Lattazioni lunghe, innocue per le mastiti

Il numero di mastiti, cellule somatiche e terapie non dipende dalla lunghezza della lattazione

Salute animale

Lattazioni lunghe, innocue per le mastiti

Lo dimostrano recenti studi scientifici. Ma la strategia della lattazione estesa è conveniente? E come gestire le bovine tardive? Le risposte della bibliografia

La vita in azienda è fatta di scelte. Si devono scegliere gli animali, gli alimenti, le semine, i fornitori, il caseificio o la latteria a cui conferire, gli additivi e le terapie. La lista è sicuramente molto lunga e ciascuna di queste scelte avrà un impatto più o meno diretto sulla produttività e quindi sul bilancio economico.
L’esperienza e gli errori in cui si è incorsi in passato hanno sicuramente un peso specifico importante. Basandoci sulla nostra o sull’altrui esperienza possiamo scegliere e orientarci quando si opta per una soluzione rispetto ad un’altra. Più esperienza maturiamo, o maggiore è l’esperienza dei consulenti a cui ci si affida, e minori dovrebbero essere gli errori.
Il quadro è confortante, ma sicuramente il rischio è quello di evitare sempre e a prescindere i cambiamenti poiché si è sempre fatto in questo modo e sostanzialmente è sempre andata bene.
 

Apertura alle novità

E se provassimo a cambiare qualche scelta? Magari sotto la guida del proprio consulente e magari con il supporto di una buona dose di ricerche e letteratura? La ricerca tra i suoi vari scopi si prefigge anche di rappresentare una fonte di ispirazione e di fungere da “paracadute” per nuove scelte. In quest’ottica il quadro diviene subito molto più dinamico ed interessante e ci invoglia magari a rischiare qualcosa in più.
Tra i vari dogmi della moderna produzione di latte si è soliti ripetere come le bovine risultino produttive qualora producano un vitello all’anno ovvero quando i cicli produttivo e riproduttivo si alternano ed intersecano nello spazio dei 365 giorni. Per ottenere ciò, l’allevatore si pone come obiettivo di fecondare le bovine in modo tale che rimangano gravide tra il 60 ed il 90 giorno dal parto. Se le bovine non rimangono gravide questo rappresenta un problema, ma nasconde il fatto che esistono “altri problemi” che prevengono tale risultato. Potrebbero essere problemi di salute uterina o metabolici, carenza di energia, presenza di alterazioni ormonali o del ciclo ovarico.
Si potrebbe pertanto invertire la logica sintetizzando come la ritardata fecondazione rappresenta un problema anche se in realtà le bovine non si fecondano proprio perché esiste un problema a monte.
Ma proviamo a cambiare prospettiva ed a chiederci: cosa succederebbe ad una bovina sana se la fecondazione avvenisse ben più in ritardo di quanto ci si prefigge e questo fosse dovuto non ad un insuccesso fecondativo, ma ad una nostra specifica scelta? A questa domanda se ne accompagna una seconda: se si decidesse di allungare il periodo di attesa volontario per permettere alle bovine di recuperare condizione corporea o risolvere alcuni problemi dell’apparato riproduttivo tale scelta, sarebbe in grado di ripagare il tempo? Programmare una fecondazione “ritardata” potrebbe rappresentare un guadagno anziché un tempo perso e risultare più produttiva rispetto ad ostinarsi a provare a fecondare le bovine in tempi precoci?

lattazione lunga, inseminazione ritardata, mastite
Potrebbe essere utile una selezione delle pluripare da sottoporre a lattazione estesa sulla base dei dati produttivi delle lattazioni precedenti e di parametri metabolici quali IGF-1 e NEFA
 

