Mosche e lettiera, mai abbassare la guardia

Gestione mandria

Mosche e lettiera, mai abbassare la guardia

Il latte destinato a diventare Parmigiano Reggiano deve essere perfetto e non sono ammessi errori. Cominciando dalla gestione corretta del “bedding” e dalla creazione di una “no fly zone” a prova di insetti

 

Il Re dei Formaggi non ammette deroghe. Gli si deve il massimo rispetto persino quando è ancora latte, garantendo alle bovine un ambiente sano e confortevole, dove la pulizia regna suprema e dove le mosche non creano problemi.
Per Marco Nocetti, medico veterinario Responsabile Servizio produzione primaria del Consorzio del Formaggio Parmigiano Reggiano non è solo questione di stile, ma è un impegno con tutta la filiera, perché se gli standard non fossero elevati verrebbero meno i presupposti che hanno permesso di conquistare milioni di consumatori in tutto il mondo. E questo spiega la giornata che il Consorzio ha organizzato recentemente nella sua sede di Reggio Emilia dedicata al delicato tema della lettiera (il “bedding” degli anglosassoni) e del controllo degli insetti infestanti come le mosche.

 

Ogni lettiera è diversa

Ogni allevatore sa bene come mettere a disposizione delle proprie vacche una lettiera ottimale, ma non è detto che ciò che si è sempre fatto sia corretto. Certezze? Poche. Variabili? Infinite. A parlarne Paolo Moroni, docente di malattie infettive all’Università di Milano, un veterinario con esperienza internazionale alla Cornell University, che ogni giorno studia i sistemi di allevamento in funzione della salute della mandria. “La scelta della lettiera - spiega Moroni - influenza notevolmente gli aspetti di igiene e salute della mammella, ma troppo spesso si ignorano la qualità e le caratteristiche dei materiali utilizzati in stalla”.
Il digestato ad esempio non è tutto uguale e la sua sanità dipende dalle modalità del suo ciclo produttivo, modificandone profondamente l’impatto sulla mammella. Varrebbe la pena di farlo analizzare periodicamente in laboratorio per essere certi che non sia un potenziale veicolo di patogeni, ma è raro trovare allevatori che investano in tal senso. Altro grande capitolo riguarda l’impiego di calce, calce idrata o calcio carbonato, prodotti simili, ma profondamente diversi fra loro. Spesso si ignorano i corretti quantitativi da utilizzare, con il rischio di spanderli sulla lettiera in maniera inadeguata rispetto all’effetto che si vuole ottenere. Poi c’è la sabbia, la teorica regina delle lettiere. Ma di che tipo di sabbia si parla? Nuova o riutilizzata? Sappiamo quanta materia organica resta nella sabbia lavata? Troppa e potenzialmente pericolosa in termini sanitari, se il prodotto non viene sanificato.
Della segatura oggi si parla un po’ meno, visto che questo sottoprodotto viene utilizzato massicciamente per la produzione di pellet da riscaldamento, ma di certo avere in lettiera segatura bagnata può aprire le porte a Klebsiella, un patogeno difficile da contrastare una volta che è entrato in stalla. Poi c’è il grande tema del separato, perfetto se siamo in una zona ventilata e poco umida come potrebbe essere Israele o la California, diverso se siamo in Pianura Padana. Discorso simile per il compost barn, che va ranghinato un paio di volte al giorno, ma che d’inverno alle nostre latitudini può diventare un problema. Per cui massima attenzione, senza mai dimenticare che la lettiera è sempre a contatto con la mammella.

 

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Eliminare le mosche non si può, ma ridurne il fastidio è possibile

 

Allarme mosche

E le mosche? Altro capitolo doloroso e sottostimato, come ha ricordato Francesca Archilei, Ruminants and bioprotection brand manager di Elanco. Qualche numero tanto per capire quanto ci costano in stalla? “Calo della produzione fino a 139 kg di latte/vacca/anno, inferiori accrescimenti ponderali giornalieri nei vitelloni, ridotta efficienza alimentare, aumento delle malattie. E, se non bastasse – ricorda Archilei – non dimentichiamo mai che le mosche che si nutrono di latte sui capezzoli possono trasmettere Staphylococcus aureus, indesiderato agente di mastite contagiosa nelle bovine”.

Ancora più impressionante sapere che le mosche possono essere vettori di oltre 100 patogeni, fra virus, batteri e protozoi, di cui 65 possono infettare l’uomo, nonché avere consapevolezza che ogni mosca possa ospitare più di 29 milioni di microbi. “Il fatto – spiega Archilei – è che il ciclo delle mosche oggi interessa più mesi all’anno rispetto al passato a causa del riscaldamento globale, iniziando già a marzo e concludendosi a ottobre, in corrispondenza di temperature superiori agli 11°C”.
Occorre quindi un approccio preventivo con prodotti larvicidi già ad inizio stagione, impedendo alle larve di svilupparsi normalmente in pupe e mosche; mentre l’impiego di adulticidi è circoscritto ai momenti in cui le elevate temperature ambientali riducono il ciclo riproduttivo delle mosche (fino a 6-7 giorni) causando infestazioni massive, che sono però anche la testimonianza concreta di una non corretta gestione delle larve nei mesi precedenti. Il tutto senza dimenticare i problemi sanitari causati dalle mosche, una componente non trascurabile nel diffondersi delle mastiti, anche se gli allevatori spesso ne sottostimano l’impatto. Non meno trascurabile è il fastidio arrecato agli esseri umani, dall’allevatore stesso ai vicini di casa, visto il proliferare dell’edilizia abitativa in prossimità delle stalle. I prodotti ci sono ed Elanco fornisce anche un protocollo che documenta i trattamenti eseguiti, in linea con le raccomandazioni Classyfarm. Creare una “no fly zone” e tenere sotto controllo le mosche è possibile! A vantaggio di tutti. Il Re dei Formaggi ringrazia.