La lotta al metano passa dal management aziendale

Gestione mandria

La lotta al metano passa dal management aziendale

Un gas dal ruolo climalterante, e anche una perdita di energia metabolica. Ma le soluzioni per ridurre i volumi emessi dalle vacche sono già ben delineate

 

Secondo un recente studio (Olijhoek e coll., 2018), il settore zootecnico sarebbe responsabile di circa un quinto del totale delle emissioni globali di gas serra di origine antropica. Tali emissioni deriverebbero non soltanto dalla produzione di metano e di anidride carbonica a livello di apparato digerente, ma anche dalle emissioni derivanti dai reflui zootecnici, soprattutto quando stoccati in vasconi non chiusi o durante lo spandimento nei terreni.

Il metano non è l’unico responsabile del surriscaldamento globale poiché ad esso si affiancano anche l'anidride carbonica e il protossido di azoto (N2O). Tuttavia il metano è il composto che ha ricevuto la maggiore attenzione per ciò che riguarda le politiche di contenimento del riscaldamento globale, per via della sua breve permanenza in atmosfera (che permette di raggiungere buoni risultati in tempi rapidi) e della capacità di intrappolare calore (vedi anche https://www.allevatori.top/fatti-tendenze-attualita/2023/07/25/metano-cinque-settori-un-unico-gas/1638: ndR).

È altresì vero che le fermentazioni nei ruminanti portano alla produzione ed emissione di metano. Il metano, oltre ad essere un gas a effetto serra, è un indicatore economico importante poiché rappresenta una perdita netta dell’energia prodotta a livello ruminale. Tale perdita è stata quantificata da alcuni studi in un ordine del 6,5% (IPCC, 2006: https://www.ipcc.ch/data/ ). È infatti noto (Yan e coll., 2010), come animali più efficienti producano meno metano e contemporaneamente traggano vantaggio da tale energia per produrre più latte.

 


Efficienza alimentare

Genetica, microbioma ruminale e produzione (di latte e metano) sono fortemente correlati. Quando le bovine esprimono un’elevata efficienza alimentare, questo porta a un calo della produzione giornaliera di metano a effetto serra. Gli animali più efficienti sono infatti quelli che a parità di assunzione di alimento producono più latte (così detta assunzione residua), a cui si associa una produzione di metano inferiore. Va ricordato come nella produzione del latte i costi dell’alimentazione rappresentino il 50% del costo totale e quindi conseguenza diretta del miglioramento dell’efficienza sarà l’aumento della redditività.

 


Soluzioni integrate

Scienziati, allevatori e genetisti stanno lavorando per identificare le migliori soluzioni possibili in grado di influenzare la metanogenesi nel rumine. Grazie a nuove tecniche di studio, la nostra comprensione del microbiota ruminale è cresciuta a livelli alquanto dettagliati. Questo ha fornito soluzioni piuttosto raffinate ed altrettanto efficaci. Tuttavia, la soluzione non è una sola e l’obiettivo non può essere centrato con una singola azione. Il massimo si ottiene sempre combinando tecnologie che possono risultare sinergiche. Le principali sono riportate in tabella 1.

 

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Questione di razza

Le bovine di razza Holstein e Jersey sono diverse, e non solo esternamente. Le loro differenze si spingono al di là delle caratteristiche fenotipiche fino ad arrivare alla composizione del microbioma ruminale. Per esempio, alcuni studi hanno evidenziato come i bovini Holstein e Jersey possiedano, in merito alle stesse specie batteriche ruminali, indici di diversità e di ricchezza inversi.

Anche il microbiota ruminale complessivo è diverso nelle due razze, con un gruppo distinto di dominanza dei microbi ruminali. Sono quindi state misurate emissioni di metano più elevate nei soggetti Jersey rispetto a quella dei capi Holstein, anche qualora gli animali ricevano lo stesso unifeed. Questo suggerisce pertanto la possibilità di una manipolazione selettiva del microbioma delle due razze.

 

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Somministrare diete ricche di concentrati è una strategia di mitigazione del metano meno efficace per le Jersey rispetto alle Frisone


In una ricerca danese (Olijhoek e coll., 2022) è stato studiato l’effetto di una dieta ad elevato contenuto di concentrati (dal 49% fino al 91% della sostanza secca ingerita) sulla produzione di latte, sulla produzione di metano, sulle fermentazioni ruminali, sulle comunità batteriche ruminali, sulla digeribilità dei nutrienti e sul comportamento alimentare delle bovine di razza Holstein e Jersey. È infatti noto come le diete ricche in concentrati siano in grado di diminuire la produzione di metano per chilo di latte prodotto, al contrario delle diete ricche in foraggi (soprattutto quando questi sono poco digeribili).

 

Risultati chiari

I dati di questo studio danese hanno dimostrato come l’assunzione di sostanza secca fosse più alta per le bovine Holstein rispetto alle Jersey. Le emissioni di metano hanno subito l’influenza dell’interazione tra razza e dieta. Il metano prodotto per chilogrammo di sostanza secca ingerita si è ridotto del 18 e del 48% per le bovine Holstein alimentate con livelli del 70% e del 91% rispetto al livello di carboidrati del 49%. Nelle bovine Jersey l’abbassamento è stato del 17 e del 22% rispettivamente per gli stessi livelli dietetici di concentrati.

Unitamente a questo, il microbioma ruminale delle frisone si è dimostrato meno diversificato (segno di maggiore fragilità) e i tempi di ruminazione e masticazione sono risultati minori rispetto alle bovine di razza Jersey. Nelle bovine frisone, pertanto, la risposta ai concentrati è risultata di maggiore entità (riduzione di metano e alterazioni del profilo degli acidi grassi volatili ruminali). Le bovine Jersey hanno aumentato i tempi di masticazione e di ruminazione per chilogrammo di ingestione e di fibra neutro detersa (NDF). Questi dati confermano pertanto una differenza nella produzione di metano nelle due razze bovine e come le diete ricche di concentrati siano una strategia di mitigazione del metano meno efficace per le Jersey rispetto alle Frisone.

 

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L'obiettivo di ridurre le emissioni di metano non può essere centrato con una singola azione

 

di Andrea Roberti