Manze, i traguardi da raggiungere

Gestione mandria

Manze, i traguardi da raggiungere

È necessario un protocollo di monitoraggio della crescita, messo a punto sulla base di definiti target biometrici in relazione alle diverse fasi di allevamento e all'età

 

ll moderno allevamento da latte mira ad avere manze che partoriscano, per prima volta, almeno a 24 mesi di età, in modo da  anticipare il loro rendimento economico. Questa scelta è più che comprensibile se si considera che, ad un tasso di rimonta variabile tra il 20% e il 50%, i costi da sostenere per l’allevamento del giovane bestiame ammontano al 10-25% del totale dei costi aziendali. Inoltre, bisogna tenere presente l’aspetto produttivo: tanto più è elevata l’età al primo parto, tanto minore è la produzione di latte in prima lattazione. Conseguire questo obiettivo comporta, però, il raggiungimento di alcuni requisiti morfologici ritenuti irrinunciabili affinché i risultati tecnici ed economici dell’allevamento siano soddisfacenti. L’approccio tecnico nel gestire la crescita delle vitelle e delle manze implica l’adozione di un protocollo di monitoraggio, redatto basandosi su precisi target di parametri biometrici in relazione ai diversi momenti del ciclo di allevamento e delle diverse età degli animali.

Ciò permette di impostare e attuare un ottimale programma di inseminazione artificiale che valorizzi le manze: infatti, questi animali costituiscono una potenzialità spesso inespressa per mantenere alta la riproduzione aziendale perché sono più fertili e, non sviluppando il calore metabolico generato dalla produzione di latte, soffrono meno lo stress da caldo durante l’estate contribuendo, così, a circa il 35% del totale delle gravidanze.

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L’allevamento delle manze deve mirare ad avere animali il cui sviluppo corporeo consenta il primo parto a 24 mesi (foto Mattia Olivari)

 

Che cosa controllare?

I parametri da monitorare, registrare e valutare nell’insieme per stimare la modalità e l’entità della crescita scheletrica, muscolare e della deposizione di grasso corporeo sono:

1) il peso vivo: è il parametro più usato, ma non deve mai essere disgiunto dal rilevamento degli altri parametri perché, da solo, non riflette in modo esaustivo lo stato nutrizionale degli animali. Per la Frisona il peso alle diverse età è espresso in percentuale (tabella 1) di quello all’età matura (MBW – Mature Body Weight), ossia a 3 anni, il cui valore oscilla tra i 640 kg e gli 820 kg, ma si adotta un dato medio di 680 kg.

 

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Le manze devono essere pesate tutte, una volta al mese, nello stesso giorno e nello stesso momento della giornata (a digiuno) per annullare l’effetto dovuto al riempimento dell’apparato digerente che può falsare il calcolo dell’incremento ponderale medio giornaliero (I.P.M.G.). La pesatura si esegue con una bilancia elettronica (metodo più accurato) posizionata in un punto facile da gestire oppure impiegando un ipometro oppure, magari non senza qualche difficoltà e imprecisione, mediante un nastro centimetrato per la circonferenza toracica: esiste una correlazione tra la circonferenza toracica e il peso vivo dell’animale (tabella 2);

 

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2) l’altezza al garrese e della groppa: si rilevano con un bastone centimetrato. I valori dell’altezza della groppa si possono facilmente stabilire aggiungendo 5 cm ai valori standard dell’altezza al garrese riportati in una qualsiasi tabella di riferimento;


3) il BCS: si stima avvalendosi dell’apposita scala ai cui punteggi corrisponde anche lo spessore del grasso sottocutaneo dorsale (RFD), come indica la tabella 3.

 

Tabella 3x.png

 

La tabella 4 riassume i dati biometrici per la razza Frisona, alla quale si riferisce questo articolo. Chiaramente, in un grosso allevamento, pesare e misurare tutte le manze può rivelarsi un’operazione proibitiva: perciò, è possibile ovviare al problema monitorando solo un limitato numero (10-20) animali assicurandosi, però, che siano rappresentativi dell’intero gruppo e che, ad ogni controllo, siano monitorati sempre gli stessi soggetti.

 

Tabella 4.png

 

Quali fasi monitorare?

La raccolta e la registrazione dei dati deve essere eseguita per le seguenti fasi del ciclo di allevamento.