Unità complesse

La risposta a queste domande è estremamente difficile poiché sono molteplici gli elementi che concorrono a definire l’economicità dell’animale: produzione, qualità del latte, produzione del vitello, terapie, presidi di prevenzione quali le vaccinazioni, l’efficienza alimentare legata allo stadio fisiologico, solo per citarne alcuni. In sintesi, aspetti produttivi e sanitari, i quali si intersecano fra loro e compongono la vita di un animale estremamente longevo e lento nel ciclo produttivo (se paragonato a un suino o a un pollo). Inoltre la valutazione del beneficio globale necessita di valutazioni che si estendano a tutta la vita produttiva dei soggetti e non può basarsi solo sugli effetti di una o due lattazioni.
Fortunatamente la ricerca ci aiuta e su alcune riviste scientifiche di spicco hanno cominciato ad apparire non solo ricerche, ma anche metanalisi tese a rispondere a tali quesiti.
Il punto di partenza di tutti gli studi è il concetto che la lattazione della bovina può essere prolungata oltre i 305 giorni standard grazie ad una ritardata inseminazione, il che porta gli animali ad avere un intervallo parto concepimento allungato. I primi esperimenti a tal riguardo sono iniziati nei primi anni ’90 e successivamente sono stati effettuati anche ampi studi in azienda dove le bovine sono state sottoposte ad una prima inseminazione tardiva. Tutti questi studi ovviamente escludevano animali con fecondazione tardiva per motivi di salute.
In sostanza dall’analisi di tutti i dati appare chiaro come la strategia di estendere la lattazione tenderà a diminuire il numero dei parti in azienda nel corso dell’anno e anche dei momenti-problema (quali mastiti, patologie podali, problemi metabolici ad inizio lattazione). In tale scenario appare evidente come tutto ciò potrebbe favorire la longevità e l’economicità della bovina nell’intero ciclo produttivo. Esiste inoltre una lunga lista di potenziali risparmi legati all’inseminazione tardiva ed alla relativa lattazione estesa o prolungata che ne deriva. Tra i principali citiamo: la riduzione dei costi di inseminazione, la diminuzione dei costi veterinari e la riduzione dei costi per l’accrescimento delle manze. Non va dimenticato che dopo l’alimentazione il costo della produzione delle manze è il principale a pesare sull’economia dell’intera produzione di latte (Bach et al., 2010).
 

Effetti sulla produzione

Gli animali moderni sono indubbiamente super-produttivi ma il risultato è che sono divenuti anche più delicati e meno fertili nel corso degli anni. Sono due i fattori che compongono la produzione di latte totale: il livello del picco di lattazione e la persistenza dei livelli produttivi.
Quando si adotta la strategia della lattazione estesa la bovina viene inseminata in un momento in cui il bilancio energetico è maggiormente favorevole e potrà in seguito venire asciugata quando la mammella produce meno latte. A ciò va aggiunto il fatto che quando la bovina è gravida, questo stato di per sé riduce la persistenza nella produzione di latte e ciò è particolarmente evidente nell’ultimo trimestre di gravidanza.
Le ricerche dimostrano come gli animali in prima lattazione sono in grado di produrre di più se sottoposti a lattazione estesa, mentre nel caso delle pluripare questo non si realizza su tutti i soggetti. Potrebbe essere pertanto utile una selezione degli individui da sottoporre a tale strategia attraverso i dati produttivi delle lattazioni precedenti e parametri metabolici quali l’IGF-1 ed i NEFA.
La possibilità di ottenere migliori dati produttivi applicando una inseminazione ritardata ed una conseguente lattazione estesa unitamente però ad una grande variabilità individuale nei risultati, indica come esista la potenzialità di sviluppare metodi di selezione dedicati alla gestione di tali animali.

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Alcune ricerche dimostrano come con lattazioni estese il latte tenda ad avere una maggiore resa in formaggio
 

Salute mammaria

Studi recenti (Niozas et al. 2019; Auldist et al. 2010) mostrano come non vi siano differenze nella salute della mammella se la lattazione viene prolungata sino ai 18 mesi, e questo vale sia per le primipare che per le multipare. Il numero di mastiti, cellule somatiche e terapie è identico indipendentemente dalla lunghezza della lattazione.
Ma gli studi mostrano anche altri dati. Per esempio se si prolunga la lattazione si tende ad avere una concentrazione maggiore di grasso e proteine ed un rapporto caseina/proteine che tende a rimanere uguale e questo nella seconda parte di una lattazione lunga 22 mesi rispetto ad animali con lattazione di 10 mesi. Questo si è tradotto in una maggiore attitudine casearia del latte con maggiore resa in formaggio. Questi dati sono stati recentemente riconfermati da altri due studi (Maciel et al., 2016 e 2017) con lattazione a 18 mesi. La spiegazione risiederebbe non tanto nella distanza dal parto, quanto piuttosto dallo stadio di gestazione. Analogamente alla caseina anche altre proteine quali la K-caseina, la alfa-lattoalbumina sono risultate aumentate, mentre la beta-lattoglobulina e altre caseine (αS1-CN) sono diminuite.

di Andrea Roberti