Il sorgo in razione, basta vecchi pregiudizi

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Il sorgo in razione, basta vecchi pregiudizi

Questo cereale da granella trova sempre più spazio nell’alimentazione delle bovine grazie alle sue caratteristiche che lo rendono un buon sostituto del mais. Aumentarne l’impiego nella filiera del Parmigiano Reggiano Dop è uno degli obiettivi del progetto di cui il Crpa è capofila

 

Gli effetti del cambiamento climatico sono sempre più evidenti e il bacino del Mediterraneo è quello in cui questi si manifestano più velocemente. Ragion per cui ci troviamo sempre più spesso a trattare di colture alternative, anche rispetto a quelle convenzionalmente utilizzate in alimentazione animale. Una di queste è il sorgo, che nell’ambito del progetto di cui il Crpa è capofila “La filiera di produzione di cereali e colture proteiche della Regione Emilia-Romagna per l’alimentazione delle vacche da latte per Parmigiano Reggiano Dop – Feed PR”, finanziato dal Psr 2014-2020 della Regione Emilia-Romagna, è risultata come una buona alternativa al mais nel razionamento delle bovine da latte per Parmigiano Reggiano.
Ciò grazie alla sua “duplice attitudine”, ovvero alla capacità di dare buone rese quali-quantitative in campagna e al tempo stesso garantire un ottimo apporto nutrizionale se paragonato ad altri cereali tipicamente utilizzati in zootecnia. In questo articolo analizziamo le principali peculiarità di questa coltura e il suo potenziale se utilizzato nelle razioni alimentari.

 

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Coltura da rinnovo

A livello globale il sorgo è il quinto cereale coltivato al mondo (fonte Faostat, 2023). È una coltura estiva a cui piace il caldo; le temperature ottimali per le varietà ad alta produzione sono quelle maggiori di 25 °C e sono richieste temperature medie giornaliere di almeno 20 °C durante il periodo di crescita delle cultivar a ciclo breve, che raggiungono la maturazione dai 90 ai 110 giorni, a differenza dei cicli medi che richiedono dai 110 ai 140 giorni.
Originariamente il sorgo sarebbe una pianta a giorno corto, questo significa che richiede 16 ore ininterrotte di buio per arrivare alla produzione di seme, ma per adattarsi a latitudini maggiori sono state sviluppate varietà insensibili al fotoperiodo (Wolabu et al., 2016). La densità di semina, generalmente 35-45 semi/m2 (45x5), acquisisce importanza per determinare la quantità di luce che può intercettare la coltura. È bene ricordare che nelle zone in cui le precipitazioni sono scarse e non vi è possibilità di ricorrere all’irrigazione di soccorso è bene ridurre la densità di semina.
Essendo una coltura da rinnovo, permette l’interramento dei reflui zootecnici con le lavorazioni che precedono la semina e ha una grande capacità di utilizzazione dell’azoto. In bibliografia (Kostadinova et al., 2019; Bartzialis et al., 2023) è riportato come all’aumentare della quota di azoto apportata possa aumentare anche la quantità di proteina prodotta dalla coltura.

 

Meno degradabile?

Riportiamo in primo luogo i valori di degradabilità dell’amido del sorgo a livello ruminale, che oscillano da 57,4% a punte di 75,6% (Pan et al., 2021; Offner et al., 2003) (vedi tabella 2).
Il motivo di questa variazione è da ricercare anche nella presenza di kafirine, una classe di proteine di stoccaggio della prolamina presenti nel sorgo da granella. Proteine che impediscono l’accesso degli enzimi al corpo delle proteine, andando così a ridurre la degradabilità dell’amido e delle proteine del sorgo. Spesso vengono citati come fattori antinutrizionali anche i tannini, ma il loro contenuto nelle nuove varietà è molto limitato e non dovrebbe influire sulla degradabilità ruminale.

 

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Sebbene l’amido e le proteine grezze del sorgo sono meno degradabili a livello ruminale rispetto a quelle del mais (Rooney e Pflugfelder, 1986; Huntington, 1997), la differenza di efficienza alimentare tra i due cereali può essere appianata attraverso processi tecnologici, quali macinazione fine o fioccatura (Theurer, C. B., et al., 1999), che consentono un aumento della digeribilità di amido e proteina grezza.
È una ricerca condotta dall’Università Cattolica del Sacro Cuore (Gallo et al., 2018) a dimostrare come la degradazione dell’amido dopo 7 ore di incubazione ruminale in vitro sia fortemente influenzata dalla dimensione di macinazione dei cereali. Il tasso di degradazione ruminale del sorgo subisce infatti un aumento al diminuire della dimensione delle particelle in cui è macinato, passando da un valore di 72,5 (% amido utilizzato) con una dimensione media delle particelle di 2,36 mm a 87,9 (% amido utilizzato) con particelle di 0,21 mm. Da un altro studio (Patton et al., 2012) emerge come la velocità di digestione dell’amido (kd % per ora) passi da 5,7 a 16,5 se viene fioccato a vapore. In ragione di questa maggiore velocità di digestione del sorgo si ottiene una maggiore efficienza a livello ruminale con un limitato effetto escape nel piccolo intestino e limitando il rischio di acidosi intestinale.

