Metano: cinque settori, un unico gas

Attualità

Metano: cinque settori, un unico gas

L’incremento della concentrazione di questo gas in atmosfera è in prevalenza imputabile all’industria estrattiva e non all’allevamento. Lo mettono nero su bianco autorevoli fonti scientifiche

 

La riduzione della quantità di metano in atmosfera è diventata strategica per le politiche di contenimento del riscaldamento globale perché, a differenza degli altri gas climalteranti, consente di raggiungere buoni risultati in un tempo molto limitato. Questo grazie alla sua breve vita in atmosfera (intorno ai 12 anni, tabella 1) e al suo forte impatto sul riscaldamento globale (21 volte più potente nell’intrappolare il calore dell’anidride carbonica su un intervallo di 100 anni, circa 70 volte su un intervallo di 20 anni).

La drastica riduzione delle emissioni di metano oggi rappresenta quindi la via più rapida per rallentare il riscaldamento globale. Infatti, se ipoteticamente oggi riuscissimo a non rilasciare più metano in atmosfera, entro un periodo di 15 anni ci si “libererebbe” di un importante fattore climalterante.

 

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Oltre a questa considerazione, la concentrazione di metano nell’atmosfera sta avendo negli ultimi anni un incremento significativo (grafico 1) e diventa quindi urgente intervenire per invertire la rotta. Quando si parla di emissioni di metano gli allevatori si sentono immediatamente chiamati in causa, essendo il metano “enterico” un’importante fonte di emissione.
Gli sforzi di ridurre le emissioni a effetto serra si sono da sempre concentrate principalmente sull’anidride carbonica per due motivi essenziali:
• la CO2 è associata alla combustione di combustibili fossili ed è relativamente facile da misurare, mentre per il CH4 non esistevano metodologie di misurazioni su larga scala;
• le fonti di emissione della CO2 sono sempre legate alla combustione, quindi a una caldaia o a un motore, mentre le emissioni di CH4 possono verificarsi ovunque: in un oleodotto, in una miniera di carbone, in una discarica, in un pozzo petrolifero o in un allevamento, e sono legate a fenomeni di “perdite” non controllate.

 

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Grafico 1 - Stima della concentrazione mensile globale di metano in atmosfera calcolata dai dati della superficie marina dal 1983 (i valori dell’ultimo anno sono provvisori) (fonte: NOAA Global Monitoring Laboratory)

 

Non mancano le critiche a questa recente tendenza di puntare sulla riduzione di metano per salvare il pianeta: siccome la concentrazione di metano in atmosfera è circa 200 volte minore dell’anidride carbonica, lo sforzo di riduzione non porterebbe necessariamente ai risultati teorici sperati. Questo, però, non dovrebbe spostare l’attenzione, perché il trend di crescita della concentrazione di metano è decisamente allarmante.
Nel corso del G20 tenutosi a Roma a fine ottobre 2021, è stato istituito l’Osservatorio internazionale sulle emissioni di metano all’interno del programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (UNEP). Questo osservatorio ha il compito di fornire un quadro dettagliato sulle fonti di emissione di metano a livello globale e di individuare le strategie migliori per ridurre rapidamente l’impatto di questo gas climalterante. A due anni dalla sua istituzione, l’IMEO ha costruito una rete di raccolta e di elaborazione di dati che si basa anche sulle osservazioni di satelliti pubblici e commerciali che sono la base della pubblicazione “An Eye on Methane”. Questa interconnessione di banche dati consente di superare la difficoltà di misurazione dei livelli di metano a livello globale e di individuare i siti più critici.

