
Gestione mandria
Cabannina te veugio ben
Sulle montagne di Genova insieme agli allevatori che continuano ad allevare questa antica razza locale. Una popolazione che non arriva ai 500 capi, ma con le potenzialità per creare reddito e proteggere il territorio
La Cabannina è una capra vestita da bovino e risponde solo se le parli in genovese. Volendo la potremmo chiudere con queste poche parole che in estrema sintesi esprimono la grande rusticità di questa razza e la sua estrema territorialità, racchiusa in pochi comuni delle montagne alle spalle della città ligure. Il nome, dicono i sacri testi, deriva dalla piana di Cabanne, una frazione di Rezzoaglio (Ge) nel cuore della Val d’Aveto. Prima di tale periodo la Cabannina era chiamata con nomi diversi nei diversi luoghi, nel genovesato era semplicemente la razza “Montagninna” o “Nostrâ”. In valle Staffora tutt’ora ricordati sono i buoi cabannini, chiamati “mori genovesi” e utilizzati nei vigneti di alta collina dove era necessaria maneggevolezza e agilità.
Regine del pascolo
Per incontrare Luca Quirini, il presidente dell’Aparc (Associazione produttori allevatori razza Cabannina), siamo andati nei boschi di Villa Cella, un borghetto a mille metri di quota dove nel XII secolo si insediarono i padri Benedettini e di cui restano le vestigia dell'antico monastero di San Michele de Petra Martina. Il problema è trovare Luca e le sue Cabannine, perché sono al pascolo nel bosco e dalla strada si sente un campanaccio che tintinna, ma non si vede nessun animale. Poi spuntano dal verde, mentre si arrampicano con passo sicuro e continuano a mangiare erbe e foglie che, a parte le capre, pochi ruminanti degnerebbero di uno sguardo. Sono animali di buon carattere, dal fisico compatto e ideale per infilarsi in mezzo alle felci o alla macchia.
Luca e la sua compagna Sara Pinna sono innamorati persi delle loro vacche e oggi sono i più grandi allevatori di Cabannina con una cinquantina di capi in totale su una popolazione di che non arriva a 500 soggetti, ripartiti in una trentina di aziende. Entrambi sono genovesi di mare, ma il fascino delle montagne li ha presi da giovani e si sono lanciati in questa avventura, tornando a sfruttare il bosco e le poche radure disponibili per mandare la mandria al pascolo e, nel loro caso, produrre ottima carne firmata dall'azienda agricola Vincavacca.
Luca Quirini e Sara Pinna, giovani e allevatori nel cuore
Tutela ambientale
Se solo fosse possibile quantificare economicamente il positivo impatto a livello di salvaguardia del territorio delle loro Cabannine, andrebbero pagati dalla collettività, ma la realtà è ben diversa e quotidianamente Luca e Sara devono lottare con gli invisibili confini dei terreni indivisi e incolti, sui quali non sempre è semplice far pascolare la mandria. La loro scelta è la linea vacca-vitello, lasciando sempre il vitello sotto la madre. Il risultato è un vitellone macellato attorno ai 400-450 chilogrammi, con carni che si portano dietro i chilometri percorsi in montagna e i sapori del bosco. Un prodotto destinato alla ristorazione di alto livello o ai consumatori che cercano un prodotto di nicchia, pagato ai nostri allevatori mediamente 22-24 euro al chilogrammo. La carne piace e se Luca potesse mai raddoppiare la produzione, riuscirebbe a collocare il tutto senza difficoltà. Il top sono le vacche a fine carriera (abbiamo visto animali di 20 anni che hanno partorito da poco), ingrassate un paio di mesi come si deve. Carne dalla marezzatura inconfondibile, favolosa dopo una frollatura di almeno 30 giorni. In Francia la pagherebbero a peso d’oro, da noi è apprezzata da un ristretto novero di gourmet.
Mammelle da vera razza rustica...
