Soluzioni per l’impiego agronomico del digestato

Il separato solido del digestato ha proprietà ammendanti

Tecnologia

Soluzioni per l’impiego agronomico del digestato

La separazione, con distribuzione della frazione solida e spandimento della componente liquida tramite fertirrigazione, è valida e dà vantaggi economici

La ricerca fonda i propri principi nella valutazione tecnica ed economica di sistemi alternativi di impiego del digestato (ovvero di effluenti zootecnici) a uso agronomico, dopo avere eventualmente attivato i precedenti processi di trattamento prima dell’utilizzo in campo. Pertanto, prima dell’analisi economica è opportuno distinguere quali tecniche di impiego del digestato possono essere utilizzate dall’agricoltore. 
Da recenti e ormai provate esperienze in campo, si può asserire che all’uscita dal digestore è buona norma sottoporre il digestato al processo di separazione solido/liquido, in modo tale da avere due frazioni con caratteristiche e finalità d’uso opposte: la frazione liquida contenente elementi nutritivi in forma più facilmente assimilabile rispetto alle matrici di origine, con caratteristiche similari a un concime a pronto effetto; la frazione solida, nella quale si concentra la sostanza organica non digerita, assume proprietà ammendanti in grado di apportare miglioramenti alla struttura del terreno.
Si ricorda, inoltre, che nelle nuove indicazioni della politica agricola comunitaria, tra le principali priorità si evidenziano:
  • riduzione dei consumi di acqua per le pratiche irrigue;
  • riduzione dei concimi chimici di sintesi, e in particolare, dei composti azotati.
Questo comporta un ulteriore impulso alla ricerca di soluzioni in grado di valorizzare la quota di sottoprodotti presenti in azienda e, specialmente, delle acque utilizzate per i distinti processi aziendali. Inoltre, tra le indicazioni dei nuovi PSR (piani di sviluppo rurale), sembra abbiano un ruolo importante le attività di risparmio energetico e di risorse naturali, opportunamente finanziate da misure e azioni poste a bando dalle singole Regioni.
Il trattamento di separazione adotta tecniche per la concentrazione delle particelle solide in una fase palabile, in modo da rendere la componente liquida più facile da gestire, contenendo la formazione di odori, riducendo la formazione di sedimenti e/o di strati compatti nelle vasche di stoccaggio.
I vantaggi più consistenti si hanno nella gestione del solido separato: questo può essere utilizzato in pre-aratura sui seminativi ed eventualmente destinato agli appezzamenti di terreno più distanti dall’allevamento, con costi e tempi di trasporto minori rispetto al liquame tal quale, principalmente per la concentrazione dell’azoto in percentuale superiore. Infine, la fase separata può essere ceduta ad aziende non zootecniche, come quelle frutticole o viticole, che necessitano di apporti organici.
Nella tabella 1 vengono riportati i dati relativi alle prestazioni di alcuni impianti di separazione. Sono dati orientativi e possono variare notevolmente in relazione alla tipologia di effluente e ai volumi trattati annualmente. I liquami bovini hanno in genere un contenuto di solidi totali più elevato e una frazione di azoto organico maggiore e, pertanto, l’efficienza degli impianti risulta superiore. Le tipologie di separazione differiscono per la modalità con cui il liquame viene convogliato attraverso il sistema filtrante e per il tipo di tecnica adottato.

separazione solido-liquido dei reflui zootecnici
Tab. 1 - Descrizione di tecniche distinte di separazione solido-liquido dei reflui zootecnici
(*) I valori più elevati si ottengono con l’aggiunta di additivi. Fonti: www.ersaf.lombardia.it


 

Fertirrigazione

Considerando che, nella categoria delle pratiche agronomiche sostenibili, si deve ricordare l’uso dei sistemi irrigui per la distribuzione mirata di effluenti organici (di origine zootecnica e da digestione anaerobica), ovvero l’utilizzo della fase liquida separata del digestato, in questa parte del lavoro si forniscono alcune indicazioni su quali possono essere le tecnologie disponibili sul mercato per lo spandimento in campo della fase liquida del digestato.
I sistemi di utilizzo indagati, soprattutto per la fase liquida chiarificata, sono (figura 1): getto; pivot; interramento con botti semoventi; sistema ombelicale; ala gocciolante. Si pone l’attenzione sulle tecniche cosiddette più innovative: pivot e ali gocciolanti.