 

Fonti responsabili

Cinque settori-chiave – due che riguardano la produzione di energia (estrazione, lavorazione e trasporto di petrolio e gas, e attività estrattiva da miniere di carbone metallurgico), una che riguarda la gestione dei rifiuti, e due l’agricoltura (riso e allevamento) – emettono grandi quantità di metano.
In base all’ultimo report dell’IMEO, il settore energetico produce più del 38% di metano, e l’allevamento da solo sarebbe responsabile di oltre il 30%. Dal grafico 2 si vede come la composizione delle 5 fonti di emissione sia diversa nelle diverse regioni del pianeta e si vede come in Europa l’allevamento rappresenti la principale fonte. L’approccio adottato dall’IMEO è quello di cercare di ottenere una riduzione da tutte le fonti di emissione, perché si presume che una molecola di metano abbia lo stesso impatto sia che venga emessa da una vacca che da una valvola difettosa di un giacimento. In tutti e cinque i settori, l’approccio di IMEO è quello di stabilire un registro pubblico di dati empirici, raccolti attraverso metodi scientifici all’avanguardia. Ciò consente di caratterizzare il fenomeno a livello locale e indirizzare le azioni e gli investimenti in modo efficace.

 

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Grafico 2 - Distribuzione delle emissioni annuali di metano per fonte e regione (fonte: IMEO report, 2022)

 

Tecniche di estrazione

Un recente studio (Howarth, 2019) ha permesso di definire e soprattutto quantificare meglio l’origine del metano presente in atmosfera. Il metano presente in atmosfera è in parte di origine biogenica (paludi, allevamenti, risaie, discariche), in parte viene liberato spontaneamente da depositi superficiali o attività estrattive (giacimenti fossili) e in parte da attività di combustione incompleta (origine pirogenica: da abitazioni e industria). Il contributo importante dello studio è il confronto tra l’incremento di metano di origine biogenica e quello di origine fossile, confrontando i periodi 2000-2007 e 2008-2014.
Da questi dati si vede come a fronte di un incremento di 10,6 teragrammi (Tg) di metano di origine biogenica, si è registrato un incremento di 17,8 Tg di origine fossile (un’intensità di crescita del 68% più elevata).

Molto interessante è la composizione delle fonti che concorrono all’incremento di origine fossile: il 53% di questo incremento è dovuto alle nuove tecniche di estrazione, il cosiddetto “shale gas”, metodo introdotto e largamente diffuso a partire dagli anni 2000. Quello che era un sospetto fondato ma non dimostrabile, attraverso questo studio diventa una certezza e fornisce una interpretazione fondamentale sull’incremento di concentrazione di metano osservabile dai dati e rappresentato nel grafico 1. Dal grafico risulta molto evidente che dopo il 2014 (ultimo anno incluso nello studio), il tasso di crescita è visibilmente aumentato, quindi, verosimilmente, il contributo di queste nuove tecniche di estrazione ha aumentato il suo effetto negativo.

 

Bombe di metano

Le nuove tecniche di osservazione e misurazione delle emissioni di metano attraverso l’esplorazione dei satelliti e l’elaborazione dei loro dati ci permettono inoltre di affermare anche un’altra cosa: in base ai dati pubblicati dal Kayrros Methane Watch, (www.kayrros.com/methane-watch/), nel corso del 2022 ci sono stati più di mille eventi di super-emissioni e almeno 55 “bombe di metano”, tutte riconducibili alle attività di produzione di energia (estrazione, lavorazione e trasporto). Il grafico 3, ripreso da un articolo pubblicato sul "The Guardian", mostra che il maggior numero di eventi di super-emissioni sono in Turkmenistan (184 eventi), seguito dagli Stati Uniti e dalla Russia (il caso dell’India sembra più legato alla gestione dei rifiuti).

 

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Grafico 3 - Le 15 Nazioni che hanno il maggior numero di eventi di rilascio di metano (fonte: elaborazione “The Guardian” su dati Kayrros Methane Watch)

 

Le cosiddette “bombe di metano” portano invece gli Stati Uniti al primo posto per numero di eventi, il che significa che in termini di quantità rilasciata “involontariamente” dai processi di estrazione, gli Stati Uniti potrebbero arrivare in cima alla classifica.

