La mia ricetta contro la BVD

Ci sono due operazioni alla base dei programmi di lotta alla BVD

Salute animale

La mia ricetta contro la BVD

Vaccinazioni, monitoraggi e biosicurezza: così il dottor Maurizio Frate mantiene protetti dalla malattia i “suoi” allevamenti

I lettori più attenti se lo ricorderanno: abbiamo già parlato di Maurizio Frate – buiatra che si occupa in primis di ginecologia – sull’ultimo fascicolo di Allevatori Top (n. 6/2019, pagina 83), a proposito di BVD e di piani di autocontrollo aziendale. Ecco perché abbiamo pensato di incontrarlo in una delle grandi aziende da latte che si affidano alle sue cure per approfondire l’argomento. “Contro la BVD – premette Maurizio – qualsiasi disattenzione, per esempio un intervento vaccinale mancato o male eseguito, può inficiare tutto il buon lavoro fatto in precedenza. Ecco che a tua insaputa ti nasce il vitello immunotollerante, eliminatore del virus, e occorre ripartire daccapo”.

BVD, Maurizio Frate, virus, vaccini, bovini da latte
Maurizio Frate
 

Chi ben comincia…

Immaginiamo dunque di seguire il dottor Frate all’interno di un allevamento che lamenta scarse performance riproduttive. In questi casi, una delle prime mosse è vedere se in azienda circola il virus della BVD per poi cominciare a risanare. “La prima cosa che consiglio di fare – precisa il nostro interlocutore – è inviare al laboratorio di analisi un campione di latte di massa, per la ricerca del virus BVD tramite PCR. In caso di positività occorrerà individuare la vacca o le vacche infette, per cui si andrà a prelevare a tappeto il sangue di tutte le lattifere, e si chiederà al laboratorio la ricerca del virus, sempre tramite PCR. L’animale o gli animali positivi andranno quanto prima riformati.

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Per abbattere i costi delle analisi, il prelievo di sangue per la ricerca tramite PCR del virus BVD può essere fatto a pool di 20 capi ciascuno. Solo in caso di positività del pool si andrà a prelevare tutti e 20 i capi

Nel frattempo si andrà a controllare anche la rimonta: ai vitelli neonati di sesso femminile andrà sistematicamente prelevato un pezzetto di cartilagine auricolare per la ricerca del virus, ancora una volta tramite PCR: il soggetto positivo al test è il cosiddetto vitello persistentemente infetto (PI) e immunotollerante, cioè che pur essendo infetto non presenta anticorpi contro BVDV. Il destino di questo animale è uno solo: soppressione immediata mediante eutanasia”.
 

Alla messa in asciutta

Viene poi il momento di vaccinare la mandria. “Personalmente non uso un protocollo standard, ma tendo a modulare il piano vaccinale in base alle esigenze aziendali. Questo per fare in modo che le vaccinazioni vengano effettivamente eseguite. Ciò premesso, nelle grandi stalle sono solito caldeggiare la vaccinazione alla messa in asciutta con vaccino vivo, bivalente (sierotipo 1 e 2) e a protezione fetale.
Primo perché tutte le grandi aziende seguono dei protocolli di messa in asciutta, in cui è facile inserire anche la vaccinazione contro la BVD. Ho così la certezza che gli animali vengano effettivamente immunizzati. Il secondo vantaggio è che la bovina è coperta per 12 mesi e che il feto della gravidanza successiva sarà protetto; ciò previene la nascita di vitelli PI. Un altro vantaggio è il risparmio: vaccinando in asciutta immunizzo soltanto vacche gravide, mentre se intervengo a 30 giorni dal parto, un periodo già molto impegnativo per la vacca dal punto di vista energetico e produttivo, avrei poi il dubbio che alcune delle bovine che ho vaccinato magari non mi restano gravide, e devono prendere la via del macello. Con loro avrei sprecato costose dosi di vaccino”.
Per quanto riguarda, invece, la vaccinazione della rimonta: “Tendenzialmente – afferma Frate – consiglio di eseguirla al primo calore, quindi prima che la manza venga fecondata per la prima volta. Questo sempre perché punto prima di tutto alla protezione fetale”.
 

Mai abbassare la guardia

Naturalmente contro la BVD è lotta continua: “la PCR sul latte di massa – continua infatti il buiatra – va eseguita ogni 3 mesi, e poi occorre monitorare anche la rimonta, magari prelevando qualche campione di sangue sui capi di 10-11 mesi, per un paio di volte all’anno. Infine, trattandosi di un virus, è importante proteggersi mettendo in atto le misure di biosicurezza”.

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Anche una buona gestione del colostro è importante per la prevenzione delle malattie infettive in allevamento

E qui si apre lo stesso ponderoso capitolo che abbiamo già visto nell’articolo su Classyfarm. Qualche consiglio pratico? “La migliore forma di biosicurezza – risponde il dottor Frate – è arrivare a utilizzare soltanto della rimonta interna, un obiettivo che oggi è certamente realizzabile. Diversamente occorre ridurre al minimo l’acquisto di animali dall’esterno, realizzando un accurato screening alla fonte. Nel caso della BVD il bovino deve essere negativo alla PCR effettuata su campione di sangue, ma poi occorre fare i test per la paratbc e per le mastiti. Sempre in tema di biosicurezza occorre poi porre attenzione al camion del macello, che se proprio deve entrare in azienda deve essere pulito e senza animali dentro, alla presenza di altri animali domestici, che deve essere limitata il più possibile, e all’impiego di calzari e vestiario usa e getta per i visitatori. Infine – sottolinea Frate prima di congedarci – vorrei ricordare la buona gestione del colostro, che è un altro importante tassello della prevenzione delle malattie infettive in allevamento”.
Il tempo stringe e Maurizio deve occuparsi delle sue pazienti. Parte in direzione della sua auto, e poco dopo eccolo tornare. Fuori ci sono 40 gradi, ma sopra agli stivali indossa i sopracalzari ed è munito di pantaloni di plastica usa e getta. Perché oggi il rispetto delle regole della biosicurezza è un biglietto da visita anche per i veterinari.

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Fuori ci sono 40 gradi, ma Maurizio Frate non rinuncia alla biosicurezza per i propri clienti. Eccolo con sopracalzari e pantaloni di plastica usa e getta