Fase 1: dalla nascita allo svezzamento. Il peso alla nascita della vitella non dovrebbe essere inferiore a 40-42 kg senza superare, però, i 45 kg; in percentuale, il peso vivo al giorno 0 deve essere pari al 6,5% del MBW. L’altezza al garrese deve, invece, raggiungere almeno i 76 cm. In questa prima fase, l’obiettivo minimo per l’I.P.M.G. da prefiggersi è di 700-800 g con un valore ottimale compreso tra i 750 e i 900 g/giorno; un tasso di accrescimento superiore a 800 g/giorno, tra il 12° e il 65° giorno di vita, aumenta la probabilità della primipara di raggiungere la seconda lattazione. Inoltre, una differenza di I.P.M.G. pari a 450 g nei primi due mesi determina un incremento produttivo di 385 kg di latte in prima lattazione e, complessivamente, di 988 kg nelle prime tre lattazioni. Non solo, ma uno spiccato accrescimento giornaliero nella fase di allattamento esercita un influsso positivo sul raggiungimento dell’età alla pubertà, in misura maggiore rispetto ad un accrescimento accelerato nel periodo pre-pubere. Durante la fase di pre-svezzamento l’accrescimento della mammella è di tipo isometrico, cioè è proporzionale all’accrescimento corporeo e un elevato I.P.M.G. non compromette lo sviluppo mammario, anzi aumenta significativamente il parenchima ghiandolare.

Fase 2: dallo svezzamento ai 6 mesi. Allo svezzamento (50-60 giorni) le vitelle devono avere raddoppiato il loro peso e, cioè, pesare almeno 80 kg o raggiungere un peso corrisponde al 12,8% del MBW. Questa fase può essere suddivisa in due periodi caratterizzati da altrettanti obiettivi di accrescimento:

- da 61 a 120 giorni di età con I.P.M.G. di 1 kg;
- da 121 a 180 giorni di età con I.P.M.G. di 0,9 kg.

Sebbene al 5° mese gli animali debbano raggiungere i 150 kg di peso vivo e un’altezza al garrese pari a 100 cm, tuttavia bisogna però prestare attenzione perché dal 3°- 4° mese un I.P.M.G. superiore a 800 g può alterare lo sviluppo del parenchima mammario favorendo la deposizione di tessuto adiposo che causa una riduzione del tessuto ghiandolare, con la conseguente compromissione della futura capacità produttiva dell’animale.
Nel periodo tra il 3° e il 5° mese dopo lo svezzamento bisogna favorire la crescita scheletrica, muscolare e della mammella considerando che lo sviluppo scheletrico è più precoce rispetto a quello muscolare: prima della pubertà si realizza l’80% dell’accrescimento osseo e solo il 50% di quello muscolare. La crescita scheletrica è pari a 5 cm al 2° mese di vita e decresce progressivamente fino a 1 cm/mese nella fase post-puberale, mentre il tasso giornaliero di deposizione corporea delle proteine (160 g) e dei minerali (42 g) diminuisce a partire dal 3° mese.
Dalla nascita al primo parto l’altezza al garrese dovrebbe aumentare da 76 cm a 137-140 cm con un incremento minimo di 61 cm: il 50% è raggiunto nei primi 6 mesi di vita, il 25% dai 6 ai 12 mesi e il restante 25% dai 12 ai 24 mesi. Il BCS ottimale dei soggetti dai 3 mesi alla pubertà è pari a 2-2,75 con un valore medio di 2,5. A 6 mesi di età, le manze dovrebbero pesare 200 kg, cioè il 30% del MBW.

 

Verso la pubertà

Fase 3: dai 6 mesi alla pubertà. Nei bovini, le manze raggiungono la pubertà tra i 9 e i 12 mesi di vita in funzione non dell’età, bensì del peso vivo. L’età ottimale per il raggiungimento della pubertà nelle manze delle razze da latte, e della Frisona in particolare, è di 10 mesi con un peso vivo corrispondente al 40-50% (mediamente 45%) dell’MBW. Tuttavia, alcuni autori considerano quale obiettivo per il peso corporeo a questa età un valore di 250-280 kg e, cioè, il 45% del peso al 1° parto. Comunque, nel periodo compreso tra i 6 mesi e la pubertà, l’I.P.M.G. deve essere di 750-800 g: un accrescimento giornaliero inferiore a 400 g e superiore a 800 g determina una riduzione della produzione di latte dal 10% al 40% nell’intera carriera produttiva dell’animale, ma più consistente in prima lattazione. Inoltre, un elevato accrescimento favorisce l’infiltrazione di tessuto adiposo nel parenchima ghiandolare diminuendo la percentuale di cellule epiteliali con conseguente compromissione dello sviluppo mammario. A questo proposito non bisogna dimenticare che l’inizio dell’attività ovarica corrisponde ad un accrescimento allometrico della mammella che aumenta il proprio volume in misura superiore alla massa corporea.

