Sane da giovani, redditizie da adulte

Gestione mandria

Sane da giovani, redditizie da adulte

Investire nella vitellaia conviene? Lo abbiamo chiesto allo staff manageriale di Agrisfera, storica cooperativa di Sant’Alberto (Ra) oggi attiva nel comparto del latte bio. Una realtà in continua crescita che negli ultimi anni, con l'aiuto di Emilcap, ha rivoluzionato il proprio modo di gestire la rimonta

“Eravamo nella primavera del 2019, avevamo da poco finito di installare tutti e 8 i robot di mungitura, e la mandria si stava progressivamente adattando al nuovo regime. È stato allora che ci siamo resi conto che in vitellaia la mortalità stava andando fuori controllo, per cui insieme ai nostri consulenti di Emilcap siamo subito corsi ai ripari. Rinnovando le strutture, ma più che altro la gestione dell’intero reparto”.

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Nelle stalle del centro aziendale Marcabò di Agrisfera vengono munte, in prevalenza al robot, circa 500 vacche

Va subito al punto Giovanni Giambi, direttore generale di Agrisfera, quando passo dopo passo ripercorre la lunga sequenza di investimenti che dal 2010 ad oggi hanno portato al pieno rilancio questa storica cooperativa agricola del ravennate, la cui produzione di latte è passata dai 28.000 quintali/anno del 2007 agli attuali 60mila (previsione a fine 2021), superando per altro in scioltezza una conversione a biologico (nel 2016). Dopo l’acquisizione di un avanzato software gestionale (2010), la ristrutturazione dei capannoni per le vacche adulte (2013) e la costruzione della nuova stalla per le manze (2017), è stata infatti la volta dell’acquisto e del “collaudo” dei robot (2017-2018) e infine del rinnovamento della vitellaia (2019). “Qui in Agrisfera – osserva Giambi – vogliamo affidarci esclusivamente alla rimonta interna, per cui un’adeguata gestione dei giovani animali è fondamentale per portare al parto manze di qualità, e più in generale ai fini dell’efficienza produttiva dell’allevamento”.

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Giovanni Giambi, direttore generale di Agrisfera
 

Area svezzamento

I lavori di ristrutturazione hanno interessato in particolare la stalla adibita allo svezzamento dei vitelli, che prima dell’estate del 2019 altro non era che un ricovero al chiuso, concepito e costruito in passato per la suinicoltura (in particolare, per ospitare le gabbie di svezzamento dei suinetti) e successivamente riadattato per i giovani bovini. Oggi la nuova struttura dà ricovero ai vitelli di età compresa tra i 30 e i 90 giorni, omogeneamente distribuiti nei 4 grandi box su lettiera in paglia da circa 16 capi cadauno; un efficiente sistema di ventilazione mista, forzata e naturale, provvede al ricambio d’aria, all’allontanamento delle mosche e alla mitigazione del microclima, ma gli animali dispongono anche di ampi paddock all’aperto, opportunamente ombreggiati, dove trascorrere le lunghe giornate estive.

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Il mangime starter è costituito da materie prime biologiche ed è integrato con olii essenziali ad azione coccidiostatica

“In questa stalla – osserva Giovanni Guadagni, il buiatra che segue l’azienda – la situazione era diventata drammatica, con mortalità elevate e soprattutto elevate percentuali di scartini, soggetti la cui carriera produttiva è irrimediabilmente segnata. Adesso, grazie non soltanto alle modifiche strutturali, ma anche agli interventi di natura alimentare, nonché alla messa a punto dei protocolli operativi e alla responsabilizzazione del personale dedicato, la situazione si è normalizzata. Le malattie sono sotto controllo, e parlo sia delle patologie a carico dell’intestino, quanto delle forme respiratorie, per cui gli animali rispondono anche meglio al piano vaccinale”.

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L’ex porcilaia, ristrutturata di fresco, dove oggi sono stabulate le vitelle in svezzamento

E sono le nostre guide all’interno dell’azienda, Federica Poggiolini di Agrisfera e Alice Rosati di Emilcap, a segnalarci quali sono state le modifiche gestionali introdotte dopo il rinnovamento strutturale: “per ciò che riguarda l’alimentazione lattea – spiega Federica – abbiamo abbandonato le lupe artificiali, e siamo tornati al classico milk taxi e ai secchi multipli modello milk bar”. E indicando una serie di fogli affissi al muro, “in ogni momento – sottolinea – il personale addetto alla vitellaia può consultare, oltre al protocollo operativo concordato insieme, anche il piano alimentare, dove sono specificati i quantitativi di latte intero pastorizzato da distribuire ai vitelli nei due pasti giornalieri, dal primo giorno di vita fino allo svezzamento”.

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Il veterinario aziendale Giovanni Guadagni

A completare la dieta ecco “Vitelli Cox”, il mangime in pellet firmato Emilcap contenente materie prime biologiche ed olii essenziali a funzione coccidiostatica, ma anche un po’ dell’unifeed a secco della fase successiva e l’acqua degli abbeveratoi. “Il mangime starter viene offerto ad libitum – osserva Alice Rosati – ed oltre ad essere finalizzato al contenimento delle enteriti protozoarie, è determinante per favorire il corretto sviluppo del rumine e la crescita del vitello. A tale scopo, esso contiene un 25% di amidi, un 18% di proteina grezza e un 8-9% di fibra”.