impiego agronomico del digestato
Fig. 1 - Esempi di tecniche alternative di impiego agronomico del digestato
 

Pivot

Il sistema d’irrigazione a torri semoventi si è diffuso notevolmente negli ultimi anni e permette di fertirrigare in modo automatico grandi superfici agricole con bassi consumi energeticie soprattutto idrici. Nei sistemi d’irrigazione a torri semoventi, si possono distinguere tre tipologie principali:
  • pivot”: le torri si muovono in modo circolare ruotando intorno a un perno centrale;
  • linear”: le torri avanzano insieme in modo rettilineo;
  • sistemi misti “pivot-linear”.
La diffusione dei pivot negli ultimi anni è stata favorita dall’introduzione di tecnologie sempre più sofisticate per il controllo e la gestione dell’irrigazione, come ad esempio: strutture più resistenti, migliori meccanismi di azionamento, quadri elettronici precisi e affidabili che permettono di verificare il buon funzionamento dell’impianto, programmarne la partenza e l’arresto e variare la distribuzione d’acqua in funzione delle zone da bagnare.
I vantaggi nell’utilizzo dei pivot sono sia di tipo economico che di tipo agronomico, tra cui: limitati consumi energetici ed idrici; efficienza pluviometrica intorno al 90%mantenimento dell’equilibrio idrico nel terreno (non si presentano mai situazioni in cui il terreno risulta saturo o asfittico, l’impianto garantisce interventi frequenti e misurati); bassa pluviometria istantanea (l’apporto idrico avviene con piccole gocce distribuite su una grande superficie); non vi è dilavamento del terreno grazie all’assenza di ruscellamento (la bassa pluviometria istantanea favorisce anche nei terreni non pianeggianti l’assorbimento dell’acqua distribuita); l’utilizzo di basse pressioni di esercizio fa sì che l’intero sistema necessiti di ridotte potenze, con un conseguente risparmio dei consumi (normalmente per garantire un apporto idrico giornaliero di 1,0 l/sec/ha - 8,64 mm d’acqua - sull’intera area interessata, l’impianto necessita, secondo le dimensioni dell’appezzamento, di un generatore di potenza pari a 0,4-1,2 kW/ha).
 

Ali gocciolanti

Una tecnica di irrigazione che permette di miscelare acqua di pozzo e digestato, è la fertirrigazione con manichetta, detta anche ala gocciolante, che può essere superficiale o interrata (a volte detta anche sottosuperficiale). L’impianto è caratterizzato dalla presenza di un sistema di pompaggio che miscela, in base a un rapporto di diluizione prestabilito, l’acqua con la frazione liquida di digestato; la miscela viene poi inviata a una stazione di filtrazione e immessa nel collettore principale sul quale si innestano le ali gocciolanti.
L’avvento sul mercato delle ali gocciolanti integrali ha reso possibile l’abbinamento tra una tecnologia molto sofisticata e un’operatività molto semplice nelle operazioni di stesura delle linee gocciolanti. L’elevata uniformità di distribuzione dell’acqua che le ali gocciolanti sono in grado di fornire in ogni porzione dell’impianto, la vasta gamma di distanze dei punti goccia, i vari diametri e le diverse tipologie di erogatori con cui vengono prodotte, sono fattori che stanno sempre più frequentemente orientando gli utilizzatori verso questo tipo di materiali, a discapito di sistemi a goccia con erogatori a inserimento. Dalla semplice stesura delle ali sul terreno si sta passando, in un sempre maggior numero di casi, al loro interramento.
Nella coltura del mais il passaggio graduale dall’irrigazione a pioggia alla goccia sta interessando i maggiori bacini produttivi italiani. Il crescente interesse legato alla produzione di energia dal biogas sollecita il settore alla razionalizzazione.
Negli ultimi anni, in Italia si sono condotte numerose prove produttive con mais gestito tramite l’irrigazione a goccia (figura 2). I risultati acquisiti sono molto buoni e riguardano principalmente l’incremento di rese in termini di produzione lorda vendibile. Le aree coinvolte abbracciano la Pianura Padana fino alla piana pedemontana del Friuli, le aree produttive dell’Emilia-Romagna e diverse aree a vocazione maidicola del Centro-Sud Italia comprese le Isole.

