Insilato di frumento, un'opzione da considerare

Il cereale bianco può essere raccolto nell’intervallo di maturità lattea e cerosa

Gestione mandria

Insilato di frumento, un'opzione da considerare

Si può utilizzare come parziale sostituto del silomais, ma in funzione di qualità e disponibilità dei due foraggi, e delle strategie colturali dell’azienda

La modalità più economica di produrre latte è produrre i propri foraggi e possibilmente produrli in modo che risultino di alta qualità. In razione questi hanno un costo che spesso non viene considerato, ma il loro valore è impagabile grazie agli aspetti energetici e alla possibilità di programmarne la qualità. Chi li produce in azienda potrà inoltre cercare di mitigare le problematiche quali le contaminazione da muffe e micotossine attraverso adeguate pratiche colturali.
In molte parti del mondo ad elevata produzione zootecnica il foraggio maggiormente utilizzato è l’insilato di mais. Questo vale sia per gli Stati Uniti che per l’Italia. Tuttavia è noto come la rotazione con colture quali i cereali bianchi o il trifoglio sia in grado di mitigare le erosioni e l’impoverimento del suolo durante i periodi incolti.
La preservazione della fertilità del suolo è fondamentale per mantenere un’elevata produttività e quindi ai fini della sostenibilità economica. Le colture complementari al mais hanno anche il vantaggio di ottimizzare l’utilizzo degli spandimenti zootecnici effettuati in autunno riducendo in tal modo le perdite di nitrati. Ciò avviene quando si applica la strategia del doppio raccolto la quale può portare, secondo dati provenienti dall’Università della Pennsylvania, a un aumento di sostanza secca per ettaro pari a 4,5-6,5 tonnellate. Tutto questo è a scapito di una leggera diminuzione della resa in insilato di mais, stimata dal 10% sino al 20%.
Tutto ciò fa nascere spontanea la domanda se l’insilato di grano possa essere una valida alternativa anche parziale al classico insilato di mais. Come reagiranno le bovine? Calerà il latte?
Esistono diverse situazioni, specialmente legate ad alcuni periodi dell’anno, per cui l’insilato di grano può rappresentare un’opportunità tecnico/economica in sostituzione di quello di mais. I principali vantaggi e svantaggi dell’utilizzo dell’insilato di grano sono riportati in tabella 1.

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Sempre sovrapponibili?

La ricerca ci viene in supporto di tali domande poiché la rotazione delle colture nei campi è classica, così come la rotazione delle materie prime in funzione del loro costo momentaneo. Molti studi effettuati in Gran Bretagna (condotti tra il 1998 ed il 2005) hanno mostrato come la produzione di latte rimanesse identica in bovine a cui veniva somministrato insilato di mais o di grano raccolto dopo lo sviluppo del chicco. È chiaro che se si paragona l’insilato di mais con quello di grano utilizzato in questi studi, il contenuto in amido del grano risultava superiore a quello del mais per chilogrammo a causa della minore porzione vegetativa della pianta. Con l’aumentare dell’età della pianta, aumenta in entrambe le colture la fibra e quindi la digeribilità tende a diminuire. Risulta pertanto importante determinare il preciso momento in cui si dovrà raccogliere la pianta al fine di massimizzarne il contenuto energetico proveniente sia dagli amidi che dalla fibra, senza al contempo penalizzare la sostanza secca totale raccolta per ettaro e bilanciando l’“optimum” sia per il mais che per il grano nel caso si opti per un doppio raccolto annuale.
In fin dei conti le nostre bovine non mostreranno preferenze per la tipologia di insilato (sia esso di mais o di grano), ma hanno piuttosto la necessità di coprire i loro ingenti fabbisogni di energia ed aminoacidi a fronte di una limitata capacità di ingestione. Tutto ciò senza incorrere in pericolosi scivolamenti verso patologie quali l’acidosi o la chetosi, la cui presenza può mettere a serio repentaglio la salute del singolo individuo e talvolta dell’intera mandria.
Ecco pertanto che la risposta alla domanda “l’insilato di mais e l’insilato di grano sono sempre sovrapponibili?” risiede nella quantità e nella qualità degli alimenti in razione. Tale quesito dovrà essere pertanto riformulato come segue: quando possiamo sostituire un insilato di mais con certe caratteristiche con l’insilato di grano? E quanto serve di quest’ultimo e quali caratteristiche deve possedere?

