Un altro passo avanti nella lotta alla BVD

Lo studio offre un elemento in più per affiancare anche la vaccinazione all'individuazione e all'eliminazione dei vitelli immunotolleranti

Salute animale

Un altro passo avanti nella lotta alla BVD

Un recentissimo studio ha dimostrato che negli allevamenti in cui l’infezione è endemica, il virus si manifesta sotto forma di perdite produttive. Il ruolo della vaccinazione

Che il virus della BVD fosse in grado produrre danni ingenti quando irrompe in una mandria precedentemente indenne era cosa nota. Danni sia alla sfera riproduttiva, rappresentati da morti embrionali, aborti, vitelli nati deboli o malformati (oltre alla nascita dei soggetti persistentemente infetti che diffondono l’infezione), sia sottoforma di perdite di latte. Alcuni studi dimostrano infatti che in un focolaio “epidemico” il calo produttivo può arrivare al 25% del totale. Ciononostante nessun ricercatore si era finora preso la briga di verificare a quanto ammontasse la perdita in un allevamento interessato da un’infezione “endemica” di BVD. Una condizione, purtroppo, che in Italia come in altri Paesi europei oggi rappresenta la regola più che l’eccezione.
Ebbene, questa lacuna cognitiva è stata recentemente colmata dallo studio del team guidato dalla buiatra francese Ellen Schmitt van de Leemput, condotto in collaborazione con Boehringer Ingelheim. I ricercatori hanno prima di tutto selezionato un pool di allevamenti endemicamente infetti da BVD, ovvero le cui vacche risultassero positive agli anticorpi contro il virus (ma non perché fossero vaccinate) e in cui ci fosse l’evidenza di una attiva circolazione virale (positività alla PCR del latte di massa).
Una volta individuati gli allevamenti in cui effettuare lo studio – quattro in tutto, due nel Regno Unito, uno in Francia e uno in Italia, in provincia di Brescia – i ricercatori si sono organizzati non soltanto per registrare per un anno intero le performance produttive e riproduttive di ogni singola mandria, ma anche per vaccinare, in ciascuno dei quattro allevamenti, la metà dei soggetti. Questo per appurare se l’eventuale immunizzazione della mandria con uno dei vaccini vivi a protezione fetale commercialmente disponibili possa scongiurare o meno i danni provocati da un’infezione endemica di BVD.

BVD, virus, vaccini, bovini da latte
Negli allevamenti infetti le bovine manifestano una perdita produttiva giornaliera quantitativamente lieve o moderata, ma piuttosto protratta nel tempo
 

Perdite nascoste

I risultati? Contrariamente a quanto ci si potrebbe attendere, in una mandria in cui il virus BVD è presente a livello endemico, il danno non riguarda la sfera riproduttiva: che fossero vaccinate o meno, le bovine dei 4 allevamenti non hanno infatti manifestato aborti o particolari scadimenti di fertilità. A conferma anche della sicurezza del vaccino vivo somministrato in occasione dello studio. Significative, invece, le differenze produttive che sono state osservate tra le bovine vaccinate (1.473 in tutto) e quelle non vaccinate: queste ultime, infatti, hanno subito una perdita produttiva quantitativamente lieve o moderata (da 0,6 a 1,7 litri capo/giorno a seconda del livello manageriale), ma alquanto protratta nel tempo (di solito per tutto il primo terzo della lattazione, 90-100 giorni). Le bovine vaccinate non hanno mostrato, invece, particolari flessioni, a testimonianza che il presidio vaccinale oggetto della prova risulta in grado di proteggere la mandria da questi cali produttivi “nascosti”, che possono cioè sfuggire all’osservazione dell’allevatore. Nel suo complesso lo studio offre agli allevatori italiani un motivo in più per risanare le mandrie infette dal virus BVD, e per affiancare alla ricerca e all’eliminazione dei vitelli immunotolleranti anche la vaccinazione; esso fornisce inoltre ulteriori informazioni funzionali a valutare correttamente l’impatto della vaccinazione, sia in termini di costi e benefici, che di sicurezza del presidio utilizzato.