Chetosi, alle primipare fa ancora più paura

Salute animale

Chetosi, alle primipare fa ancora più paura

Quando compare all’inizio della prima lattazione, essa può compromettere la salute e la produzione di latte per l’intera durata della carriera produttiva delle bovine. È ciò che ha recentemente osservato un gruppo di ricerca spagnolo

 

La chetosi, patologia metabolica tanto spiacevole per le bovine quanto costosa per gli allevatori, si presenta nel post-parto, momento in cui l’accresciuta richiesta energetica non procede di pari passo con la buona capacità di ingestione dell’animale. Ecco allora che se la razione non è studiata ah hoc per superare questa fase critica, la bovina utilizzerà le riserve di grasso corporeo, con successivo rilascio dei cosiddetti corpi chetonici nel circolo sanguigno e poi nel latte.
Fattore di rischio, quest’ultimo, per lo sviluppo di una sintomatologia in grado di determinare la perdita di oltre 200 litri di latte per lattazione. Evento che si amplifica soprattutto quando ad essere colpite sono le bovine primipare perché, proprio come una reazione a catena, la comparsa di chetosi in prima lattazione influenza negativamente le performance produttive successive ed esaspera il rischio di ricadere più volte nello stesso quadro clinico, compromettendo così l’intera carriera produttiva della bovina. È quanto osservato da un gruppo di ricerca spagnolo coordinato dall’Università di Madrid, che ha presentato i risultati in uno studio scientifico di recente pubblicazione e che noi vi racconteremo in questo articolo.

 

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La prevenzione del rischio di insorgenza della chetosi passa prima di tutto dalla corretta gestione dell’alimentazione nel periodo di transizione

 

Una tira l’altra

Per la ricerca sperimentale sono state prese in esame oltre 12mila manze, le cui performance sono state registrate nel corso degli anni, dal primo fino ad arrivare al quinto parto. Per ciascuna delle bovine poi, in occasione dei controlli funzionali, è stato esaminato un campione di latte prelevato entro i 26 giorni successivi al parto per la ricerca dei corpi chetonici. Ed è solo quando la concentrazione di questi ultimi superava i 10 mmol/ml di latte che veniva assegnata all’animale la diagnosi di chetosi. “Abbiamo osservato - spiega a questo proposito Juan Cainzos, uno dei ricercatori che hanno preso parte alla prova sperimentale - che le vacche che hanno manifestato la chetosi nel corso della prima lattazione mostravano una maggiore probabilità di sviluppare la patologia anche in seconda, terza e quarta lattazione. Segnaliamo a tal riguardo un altro dato importante: l’incidenza di chetosi nelle secondipare era pari al 17,26% quando le stesse erano risultate sane al primo parto, ma il tasso saliva al 28,79% per le secondipare alle quali in prima lattazione era stata diagnosticata la chetosi”.

L’altro aspetto poi è quello delle performance produttive, perché i risultati dello studio ci dimostrano come le bovine affette da chetosi al primo parto, abbiano fatto registrare una produzione inferiore di latte, con titoli piuttosto contenuti, rispetto agli animali in salute. Evento che si è verificato alla prima lattazione, ma che si è ripetuto anche in occasione della seconda, sia nelle secondipare sane che in quelle malate. “Le conseguenze svantaggiose di una chetosi diagnosticata al primo parto - continua Cainzos - persistevano anche quando le vacche raggiungevano la terza lattazione. In particolare, l’incidenza nelle terzipare aumentava notevolmente quando queste avevano già sviluppato la chetosi nelle due lattazioni passate, rispetto alle vacche che avevano superato indenni uno o entrambi i precedenti parti”.

 

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I risultati dello studio scientifico mettono in evidenza la necessità di prestare attenzione anche alle vacche più giovani quando si tratta di limitare la comparsa di chetosi

 

Prevenire è meglio che curare

Ecco perché è necessario pianificare adeguatamente la razione del periodo di transizione dell’intera mandria, in modo da riuscire a fornire energia agli animali senza tuttavia creare ingombro ruminale. Ma è fondamentale prestare ancora più attenzione alle vacche più giovani, in particolare a quelle che raggiungono il parto superati i 27 mesi di età. In questi casi infatti, è probabile che la bovina si trovi ad affrontare la lattazione con una condizione corporea superiore a quella ottimale per una primipara. Circostanza che conduce a un maggior rischio di mobilizzazione delle riserve corporee di lipidi, alla liberazione di corpi chetonici e infine alla comparsa della sintomatologia.
Occorre dunque saper giocare in prevenzione perché, sebbene la chetosi compaia più frequentemente nelle pluripare, quando si manifesta nelle primipare gli esiti a lungo termine si presenteranno in modo più severo. E alle condizioni di salute precarie che persisteranno per tutta la vita dell’animale si associa anche un danno economico per gli allevatori, soprattutto quando le bovine sono di elevato valore genetico o quando la malattia metabolica colpisce buona parte della mandria.