I problemi microbici meritano soluzioni microbiche

Salute animale

I problemi microbici meritano soluzioni microbiche

Nei ruminanti molte alterazioni e stati patologici trovano le loro radici nella disbiosi batterica. E questo oggi apre la strada non più all’uso di antibiotici, ma a piani di prevenzione innovativi, in grado di combinare in modo intelligente probiotici, vaccini e biosicurezza

 

“L’unica cosa che sappiamo del futuro è che sarà diverso dal presente”. Questo aforisma di Peter Druker ben si addice anche al settore agricolo e zootecnico così come all’allevamento della bovina da latte poiché pochi avrebbero immaginato, pochi decenni fa, l’evoluzione o meglio la rivoluzione apportata dalle nuove tecnologie quali la digitalizzazione, i droni, i sensori e le nuove alternative agli antibiotici. Tale processo è oramai inarrestabile talvolta con risvolti curiosi. Basti pensare al caso recentemente reso noto via web nel quale si riportava come un allevatore americano di bovini da latte avesse stipulato un contratto con Amazon per trasportare dell’erba medica di prima qualità dallo Utah alla sua azienda in California.

 

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Nei ruminanti molte alterazioni e stati patologici trovano le loro radici nella disbiosi batterica

 

Nuovi approcci

Tutti sanno come la salute sia la base per la produttività. Animali malati produrranno meno poiché il loro organismo favorirà il sistema immunitario rispetto a quello digestivo e i processi di difesa rispetto a quelli anabolici. In passato, le tecnologie disponibili per controllare il carico dei microrganismi patogeni alla base di una patologia o per orientare lo stato di salute e quindi la produttività dell’allevamento si basavano sull’utilizzo sub-terapeutico di alcune selezionate molecole farmacologiche.
Tuttavia dal 2006 l’uso dei promotori di crescita è stato bandito a livello di Comunità Europea e in tal modo molecole come la virginiamicina o la flavomicina sono scomparse dalle aziende. Si è trattato di un passo molto importante verso una produzione più naturale ma nel contempo questo ha portato, almeno per i primi anni, a un aumento della vendita e quindi anche dell’uso delle molecole utilizzate come terapia. La Comunità europea ha pertanto intrapreso un percorso di monitoraggio e di disincentivazione delle terapie e molti Stati membri hanno fissato un obiettivo di riduzione crescente nel corso dei vari anni.

L’Italia si è fortemente impegnata su questo fronte e figura fra i Paesi più virtuosi, avendo ridotto di oltre il 53% le vendite di antibiotici a uso veterinario tra il 2011 e il 2021 (fonte: Ema, 12° rapporto Esvac). Ciononostante molto resta ancora da fare, visto che in termini assoluti il nostro consumo di antibiotico è ancora superiore a quello di Francia e Germania.
Oggigiorno il consumatore è a conoscenza della pericolosità dell’uso non prudente della terapia antibiotica a causa delle resistenze che possono associarsi alla stessa. Inoltre, il consumatore è alla ricerca di prodotti alimentari derivanti da allevamenti rispettosi del benessere animale e prodotti in modo sostenibile.

 

Buoni e cattivi

La ricerca scientifica ha ampiamente dimostrato come esistano molti più batteri nel mondo che non granelli di sabbia del deserto. Inoltre, è oramai riconosciuto come in un organismo esistano molti più batteri che non cellule del suo stesso corpo. Un altro concetto molto importante è riconoscere che il termine batterio non deve avere sempre una connotazione negativa ed associata alla patologia. Esistono nel mondo molti batteri buoni e che l’Uomo ha imparato ad utilizzare per migliorare la propria vita e quella dei propri animali. Basti pensare che grazie alle funzioni dei batteri buoni si può produrre lo yogurt, aumentare la resa in formaggio, sostituire alcuni pesticidi in agricoltura e proteggere la salute di uomini e animali.
Ogni apparato, dalla pelle all’intestino sino al tratto respiratorio, ospita una specifica comunità batterica che è denominata microbioma. Tutte queste popolazioni batteriche sono connesse tra di loro sia direttamente, sia attraverso i segnali che l’organismo animale trasmette loro attraverso il sistema nervoso o i mediatori umorali (citochine). Per tale ragione, quando avviene uno sbilanciamento nella popolazione batterica di una sola parte del corpo, tutte le popolazioni batteriche possono venire alterate e si crea un quadro di disbiosi nel quale la salute e la produttività dell’animale vengono compromesse. Al contrario, una popolazione microbica forte e ben diversificata supporterà la salute e la produttività animale che a loro volta sono alla base della sostenibilità economica della produzione di latte. Questo vale anche per i ruminanti, e di tutte le età, poiché proprio nei ruminanti molte alterazioni e stati patologici trovano le loro radici nella disbiosi batterica.

 

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Una delle sfide del moderno allevamento della bovina da latte è di continuare ad assegnare la collocazione corretta ai differenti strumenti disponibili al veterinario e al nutrizionista

 

Parte della soluzione

L’acidosi acuta o subacuta sono l’esempio principe di tale “dismetabolia” batterica. La riforma precoce, le fluttuazioni nell’ingestione, la comparsa improvvisa di malattia e le patologie podali sono tutte correlate alla presenza di acidosi subclinica. Il pH ruminale è un fattore critico nel generare il problema dell’acidosi ed è fortemente legato alla presenza di una disbiosi ruminale (Nocek, 1997). Quando il pH è troppo basso e per troppo tempo, esso può influenzare in modo negativo la crescita microbica (Russel et al., 1980) o l’ingestione (Fulton et al. 1979).
Tali elementi sono molto importanti per l’insorgenza di altre malattie (anche metaboliche) e che sono tutte relative alla scarsa disponibilità energetica nella bovina da latte. Esistono specifici ceppi batterici che quando selezionati e combinati in modo accurato possono manipolare in modo strategico l’ambiente ruminale e la sua microflora.
In uno studio condotto da Nocek et al. (2002), una combinazione di batteri in grado di sintetizzare acido lattico si sono dimostrati in grado di sostenere la crescita e l’attività dei microrganismi che utilizzano il lattato e che mantengono di conseguenza un livello minimale di tale acido, supportano un pH ruminale più elevato e minimizzano il rischio di disbiosi della flora ruminale. Altri esempi di tale utilizzo benefico dei batteri nella salute e produttività dei ruminanti sono riportati in tabella 1.

 

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Conclusioni

Alla luce di quanto esposto, la sfida reale del moderno allevamento da latte è continuare ad assegnare la collocazione corretta ai differenti strumenti disponibili al veterinario e al nutrizionista.
Questo include, per esempio, la creazione di piani di prevenzione innovativi in grado di combinare in modo intelligente probiotici, vaccini e biosicurezza, lasciando l’opzione della terapia solo alla cura delle patologie diagnosticate. I batteri buoni o probiotici essendo “organismi viventi” sanno bene cosa sia necessario all’interno dell’animale e possono quindi contribuire alla salute delle bovine. La stessa FAO, infatti, li definisce come “microorganismi viventi che se somministrati nella quantità adeguata, possono migliorare la salute dell’ospite”. 

di Andrea Roberti