Formaggi gourmet
Poi ci sono gli allevatori da latte, come Rosanna Cella da Rezzoaglio: mandria di 6 capi e un piccolo caseificio in cui viene lavorato il latte (10-12 litri/vacca) disponibile. I suoi sono i formaggi della tradizione come U Cabanin, Sarazzu (ricotta stagionata) e la Prescinsêua, tradizionale cagliata genovese. Produzioni limitate vendute a prezzi attorno ai 20-25 euro/kg, che meriterebbero maggiore valorizzazione.
Rosanna Cella da Rezzoaglio, casara e orgogliosa allevatrice di sei Cabannine
Sua è la vacca Dora, vent’anni di onorata carriera, che ci viene presentata con meritato orgoglio, mentre al suo fianco c’è l’ultimo vitello nato da pochi mesi. Un bel record, ma da queste parti ne parlano come se fosse assoluta normalità.
Slow Food ha creato un presidio a tutela della Cabannina e dei suoi prodotti, la Regione Liguria si gloria della razza autoctona parlandone come di un vessillo unico nel suo genere, ma in concreto gli allevatori sono un po’ lasciati a se stessi e (belle parole a parte) incassano sostanzialmente solo il contributo alle razze a limitata diffusione (300 euro/Uba). Troppo poco per garantire a tutti la possibilità di andare avanti sereni ed è per questo che è nata l‘Associazione produttori allevatori razza Cabannina che sta cercando di far conoscere questo piccolo mondo antico e dare valore al latte, ai formaggi e alla carne. Se poi vi dovesse capitare di assaggiare del Duse de laete de Cabannina, versione ligure del Douçe de laete dell’America latina, siamo certi che vi innamorerete definitivamente dalla Cabannina e delle sue montagne. Ma attenzione, crea dipendenza.
A destra c'è Dora, vent’anni di carriera...
Carta di identità
La Cabannina è una razza a duplice attitudine (carne e latte) con prevalenza per il latte. La mammella è di buone dimensioni e la produzione media è di 31 quintali per lattazione con un contenuto di proteine di circa il 3,2%, di grasso 3,5% e di lattosio 5,3%. È particolarmente rustica, di massa ridotta, che si adatta al pascolo in condizioni climatiche difficili caratterizzato da ambienti impervi, ricchi di arbusti e con foraggio frequentemente bagnato da nebbie e rugiade che i bovini Cabannini sopportano senza alcun inconveniente. Gli esemplari di razza bovina Cabannina si caratterizzano per uno sviluppo limitato degli arti predisponente l’alpeggio e un grande sviluppo addominale predisponente un’elevata ingestione di foraggi. La taglia è medio-piccola: l’altezza al garrese media nei maschi è di 125 cm e nelle femmine di 118 cm; il peso per i maschi è di 500-550 kg e per le femmine 400-450 kg. Il colore del mantello è castano scuro, a volte bruno chiaro, ha sfumature intermedie e una riga mulina color crema che caratterizza la linea dorso-lombare e che degrada in sfumature rossicce.
La tipica riga mulina color crema che caratterizza la linea dorso-lombare dei bovini di razza Cabannina
Le parti inferiori dell’addome, quelle distali e interne degli arti, presentano una tonalità di colore più chiaro. I peli corti e fini, ricoprono anche la mammella. La coda termina con un ciuffo abbondante e la cute è morbida con numerose pieghe sulla giogaia. Il musello è nero con un’ampia orlatura bianca e le corna, di media lunghezza, sono bianche alla base e nere in punta. Si presentano nella femmina sottili, dirette in fuori, in alto e poi leggermente indietro a forma di lira, mentre nei maschi sono più corte e tozze. Il collo è lungo, sottile, con scarsa giogaia e la testa è piccola, corta e ha profilo rettilineo. Gli occhi sono scuri e di media grandezza, le orecchie sono portate orizzontalmente. La linea dorsale è regolare, i lombi sono larghi e il garrese è serrato e affilato. La groppa è ben sviluppata (larga e lunga, leggermente spiovente) e le spalle sono fuse con il collo. Le cosce hanno buona muscolatura e profilo rettilineo e gli arti sono dotati di ossa fini, con piedi forti e unghielli durissimi.