Attualità
Carni bovine, lunga vita (nonostante tutto) alla filiera italo-francese
L’epidemia di malattia emorragica del cervo, che sta interessando più di 4.000 allevamenti transalpini, è soltanto l’ultima sfida da affrontare. Se ne è parlato a Bardolino (Vr), in occasione della quarta edizione del Congresso nazionale di Boehringer Ingelheim
Un settore vitale per l’economia italiana, ma attualmente alle prese con una serie di sfide – prima fra tutte, la perdurante crisi di redditività – potenzialmente foriere di profondi mutamenti. È questa la fotografia della bovinicoltura da carne italiana scattata a Bardolino (Vr), in occasione della quarta edizione del Congresso nazionale che da 8 anni a questa parte Boehringer Ingelheim Animal Health dedica a questo comparto.
Un vero big del nostro agroalimentare made in Italy, in virtù dei suoi 20mila allevamenti e dei 2,2 milioni di capi allevati, che pongono il nostro Paese al terzo posto nella classifica europea dei produttori di carne bovina.
Ma questi numeri non rendono merito del prodigioso processo di ammodernamento di cui le nostre stalle da ingrasso sono state protagoniste negli ultimi anni, in termini di attenzione per il benessere animale, di uso prudente degli antibiotici (siamo al -57,5% rispetto a 10 anni fa), di efficienza produttiva e di emissioni climalteranti.
Uniti anche nella crisi
Le criticità economiche, tuttavia, non mancano, e al convegno di Bardolino è stato Carlo Sgoifo Rossi dell’Università di Milano a metterle analiticamente a fuoco.
La sostenibilità di chi ingrassa il ristallo francese, ha sostenuto il docente, è ai minimi storici: il costo di produzione è attualmente superiore al valore del chilo di carne, la disponibilità di animali sani e performanti è in continuo calo, il Piano strategico nazionale è per ora inadeguato al sostegno del settore (e aiuta troppo debolmente quello della vacca nutrice affinché il nostro Paese possa diminuire il suo grado di dipendenza dall’estero) e infine la valorizzazione del prodotto è assente, e di media soltanto il 30% del valore finale resta in tasca all’allevatore.
Secondo il professor Carlo Sgoifo Rossi dell’Università di Milano, il Piano strategico nazionale è per ora inadeguato al sostegno del settore da ingrasso
Molto interessante, in particolare, l’analisi fornita da Sgoifo Rossi circa la disponibilità di ristalli di qualità: se l’Italia è storicamente deficitaria di vacche nutrici, la Francia è alle prese con una contrazione numerica delle fattrici appartenenti alle razze specializzate, le emergenze sanitarie non danno tregua (vedi oltre), e la gestione alimentare dei giovani bovini sta mutando, purtroppo, a nostro sfavore: gli allevatori francesi, nel tentativo di vendere animali più pesanti e di massimizzare le crescite nei loro allevamenti, stanno usando diete fortemente amilacee e ad elevata fermentescibilità che poi sbarrano la strada a quelle crescite compensative di cui un tempo beneficiavano i nostri allevatori.
Non ultimo, negli allevamenti francesi sta purtroppo venendo meno anche quella mentalità per cui vendere all’estero ristalli di eccellente qualità genetica era avvertita più come un punto di orgoglio, che come un puro e semplice vantaggio competitivo. Con il risultato che nelle partite di ristalli francesi si nota la crescente presenza di soggetti scarsamente vocati alla produzione di carne.
Sfide sanitarie
Il tema delle malattie infettive e parassitarie è stato ampiamente trattato nel corso del convegno Boehringer Ingelheim, rivolto a un pubblico di veterinari. Come ha efficacemente illustrato alla platea Eliana Schiavon dell’Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie, la malattia respiratoria continua a cambiar volto: sulla base delle analisi effettuate a Padova nel 2023, sia sul morto che sul vivo (ovvero sugli organi dei ristalli deceduti nei nostri allevamenti e sui campioni biologici prelevati dagli animali arrivati in Veneto), si può dire che nell’eziologia della BRD stanno perdendo terreno alcuni virus, come ad esempio quello della IBR, mentre è in crescita la presenza di ceppi multiresistenti di Mannheimia haemolytica.
Ampiamente dibattuto quindi, a proposito di controllo di questa malattia, il tema della vaccinazione: la buona notizia è che nei centri di raccolta francesi comincia a diffondersi la pratica dell’immunizzazione intranasale, effettuata tramite l’impiego di gabbie contenitive ad hoc (con alza-testa) e realizzata da personale formato ad hoc. Parallelamente, da parte italiana, c’è una crescente disponibilità a riconoscere un sovrapprezzo ai capi sottoposti al “prime” vaccinale.
