlata a problemi di salute generale degli animali, come il danno epiteliale a carico della mucosa ruminale e la ridotta degradazione delle fibre. Compaiono sintomi come diarrea, cattive condizioni fisiche, perdita di peso e riduzione dell’assunzione di sostanza secca e della produzione di latte, depressione del grasso del latte, ruminite e ascessi epatici. La riduzione del pH ruminale dovuta all’alimentazione altera la bioidrogenazione degli acidi grassi da parte dei batteri ruminali, che porta alla depressione del grasso del latte. Inoltre, la diminuzione del pH ruminale stimola la ruminite. Le lesioni ruminali risultanti dall’acidosi influenzano Fusobacterium necrophorum e Arcanobacterium pyogenes che entrano nel flusso sanguigno, vengono intrappolati e colonizzano il fegato, provocando ascessi. La laminite può verificarsi anche a causa delle istamine e di LPS. Insieme a un aumento della concentrazione di LPS, è stato visto che negli animali con SARA si verifica un aumento della presenza di E.coli sia nell’intestino che nelle feci. Nel rumine viene privilegiata la crescita di Gram positivi; uno in particolare, il Bifidobacterium, è un importante produttore di acido lattico ed è anche noto per produrre la maggior parte delle batteriocine sia contro i batteri Gram negativi che contro i Gram positivi, e quindi per inibire la capacità fermentativa generale. In caso di SARA aumenta anche la velocità di passaggio del digesta fuori dal rumine, il che consente a substrati più fermentescibili di raggiungere l’intestino posteriore. L’aumento della fermentazione nell’intestino posteriore può causare effetti simili all’acidosi ruminale, che aumenta il danno epiteliale e può consentire di nuovo l’ingresso di LPS nel circolo ematico.

 

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Ai fini della prevenzione dell’acidosi ruminale, in linea generale è preferibile una dieta unifeed rispetto a un’alimentazione a foraggi e mangime

 

Acidosi ruminale acuta

L’acidosi ruminale acuta è una situazione che è più facile da ritrovare nei bovini da carne dove la concentrazione dietetica di carboidrati fermentescibili è più alta. In queste situazioni i batteri produttori di acido lattico fermentano rapidamente amido e glucosio per produrre lattato, con un tempo di raddoppio di pochi minuti. Il lattato inizia ad accumularsi perché i batteri che lo utilizzano, in particolare Megasphaera elsdenii e Selenomonas ruminantium, si replicano lentamente e impiegano settimane per aumentare considerevolmente la loro popolazione nel rumine.
Di conseguenza, il lattato si accumula rapidamente, abbassando drasticamente il pH ruminale. Sebbene alcuni autori considerino l’acidosi ruminale acuta quando il pH è al di sotto della soglia di 5,2, in realtà ogni volta che il pH ruminale diventa così basso, il lattato ruminale è maggiore del normale (> 5,0 mM), tanto che in animali con acidosi ruminale acuta si raggiungono concentrazioni di lattato ruminale da 50 a 120 mM. I segni clinici di acidosi ruminale acuta includono perdita di appetito, ruminite, laminite, polioencefalomalacia e morte. In queste condizioni anche la produzione di acidi grassi a corta catena è diminuita.

 

Interventi possibili

Gestione della nutrizione. I principi di base della prevenzione sono un graduale adattamento alle razioni ricche di concentrati; una buona qualità dei foraggi nella dieta permette una riduzione delle quantità di mangime. Nelle formulazioni dietetiche per i ruminanti ad alta produzione dovrebbe essere possibile ottenere un contenuto di fibre alimentari e di amido ben bilanciato. Un contenuto di fibra detergente neutra fisicamente efficace (superiore a 1,18 mm) a circa il 30-32% riduce il rischio di SARA. L’inclusione di sufficienti particelle di fibra lunga migliora la salivazione e aumenta la ruminazione. La tecnica dell’unifeed è meglio che la separazione tra foraggi e mangime e comunque anche in caso di uso di dieta unifeed è necessario evitare la cernita.

Supplementazione con sali tampone e acidi organici. L’integrazione con sali tampone ha un effetto diretto sulla gestione del pH del liquido ruminale. L’integrazione di un tampone adeguato, come il bicarbonato di sodio e lithotamnio (tabella 3), neutralizza le variazioni del pH ruminale e può prevenire la crescita eccessiva di lattobacilli acido-tolleranti. L’aggiunta di sostanze alcalinizzanti come l’ossido di magnesio aiuta anche il controllo del pH intestinale. Inoltre, gli acidi organici come l’acido malico, l’acido fumarico, l’acido propionico e l’acido citrico, che stimolano l’utilizzo del lattato e condizionano il microbiota, hanno dimostrato una certa efficacia.

• Integrazione con estratti di origine vegetale. Gli estratti di origine vegetale, ad esempio alcaloidi, terpenoidi e olii essenziali, hanno ricevuto ampia considerazione dai ricercatori per la loro efficienza nel mantenere il pH ruminale e nel migliorare la fermentazione ruminale per un effetto nella modulazione della popolazione batterica e in alcuni casi per uno stimolo alla salivazione e alla ruminazione. Altra considerazione andrebbe fatta per quelle essenze che possiedono attività antiinfiammatoria e antiossidante le quali, anche se non agiscono in modo diretto, aiutano l’organismo a mitigare quello stato infiammatorio generale che si crea in caso di SARA.

Probiotici. Per migliorare l’utilizzo del lattato ruminale che può ridurre il rischio di SARA, le diete possono essere integrate con probiotici o ceppi microbici diretti, come Megasphaera elsdenii, o con lieviti come Saccharomyces cerevisiae, che stimolano la crescita dei protozoi ruminali, migliorano l’attività batterica cellulosolitica e inibiscono la proliferazione di batteri produttori di acido lattico. Anche funghi come Aspergillus oryzae migliorano le prestazioni del rumine, normalizzano la fermentazione ruminale, aumentano l’attività batterica e inibiscono la produzione di acido lattico.

 

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Conclusioni

Molti studi sono stati fatti, ma tanti saranno ancora da fare per comprendere cosa succede con l’acidosi. Si stanno approfondendo le variazioni della popolazione ruminale la quale, tuttavia, non è la stessa in tutte le posizioni spaziali del rumine né tantomeno nel reticolo. Sicuramente in questa patologia si instaura uno stato infiammatorio di fase acuta che coinvolge diverse strutture e che porta a conseguenze diverse, ancora non del tutto chiarite.

Di certo si è capito che in caso di SARA si ha non solo un cambiamento del microbiota ruminale, ma anche dell’apparato intestinale, con una disbiosi che cambia a seconda del tratto considerato. Anche nell’intestino aumenta la permeabilità mucosale e quindi anche qui, come nel rumine, questo permette il passaggio in circolo di LPS e sostanze tossiche. Queste sostanze sono in grado raggiungere diversi distretti, vedi ad esempio i piedi, dove possono causare laminiti e, come recentemente si è evidenziato, un possibile interessamento dell’epitelio mammario. Viste le importanti conseguenze fisiologiche, patologiche ed economiche di questa patologia condizionata, risulta quanto mai importante la prevenzione con tecniche alimentari e additivi adeguati.

 

di Claudio Alberini - Medico Veterinario