Fase 4: dalla pubertà alla prima inseminazione. Per una buona fertilità il BCS per tutta questa fase deve essere pari a 2,75-3 e associato ad un I.P.M.G. di 800 g: un accrescimento superiore a 900 g/giorno riduce le performance in prima lattazione. Al momento della prima inseminazione le manze devono avere un’età compresa tra i 12 e i 15 mesi (mediamente 13 mesi, se l’obiettivo è avere degli animali che abbiano un’età al 1° parto di 23-24 mesi), con un peso vivo tra i 330-360 kg e i 390-400 kg, ossia il 55-60% del MBW, associato ad un BCS non superiore a 3,5 (il range è di 2,75-3,75). L’altezza al garrese deve raggiungere almeno i 125 cm, mentre l’altezza della groppa deve essere pari a 130-132 cm. Non solo, ma gli animali devono già presentare una buona profondità addominale.

Fase 5: dal concepimento al primo parto. Dopo una diagnosi di gravidanza positiva e fino alla fase di close-up (21 giorni prima del parto), quando cambierà la razione somministrata, la gestione alimentare delle manze deve essere volta ad evitare di far ingrassare le manze. Il peso corporeo al momento del concepimento è più importante di quello al primo parto, tuttavia, il peso vivo al parto influisce significativamente sulla produzione di latte: è dimostrato (Bach e Ahedo, 2008) che per ogni 70 kg di peso vivo raggiunti al 1° parto, l’aumento atteso della produzione in prima lattazione è pari a 770-1.000 kg. Inoltre, poiché nella primipara la capacità di ingestione della sostanza secca è correlata positivamente con quella al termine della prima gestazione e con il corrispondente peso vivo, è evidente che un più elevato peso vivo al primo parto indica una altrettanto maggiore capacità di ingestione accompagnata da una riduzione della mobilizzazione delle riserve corporee durante la prima fase di lattazione e da un aumento produttivo. Perciò, dai 14 ai 24 mesi, l’I.P.M.G. deve aggirarsi tra gli 800 g e i 900 g (prestare la massima attenzione ad evitare gli ingrassamenti perché tra il 16° e il 17° mese la deposizione di tessuto adiposo raggiunge anche i 200 g/giorno!) in modo da far sì che, prima del parto, le manze pesino tra i 600 kg e i 665 kg (mediamente 620-635 kg). Al parto, l’espulsione del vitello, della placenta e dei liquidi fetali determina un calo del peso corporeo della primipara di circa l’11% portando il peso dell’animale a 550-570 kg, ossia l’82-85% del MBW. Il BCS ottimale è di 3,5, ma può essere compreso tra 3,25 e 3,75 senza, però, superare il 4: un BCS superiore a 4 predispone all’insorgenza della chetosi, della dislocazione abomasale, delle infezioni uterine e mammarie, oltre ad una limitata ingestione alimentare. È importante misurare la superficie dell’area pelvica: deve essere almeno di 260 cm² per limitare la difficoltà di parto, fattore predisponente alla comparsa delle malattie metaboliche e per prevenire la scarsa fertilità e la riduzione della longevità funzionale. Le altre misure corporee correlate positivamente con la produzione di latte sono l’altezza al garrese e l’altezza della groppa che, nella manza al momento del parto, devono essere rispettivamente di 140 e 145 cm.

I target dopo il primo parto. La bovina completa il proprio sviluppo corporeo raggiungendo, al secondo parto, un peso vivo pari al 92% del MBW, traguardo che l’animale raggiunge pienamente solo al terzo parto. A 5-6 anni di età la vacca adulta pesa mediamente 91 kg in più rispetto ad una primipara, con un’altezza al garrese superiore di 5-7,5 cm.

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Al primo parto la superficie dell’area pelvica deve essere almeno pari a 260 cm² (foto Mattia Olivari)

 

Investire nella capacità gestionale

Le linee guida fornite nel presente articolo costituiscono il minimo indispensabile per gestire la crescita e la riproduzione del giovane bestiame, ma l’allevatore dovrebbe sviluppare, con il supporto del veterinario e del nutrizionista, un programma più completo che permetta di ottenere i parametri di riferimento e una curva di crescita specifici per la propria mandria.
Il confronto tra i dati ottenuti con il lavoro nella realtà in cui si opera, i valori di riferimento presenti nella letteratura specializzata e una curva standard, offre l’entusiasmante possibilità di mettere a punto un programma gestionale più ambizioso che stimoli a lavorare in team con ancora più entusiasmo per ottimizzare la salute, l’alimentazione, la riproduzione e, quindi, la redditività delle manze.

di Mattia Olivari – Tecnico allevamenti bovini, Bergamo