 

Più benefici

Quanto al tenore di acidi grassi il sorgo contiene meno acido linoleico rispetto al mais (vedi tabella 3) e ciò dovrebbe consentire di ottenere una maggiore quantità di grasso nel latte. Questo perché il razionamento ottimale della bovina da latte richiede una concentrazione di acidi grassi polinsaturi al di sotto del 2%, pari ad una quantità inferiore a 500 g/capo/giorno.

Questa quota viene fissata perché la concentrazione di acidi grassi polinsaturi si ripercuote sulla capacità della mammella di sintetizzare il grasso e sul tipo di grasso prodotto, andando quindi a influenzare la concentrazione di lipidi nel latte. Dunque sostituendo completamente il mais con il sorgo, in un regime alimentare che prevede l’impiego di 8 kg/capo/giorno di cereale, la quota di acido linoleico C18:2 si ridurrebbe del 30%.

In aggiunta il sorgo, rispetto al mais, è meno sensibile all’attacco da parte di Aspergillus flavus in grado di causare lo sviluppo di aflatossine. Ne consegue che utilizzando il sorgo nell’alimentazione delle bovine il latte prodotto è meno esposto alla contaminazione di metaboliti secondari dei funghi, come ad esempio aflatossina B1 che ha determinato in ampie zone della pianura padana la rarefazione della coltivazione del mais, in quanto i valori soglia (20 ppb) in annate favorevoli allo sviluppo della micotossina possono essere facilmente superati.

 

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Studio di campo

In generale la letteratura è povera di ricerche che analizzino l’impiego di sorgo in alimentazione delle bovine da latte in sostituzione o in abbinamento al mais.
Nel 2021 l’Università di Bologna (Buonaiuto et al., 2021) ha analizzato l’impiego di sorgo come alternativa al mais in due aziende produttrici di latte per Parmigiano Reggiano. In fase sperimentale le bovine sono state alimentate per 3 settimane con 8 kg/capo/giorno di mais, sostituiti dalla stessa quantità di sorgo per il periodo successivo della stessa durata. I dati osservati per il gruppo delle lattifere hanno riguardato ingestione, quantità e parametri qualitativi del latte, patologie, mentre per alcune bovine selezionate sono stati osservati i dati produttivi. Dopo il periodo di transizione dovuto al cambio dell’alimentazione, sono stati effettuati i campionamenti sul latte di massa delle due aziende per la determinazione delle caratteristiche qualitative del latte.

Dai campionamenti non sono emerse differenze significative per quanto riguarda i parametri di grasso, proteine, caseina, lattosio, carica batterica, cellule somatiche, pH e acidità titolabile (°SH/50ml). L’unica variazione rilevata è a carico della concentrazione di urea (mg/100ml), che nelle razioni a base di sorgo è stata più elevata.

Gli autori motivano questo risultato con la minore degradabilità dell’amido del sorgo, che determinerebbe una minore sintesi batterica e un connesso accumulo di urea inutilizzata a livello ruminale, escreta poi anche attraverso il latte. Per questo motivo è consigliato addizionare le razioni a base di sorgo con cereali con una costante di degradazione più elevata (frumento ed orzo) al fine di incrementare il tasso di sviluppo microbico a livello ruminale.

Quanto alla produzione di latte per singolo capo registrata per le razioni con i due cereali (sorgo e mais) non ha mostrato differenze significative tra i valori medi, parallelamente non sono state osservate differenze per quanto riguarda l’ingestione di sostanza secca da parte delle bovine.

 

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Il tasso di degradazione ruminale del sorgo aumenta al diminuire della dimensione delle particelle in cui è macinato

 

Si può fare

Per i fattori elencati si può affermare dunque che la coltivazione del sorgo è possibile nell’areale dell’Emilia-Romagna come alternativa al mais, così come il suo l’impiego nell’alimentazione delle vacche da latte per Parmigiano Reggiano, anche in sostituzione del mais. Una pratica, questa, che consentirebbe anche di legare maggiormente il prodotto all’areale di produzione, riducendo così anche l’impatto ambientale delle materie prime utilizzate in allevamento.

di Isacco Rossi, Crpa Scpa