 

Prossimi obiettivi

L’impronta di metano degli allevamenti è profondamente interconnessa con la sicurezza alimentare, i modelli culturali e comportamentali di consumo alimentare e, in molte parti del mondo, ai mezzi di sussistenza rurali. IMEO riconosce al sistema di allevamento “intensivo” un ruolo importante nella riduzione delle emissioni di metano enterico per unità di prodotto, fattore da bilanciare accuratamente per le sue implicazioni sul benessere e sulla salute degli animali, e sul contributo all’aumento dell’antibiotico resistenza (UNEP 2020). Una migliore quantificazione delle emissioni di metano nei sistemi di allevamento intensivi ed estensivi, specialmente nei Paesi a basso e medio reddito, è uno degli obiettivi futuri di IMEO.
IMEO sta inoltre sviluppando un insieme di strumenti per accompagnare e migliorare le capacità di affrontare questa complessa sfida per ogni Nazione. È importante, quindi, capire la posizione che verrà presa nei confronti degli allevamenti per prevedere quali strategie di intervento verranno adottate nel settore agricolo dalla Comunità Europea e, presumibilmente, dall’Italia. Al momento, le strategie urgenti sono focalizzate sulle perdite di metano dagli impianti di estrazione, produzione e trasporto di gas.
Le tecniche di mitigazione per il settore degli allevamenti individuate da IMEO sono quelle ben note agli addetti ai lavori: intervenire sulla dieta per ridurre la parte di fermentazione “enterica” (che non abbatte il 100% delle emissioni, ma interviene sulla componente più importante, quel 44% delle emissioni del settore agro-alimentare legato agli allevamenti) o migliorare la gestione delle deiezioni utilizzando le tecnologie appropriate (si noti che l’utilizzo di un digestore consente un abbattimento del 100% delle emissioni secondo le linee guida UNECE, ma si interviene sulla componente con minore impatto della filiera, ovvero sul 10% delle emissioni: GLEAM 3.0 Assessment of greenhouse gas emissions and mitigation potential, FAO).

 

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La scienza sta scoprendo come intervenire sulla ruminazione e sul miglioramento dell’efficienza alimentare, mentre un notevole contributo arriva dalla selezione genetica

 

IMEO evidenzia la difficoltà di individuare percorsi chiari nel settore degli allevamenti, in quanto gli interlocutori sono molto numerosi (allevatori, industria dell’alimentazione animale, altri attori della filiera) al contrario di quello che accade per i settori dei combustibili fossili o dei rifiuti e, tutto sommato, l’efficacia dell’azione è relativamente bassa.

 

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L’utilizzo dei digestori consente un contenimento delle emissioni, ma si interviene soltanto sulle deiezioni che rappresentano una fonte minoritaria

 

Allevatori in azione

La zootecnia non si sottrae certamente al suo compito di contribuire alla riduzione delle emissioni. La scienza sta scoprendo come intervenire sulla ruminazione e sul miglioramento dell’efficienza alimentare (additivi, precision-feeding) e un grande contributo arriva dalla selezione genetica, sia in termini di aumento delle
produzioni che di efficienza alimentare.
Cruciali diventano le installazioni di impianti di biogas e biometano con il duplice risultato di abbattere le emissioni derivanti dalla gestione delle deiezioni e produrre energia rinnovabile o metano da impiegare in azienda o immettere in rete. Sempre più allevatori attivano quei meccanismi di efficientamento e di economia circolare che consentono di riutilizzare gli scarti e trasformarli in risorse, aiutando l’ambiente e la redditività aziendale.
Investire in innovazione è una priorità anche degli Stati, come dimostrano i tanti finanziamenti che spingono verso quella transizione ecologica che non si può più rimandare. Condividere esperienze, sentirsi parte di una filiera strategica e consapevole, cogliere le occasioni di innovazione in azienda farà la differenza.

di Alessia Tondo