ala gocciolante per mais
Fig. 2 - Esempi di ala gocciolante per mais

L’irrigazione a goccia tradizionale prevede l’uso di ali gocciolanti leggere in superficie; un prodotto solitamente mono-stagionale che ogni anno va ritirato dal campo per essere smaltito. Considerando che il mais è seminato generalmente a 0,75 m di distanza tra le file, le ali gocciolanti saranno poste ogni due file quindi alla distanza di 1,5 m. La distanza tra i gocciolatori normalmente utilizzata è di 0,5 m e la portata di 1,0 litri/ora, ma questi dati possono variare in caso di terreni particolarmente drenanti o, all’opposto, particolarmente pesanti ed argillosi.
Le ali gocciolanti consigliate sono pluristagionali e i gocciolatori sono dotati di sistema anti-sifone per evitare, quando l’impianto si svuota, di risucchiare all’interno del gocciolatore particelle di terreno. Anche in questo caso, come in quello tradizionale il sistema dovrà essere fornito di filtri e idro-valvole di controllo. In questo caso è inoltre consigliata l’applicazione di un contatore volumetrico per il monitoraggio delle portate erogate e dello stato del sistema irriguo stesso.
vantaggi dell’interramento delle ali gocciolanti sono numerosi:
  • elevata efficienza dell’acqua irrigua, per l’annullamento delle perdite per evaporazione dalla superficie del suolo;
  • possibilità di effettuare la fertirrigazione distribuendo il fertilizzante e/o il digestato nella zona maggiormente colonizzata dagli apparati radicali;
  • contenimento dell’umidità al di sotto della vegetazione, con conseguente limitazione delle malattie fungine e dello sviluppo di malerbe;
  • maggiore durata dei materiali per la non esposizione del materiale plastico ai raggi ultravioletti ed alle basse temperature;
  • transitabilità totale dell’appezzamento, anche durante le irrigazioni per tutte le operazioni colturali.


mais

Tra i vantaggi dell’interramento delle ali gocciolanti, vi è anche la limitazione delle malattie fungine



Tecnica tradizionale

Di recente sono stati pubblicati alcuni risultati significativi dedotti da un ricerca condotta in terreni della pianura lombarda presso 12 aziende agricole, dove sono state poste a confronto due tecniche per la coltivazione del mais (si veda per approfondimenti: Bezzi G, Ragazzoni A.: “Digestato: opportunità e vantaggi negli impieghi in agricoltura”, Ed. Informatore Agrario, Verona, 2014).
In primo luogo, l’analisi ha considerato il costo colturale relativo all’adozione della tecnica cosiddetta tradizionale che non adotta il digestato come ammendante agronomico. In particolare, si possono rilevare alcuni interessanti elementi di approfondimento:
  • valori medi. I due valori calcolati si attestano in 2.072 euro/ha (media ponderata) e 2.145 (media aritmetica) per quanto riguarda il costo colturale totale; distinguendo operazioni colturali e materie prime, si rilevano valori medi nel primo caso 1.043 (media ponderata) e 1.085 euro/ha (media aritmetica) e nel secondo caso, tra 616 (media ponderata) e 628 euro/ha (media aritmetica);
  • valori minimi e massimi. Nel campione delle 12 aziende si sono rilevati casi abbastanza difformi di costi; in particolare, per quanto riguarda il costo colturale totale, si è passati da circa 1.750 euro/ha a circa 2.650 euro/ha. Differenze importanti sono confermate sia per le operazioni colturali (valori che variano da 800 a 1.355 euro/ha) sia per l’impiego di materie prime (da 435 a 750 euro/ha);
  • limiti fiduciali. Per l’estrema variabilità registrata nel campione, è sembrato opportuno calcolare i limiti fiduciali statistici inferiore e superiore che, per il costo colturale totale, valgono rispettivamente 1.920 e 2.217 euro/ha. Tale forbice rimane simile sia nel caso delle operazioni colturali (tra circa 940 e 1.145 euro/ha), sia nell’impiego delle materie prime (tra circa 557 e 675 euro/ha) a dimostrazione del fatto che nelle aziende del campione sono adottate tecniche di produzione a diversa intensità colturale, come pure diverse situazioni territoriali e agronomiche.


