La durata dell’asciutta? Tra i 50 e i 60 giorni

Gestione mandria

La durata dell’asciutta? Tra i 50 e i 60 giorni

Un gruppo di ricercatori italiani ha recentemente pubblicato uno studio sull’intervallo ideale per il periodo improduttivo delle bovine. Sono stati tra i primi a riportare dei dati misurati nei nostri allevamenti e i risultati rappresentano una guida per la gestione di questa delicata fase

 

Rispettare la durata ideale della fase di asciutta è il punto di partenza per assicurare la salute e le performance delle nostre bovine nel corso della loro carriera produttiva. In questo periodo, infatti, il tessuto mammario va incontro a rigenerazione e le risorse metaboliche vengono ricostituite. E affinché questi processi possano completarsi nel migliore dei modi è necessario individuare il corretto intervallo di tempo, misurato in giorni, che deve necessariamente intercorrere tra una lattazione e quella successiva. Quando mettere in asciutta le bovine è infatti una decisione strategica, che porta a ripercussioni sulla salute e sulla produttività della mandria.

Qualche numero: “La durata del periodo di asciutta - spiega Marcello Guadagnini, International Technical Manager di Axiota Animal Health – è un tema ancora piuttosto dibattuto. Ecco perché insieme ad altri ricercatori, tra cui Paola Amodeo, Dairy Science Specialist, Agostino Bolli di Alta Italia, Filippo Biscarini e Paolo Moroni dell’Università di Milano, abbiamo deciso di indagare sulla correlazione tra i giorni di asciutta e alcuni parametri quali la produzione di latte, le performance riproduttive e il tasso di riforma delle bovine. Per farlo ci siamo avvalsi del software gestionale Dairy Comp 305® di ciascuna delle 62 aziende prese in esame, e abbiamo estrapolato i dati relativi a poco meno di 50mila animali appartenenti ad allevamenti distribuiti tra Nord, Sud e Centro Italia. Abbiamo utilizzato questi dati storici per identificare i benefici o gli effetti negativi di diversi intervalli di durata dell’asciutta. I risultati sono stati pubblicati in un recente articolo sul Journal of Dairy Science”.
E le conclusioni a cui i ricercatori sono arrivati possono essere così riassunte: la durata ideale della fase di asciutta è l’intervallo di tempo compreso tra i 50 e i 60 giorni. Quanti più animali avranno questo intervallo, tanto più sarà possibile ottimizzare la produzione di latte senza tuttavia compromettere la fertilità e la permanenza dell’animale in stalla.

 

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Lo studio condotto dai ricercatori italiani ha messo in evidenza come un’asciutta più breve contribuisca a ridurre la produzione di latte di circa 6 quintali nel corso dell’intera lattazione

 


Strategie gestionali

Ecco allora che per assicurare alle bovine l’intervallo ideale di sospensione della mungitura, occorre calcolare la durata media della gestazione per ciascun gruppo di lattazione e successivamente pianificare il momento più idoneo per iniziare le procedure della messa in asciutta. Tuttavia, per correggere il tiro, può essere utile mettere in atto alcuni accorgimenti: “In alcuni casi, di fronte a una produzione di latte elevata, la tentazione di accorciare il periodo di asciutta è forte. Ma grazie a quanto riportato nello studio possiamo comprendere quanto ciò sia negativo, soprattutto se portato agli estremi. Dall’altro lato, possiamo trovare bovine asciugate prematuramente con periodi di asciutta prolungati, soprattutto in quei soggetti con una scarsa persistenza della curva di lattazione o con problematiche di salute mammaria o di fertilità. Considerata la ridotta sopravvivenza dei soggetti riscontrata nello studio, sarà dunque necessario mettere in atto una serie di strategie gestionali di medio-lungo periodo, volte a ridurre il numero di soggetti che presentano tali problematiche”.
Il risultato? Una ripresa più efficiente dopo il parto, a cui segue anche maggior ritorno economico per l’allevatore. Ma anche una minore variabilità nei giorni di asciutta tra i diversi animali della mandria, che si traduce in una semplificata gestione aziendale. 
“Un periodo di asciutta inferiore a 40 giorni o superiore a 70 - aggiunge Guadagnini - è in grado di compromettere l’entità della produzione di latte. È stato osservato che già scendendo al di sotto dei 50 giorni di asciutta si verifica una significativa perdita di produzione di latte nella lattazione successiva, fino ad arrivare a 6 quintali persi per le bovine con meno di 60 giorni. Non solo: quando la vacca viene asciugata per meno di 40 giorni o per più di 60 giorni, l’allevatore riscontrerà una maggiore difficoltà a fecondare con successo l’animale nei 200 giorni successivi al parto. Senza considerare che il tasso di riforma precoce sale circa del 50% nelle bovine che hanno appena superato un’asciutta inferiore a 40 o superiore a 70 giorni”.

 

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I dati analizzati sono stati raccolti da 65 allevamenti italiani di medie dimensioni e gli animali oggetto di studio erano principalmente di razza Holstein, ma anche Jersey e Bruna, oltre agli incroci

 

Dati italiani

“Se prima di questo studio - conclude Guadagnini - avevamo come riferimento i canonici 60 giorni come periodo ideale per l’asciutta, oggi abbiamo a disposizione informazioni più precise. Un range che offre anche la possibilità all’allevatore di avvicinarsi di più ai 50 o ai 60 giorni a seconda degli obiettivi aziendali. Dall’altra parte disponiamo per la prima volta di uno studio condotto in Italia su questa tematica e i cui dati sono quindi la reale rappresentazione delle realtà aziendali del nostro territorio. Non solo per l’ampio numero di capi presi in esame, ma anche perché gli allevamenti in considerazione, localizzati lungo tutto lo Stivale, presentavano diversi sistemi gestione, alimentazione e di mungitura. Il nostro obiettivo era infatti quello di creare uno strumento che fornisse informazioni utili agli allevatori italiani allo scopo di prendere decisioni ponderate in merito alla gestione di uno tra i periodi più critici dell’allevamento da latte”.

 

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Il periodo di asciutta ottimale, quello compreso tra 50 e i 60 giorni, è correlato positivamente con le performance produttive e riproduttive