Tra le patologie emergenti è stata ricordata anche la dermatite digitale, in aumento nei capi di razza Limousine e Charolais di origine francese, ma la grande novità degli ultimi mesi è, senza dubbio, la malattia emorragica del cervo (EHD), che sta letteralmente dilagando negli allevamenti bovini (e ovini) d’oltralpe.
Come ha spiegato Emanuele Cona, veterinario (italiano) della cooperativa (bretone) Terrena, al 18 aprile scorso erano 4.270 i focolai individuati, per una gigantesca zona infetta che si estende a tutto il sud-ovest dell’Esagono, includendo l’intera area di allevamento della Limousine e della Blonde d’Aquitaine, e la metà del territorio dove è di casa la Charolais.
Il tema delle malattie infettive e parassitarie è stato ampiamente trattato nel corso del convegno. Da sinistra: Emanuele Cona, veterinario della cooperativa bretone Terrena, Eliana Schiavon dell'Istituto zooprofilattico sperimentale delle Venezie e Guido Potenza di Boehringer Ingelheim
Questa malattia virale viene trasmessa attraverso la puntura degli insetti del genere Culicoides: se le femmine ematofaghe si nutrono del sangue di un animale viremico (la viremia dura solitamente dai 7 ai 21 giorni, ma tracce del virus rimangono in circolo anche per mesi), a partire dal decimo giorno dopo il pasto viremico diventano infettanti (e lo rimangono a vita), diventando veicolo dell’agente patogeno per altri animali. Alla luce di queste evidenze, le autorità sanitarie d’Oltralpe hanno stabilito che per essere commercializzati al di fuori delle aree “regolamentate”:
• i bovini vengano sottoposti a un trattamento insetticida pour on (con deltametrina) 14 giorni prima dello spostamento;
• i bovini risultino negativi alla PCR condotta sul sangue prelevato il giorno dell’uscita dall’allevamento;
• i bovini vengano spediti all’acquirente su mezzo trattato con insetticida entro 14 giorni dal test PCR risultato negativo.
Da notare il fatto che le spese sostenute per la PCR (20-30 euro) non vengono coperte dallo Stato francese, per cui vengono caricate al cliente finale (così come avviene per il test relativo al virus Bluetongue di sierotipo 4).
EHD, quando sospettarla
Le autorità veterinarie italiane sono in allerta: il virus dell’EHD potrebbe arrivare in pianura padana e trovare terreno fertile, vista l’abbondanza della popolazione bovina e dell’insetto vettore.
Ma quando è legittimo sospettare questa malattia? Nel suo intervento a Bardolino, Emanuele Cona ha riferito quali possono essere i sintomi: scolo nasale mucopurulento, congestione, eritema ed ulcere del musello; congestione, afte e ulcere della mucosa orale con scialorrea, edema della lingua con ptosi per 3-5 giorni; febbre, anoressia, deambulazione rigida con o senza ulcere del cercine coronario. Segnalati infine aborti e infertilità.
Quando la patologia entra in un allevamento colpisce dall’1 al 40% degli animali (nel 50% dei casi il 13% della mandria) con una mortalità che va dall’1 al 10% (nel 50% dei casi riguarda il 4% dell’effettivo).
Fare squadra
La crisi economica, dunque, morde forte sia al di qua che al di là delle Alpi, le epizoozie vanno e vengono e con esse piovono anche le restrizioni sulle movimentazioni di animali vivi.
Un’ulteriore minaccia ai flussi commerciali di bestiame vivo è posta dalla futura legislazione europea sui trasporti animali su gomma, che imporrà viaggi di minor durata e a minor densità di capi. Quale prospettive, dunque, per la filiera italo-francese delle carni bovine?
823mila capi contro poco più di 30mila: sono stati questi, nel 2023, i numeri dell’export francese a confronto con quelli dell’export irlandese A parlarne al convegno di Bardolino sono stati rispettivamente Guillaume Berger, allevatore di Charolais e direttore del famoso Marché de Saint Christophe en Brionnais (sopra), e Sioned Timothy, veterinaria irlandese di Boehringer Ingelheim (sotto)
A Bardolino è stato ancora una volta Carlo Sgoifo Rossi a farsi portavoce degli auspici dei presenti: stante il fatto che i nostri allevamenti di vacche da latte sono già piuttosto sfruttati sotto il profilo della produzione di incroci (anche se non siamo ancora al massimo delle potenzialità), che il patrimonio nazionale di vacche nutrici non è numericamente adeguato (e la politica stenta a investire in questa direzione) e che altri Paesi come l’Irlanda non sembrano offrire un’alternativa consistente, occorre insistere e anzi serrare i rapporti con i nostri cugini d’Oltralpe: stabilire maggiori collegamenti tra gli allevatori delle due sponde, riqualificare la filiera e il prodotto, anche attraverso protocolli condivisi di vaccinazione e alimentazione.
E cercare di pensare in grande, perché la nostra è carne di assoluta eccellenza, al 100% europea.