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L’insilato di frumento può rappresentare un paracadute nel caso si dovesse finire anzitempo l’insilato di mais dell’anno precedente e il nuovo mais non fosse ancora pronto
 

Quando il mais scarseggia…

Uno studio condotto da Harper et al. (2019) ha messo in evidenza come la sostituzione del 10% della sostanza secca in razione derivante dal mais (44% della sostanza secca derivante dall’insilato di mais) con una corrispondente quantità proveniente da grano era in grado di produrre la stessa ingestione, ma determinava un leggero calo di produzione (41,4 vs 42,7 kg di latte per bovina) durante il periodo di prova. Anche i solidi del latte tendevano a diminuire leggermente. L’insilato di grano conteneva la stessa quantità di amido dell’insilato di mais (circa 35%). Tali risultati potevano essere spiegati da una leggera diminuzione della digeribilità totale della dieta all’inserimento dell’insilato di grano. Inoltre con l’utilizzo del cereale bianco si otteneva un aumento dell’escrezione di urea nelle urine, un aumento dell’urea nel latte ed una efficienza dell’azoto inferiore.
Tale studio pertanto evidenzia come il principale vantaggio per l’utilizzo dell’insilato di grano sia la possibilità di produrlo in azienda in coltura doppia con il mais al fine di ottenere una maggiore produzione di foraggio per ettaro di superficie. La produzione e la qualità del latte vengono tuttavia penalizzate. Tale strategia potrebbe pertanto avere senso solo se si valuta il costo della razione ed in caso di una carenza di insilato di mais. In tale scenario l’insilato di grano risulterebbe una buona scelta perché più economico del mangime.

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In caso di carenza di insilato di mais, può essere valutato l’impiego di insilato di grano perché più economico del mangime
 

Superflua la macinazione

Lo studio sopraesposto ha valenza in relazione alla composizione dell’insilato, soprattutto per ciò che riguarda il contenuto e la digeribilità dei nutrienti. Questi a loro volta dipendono in maggior parte dallo stadio di maturità alla raccolta. A tal proposito un altro studio recente (Randby et al., 2019 ) ha voluto valutare quale fossero gli effetti dell’insilato di grano a due diversi stati di maturità sulle performance delle bovine da latte. Inoltre tale studio ha voluto anche valutare quale fosse l’effetto della macinazione successiva all’insilamento sulla digeribilità dell’amido.
I ricercatori hanno pertanto insilato il grano a due stadi maturità: lattea (ED) (33,4% di sostanza secca e 11% amido) e cerosa (SHD) (43,2% di SS e 25,4% di amido) e li hanno insilati per 5 mesi in balle fasciate. A fine insilamento metà dell’insilato di ciascun gruppo è stato somministrato tal quale o dopo essere stato macinato in un mulino a martelli nel tentativo di diminuire la granulometria dei chicchi e quindi la digeribilità dell’amido. La dieta era costituita da insilato di grano ad libitum e 7,5 kg di mangime.
Le bovine da latte hanno consumato in media 14,1 kg di sostanza secca proveniente dall’insilato di grano, ma 0,6 kg in più di insilato SHD e 0,4 kg in più di insilato macinato rispetto a quello non macinato. Tuttavia non sono state dimostrate differenze significative sulla digeribilità. La quantità di proteina e lattosio prodotte al giorno è stata superiore, mentre la quantità di latte ha dimostrato una tendenza all’aumento con l’insilato macinato nel gruppo ED. Nessuna differenza nel gruppo SHD nonostante la maggiore ingestione.
Tale studio risulta interessante poiché testimonia come l’insilato di grano possa essere raccolto nell’intervallo di maturità lattea e cerosa senza che questo necessiti di ulteriori trattamenti per aumentare la digeribilità dell’amido, che risulta totalmente digeribile.
 

Conclusione

Alla domanda se sia meglio usare solo insilato di mais o combinarlo con una parte di insilato di grano la risposta è semplice: dipende. Dipenderà infatti dalla disponibilità dei due foraggi, dalla loro qualità e dalle scelte non soltanto zootecniche, ma anche colturali dell’azienda. Quello che rimane importante è tuttavia assicurare una buona salute dei due foraggi attraverso una buona fermentazione guidata da inoculanti etero-fermentativi per aumentare la digeribilità dell’amido e per limitare gli ammuffimenti.

di Andrea Roberti