Tecnica “innovativa”

In secondo luogo, l’analisi ha considerato il costo colturale relativo all’adozione della tecnica cosiddetta innovativa che adotta il digestato come ammendante agronomico. Si possono notare elementi differenti dalla prima tecnica:
  • valori medi. I due valori calcolati sono di circa 1.780 (media ponderata) e 1.830 euro/ha (media aritmetica) per quanto riguarda il costo colturale totale; distinguendo operazioni colturali e materie prime, si rilevano valori medi nel primo caso tra 985 (media ponderata) e 1.018 euro/ha (media aritmetica) e nel secondo caso, tra 380 (media aritmetica) e 384 euro/ha (media ponderata);
  • valori minimi e massimi. Nel campione delle 12 aziende si sono rilevati, come per la tecnica tradizionale, valori abbastanza difformi di costi; in particolare, per quanto riguarda il costo colturale totale, si è passati da circa 1.500 euro/ha fino a 2.350 euro/ha. Le differenze importanti sono confermate sia per le operazioni colturali da 770 a 1.285 euro/ha, sia per l’impiego di materie prime che oscilla tra 90 a 645 euro/ha. Nel caso delle materie prime è molto importante segnalare in alcune aziende la completa sostituzione dei concimi chimici con il digestato, riducendo drasticamente la spesa; ovviamente questo interessante aspetto sarà da verificare negli anni futuri;
  • limiti fiduciali. Per quanto riguarda il costo colturale totale, i limiti fiduciali inferiori e superiori valgono rispettivamente circa a 1.640 euro/ha e circa 1.930 euro/ha. Questo intervallo rimane simile nel caso delle operazioni colturali (tra circa 895 e 1.074 euro/ha), mentre nell’impiego delle materie prime si riscontra l’effetto della significativa differenza tra minimo e massimo che comporta un intervallo fiduciale tra circa 285 e 485 euro/ha e un rispettivo coefficiente di variazione maggiore del 40% a dimostrazione del fatto che nelle aziende del campione l’impiego del digestato a surrogazione dei fertilizzanti chimici ha avuto approcci ed effetti molto difformi. 

costo colturale

Fig. 3 - Confronto tra tecniche colturali: limiti fiduciali e valore medio ponderato



In sintesi

In conclusione, il confronto tra i costi colturali del campione per le due tecniche colturali (figura 3) porta ad alcune considerazioni: 
  • costo colturale totale. Complessivamente nelle prime esperienze di applicazione del digestato in sostituzione dei fertilizzanti chimici, il risparmio sul costo colturale nel complesso si è attestato intorno a 290 euro/ha, pari a circa il 14% per le aziende del campione;
  • costo delle operazioni colturali. Per questo capitolo di costo, il risparmio medio si è attestato intorno a circa 100 euro/ha, indicando due effetti: la riduzione in molti casi della spesa sia della preparazione del terreno sia, ovviamente, della distribuzione dei fertilizzanti di sintesi; un aumento del costo complessivo per l’adozione di tecniche innovative per la gestione del digestato. Il contenimento di spesa si attesta dunque intorno al 9,3%;
  • costo delle materie prime. Da questo capitolo di spesa si attendevano indubbiamente le risposte più interessanti. Infatti, il contenimento della spesa è stato significativo, fino a un valore medio di circa 244 euro/ha. Questo valore medio non è però molto rappresentativo per l’ampiezza dell’intervallo in cui è compresa la quota di spesa per le aziende che adottano la tecnica innovativa (90-645 euro/ha); non è quindi possibile utilizzarlo come riferimento unico. Inoltre è meglio considerare gli intervalli fiduciali; in questo caso l’intervallo che caratterizza la quota di risparmio (differenza tra limiti superiori e inferiori delle due tecniche) è compresa tra 193 e 271 euro/ha che, per definizione, indica che qualunque valore che ricade all’interno può essere considerato valido come indicatore medio.

di Alessandro Ragazzoni - Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari Alma Mater Studiorum Università di Bologna