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Fin dalla nascita l’acqua viene considerata un alimento prezioso
 

Primo mese di vita

Usciamo dalla struttura e ci imbattiamo subito nei grandi box multipli prefabbricati dove vivono alcuni gruppi di 7-8 vitelle, di età compresa tra gli 8 e i 30 giorni di vita. “Anche questa – ci spiega Federica – è una novità su cui abbiamo investito, nel senso che fino a poco tempo fa i vitelli passavano direttamente dalle gabbiette singole dei primi giorni di vita ai box di gruppo dell’area svezzamento. Aggiungendo questo step intermedio, in cui i vitelli vengono allevati in gruppi ristretti, ci accorgiamo prima di eventuali patologie respiratorie, e anche questo, alla fine, ci sta permettendo di contenere la mortalità neonatale”.

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Le gabbie prefabbricate dove vengono allevati i gruppi ristretti di vitelle tra gli 8 e i 30 giorni di vita

Oltre al latte, all’acqua e al già citato Vitelli Cox” offerto ad libitum, in questa fase i giovani animali dispongono anche di un po’ di fieno macinato (“come esca per il mangime” suggerisce Federica) e di qualche balla di paglia a duplice scopo, ricreativo e a protezione dai venti.

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Oltre ad essere un gradito arricchimento ambientale, i balloni di paglia offrono anche riparo nelle giornate più ventose

Ci spostiamo infine in direzione della nursery, strategicamente collocata di fronte ai box dove partoriscono le bovine. Qui, all’interno delle classiche gabbiette individuali, accorpate due a due e intercomunicanti l’una con l’altra, vivono i vitelli nella prima settimana di vita. “Anche in questo reparto – osserva Federica – abbiamo provveduto ad alcuni interventi strutturali per favorire le operazioni di pulizia e di disinfezione. Ma più che altro abbiamo cambiato i protocolli operativi, in particolare quello di colostratura”. “Ci siamo accorti – spiega infatti Alice – che i colostri stoccati in azienda, con cui venivano nutriti i neonati, avevano concentrazioni piuttosto basse di immunoglobuline; in più il metodo di stoccaggio era errato (bottiglie di plastica che portavano a mal conservazione del colostro, ora siamo passati a sacche specifiche per la conservazione) e soprattutto la quantità fornita al primo pasto era insufficiente, solamente 1,5 litri: appunto una bottiglia scongelata di colostro. A quel punto abbiamo cambiato registro: adesso le madri vengono sistematicamente vaccinate in asciutta contro gli agenti dell’enterite neonatale; tutti i colostri vengono subito testati con il rifrattometro e a seconda della concentrazione anticorpale vengono classificati come colostri di prima o di seconda qualità, e questi ultimi vengono tenuti nella banca del colostro soltanto come riserva; su ogni busta di colostro vengono segnati a pennarello l’identificativo della madre, la data di mungitura e la categoria qualitativa. Ma l’aspetto fondamentale è che appena possibile i neonati vengono nutriti tramite sonda esofagea con 3 o 4 litri di colostro, e a 48 ore di vita andiamo a verificare su un campione di vitelli come è stata realmente effettuata la colostratura: preleviamo il sangue, lo centrifughiamo e andiamo a quantificare con il rifrattometro il tenore di immunoglobuline. Il nostro Gold standard? 9,4 gradi Brix”. Non solo: il personale è tenuto a compilare un apposito registro in cui vitello per vitello vengono segnati parametri fondamentali come quantità e qualità del colostro somministrato, ed eventuali malattie sviluppate.
 

Risultati eclatanti

La cura descritta in queste pagine sembra aver dato i suoi frutti, a giudicare da quanto raccontano le statistiche aziendali (tabella 1 e grafici 1-4).

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“Nel 2019, quando abbiamo preso a mano la rimonta – sottolinea Alice Rosati – la priorità era riuscire a limitare la mortalità alla nascita, o perinatale, e la mortalità neonatale, cioè tra la nascita e lo svezzamento. A questo scopo, abbiamo proceduto per gradi: insieme al personale di Agrisfera abbiamo subito concordato i nostri obiettivi annuali per il 2020; essendo riusciti a centrarli, per il 2021 abbiamo concordato obiettivi ancora più ambiziosi".

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Da sinistra: il responsabile tecnico di Agrisfera, Federica Poggiolini, insieme ad Alice Rosati, consulente tecnico vitellaia di Emilcap

"Attualmente, a parte sporadici episodi di malattia respiratoria nei primi mesi dell’anno, le patologie e la mortalità neonatale sono sotto controllo; stiamo inoltre affrontando alcune problematiche legate alla criptosporidiosi, che nei mesi di aprile e maggio hanno portato ad un aumento di mortalità marcato. I vitelli stanno già eseguendo una terapia specifica e le feci vengono monitorate rigorosamente grazie al veterinario e a Federica; in più adesso verrà introdotto anche un protocollo con prodotti specifici per la detersione e la disinfezione delle strutture, proprio per agire in prevenzione su tutti i fronti. Comunque penso che anche quest’anno centreremo il nuovo target”.