Insilamento? È tutta questione di microbiologia

L’insilamento ha trasformato il modo di alimentare i ruminanti, consentendo di conservare a lungo i foraggi

Gestione mandria

Insilamento? È tutta questione di microbiologia

La regolazione delle fermentazioni dipende dai microrganismi che vivono sulla pianta e da quelli aggiunti con gli inoculi microbici. La parola a Lallemand

I principali elementi che influenzano le fermentazioni del foraggio sono gli zuccheri solubili, il potere tampone (proteine) e la sostanza secca.
• Gli zuccheri sono il substrato fondamentale per la fermentazione, ma vengono utilizzati sia dai microrganismi utili (lattobacilli), sia da quelli dannosi (enterobatteri, lieviti, ecc.). Per una fermentazione ideale, è necessario che gli zuccheri solubili contenuti nel foraggio, vengano utilizzati dai batteri lattici per essere convertiti in acido lattico, elemento fondamentale per l’abbassamento del pH.                   
• Il potere tampone, strettamente correlato al contenuto proteico dei foraggi, costituisce invece un ostacolo all’acidificazione. Infatti, con un elevato potere tampone è necessaria una produzione di acido lattico molto più elevata per abbassare il pH ad un livello adeguato. Foraggi ad alto contenuto proteico sono maggiormente a rischio di sviluppare microrganismi deterioranti, in particolar modo i clostridi. Le leguminose sono un esempio di foraggio ad elevato potere tampone.
• La sostanza secca che dipende della maturazione del foraggio al momento della raccolta, influisce sulla proliferazione e l’attività dei diversi microrganismi, in particolare di quelli deterioranti. È infatti noto che un’elevata umidità del foraggio favorisce lo sviluppo di clostridi, lieviti e coliformi. Al contrario, un contenuto elevato di sostanza secca può portare problemi di instabilità aerobica.
Oltre a questi tre elementi chiave, è necessario conoscere i microrganismi che sono naturalmente presenti sui foraggi e la loro influenza (positiva o negativa sulle fermentazioni), e inoltre, capire come gli inoculi microbici siano in grado di migliorare la qualità degli insilati.
 

La stabilità aerobica di un insilato

Questo parametro si misura in base a quanto tempo intercorre da quando un insilato è esposto all’aria (apertura del silos) a quando inizia a scaldare. I principali responsabili del riscaldamento dell’insilato sono i lieviti lattatofermentanti, i quali convertono l’acido lattico producendo CO2, calore ed altri composti. L’attività di questi microrganismi porta ad elevate perdite. Mediamente dal 10 al 20% delle perdite di SS di un insilato sono dovute all’instabilità aerobica. Inoltre, il consumo di acido lattico provoca il rialzo del pH, favorendo così lo sviluppo di muffe e altri microrganismi.
 

Presenze naturali

Al momento della raccolta, sui foraggi convivono numerose specie di microrganismi sia aerobi (prevalenti) sia anaerobi. Secondo Lin et al. (1992) la popolazione epifitica dominante è rappresentata da enterobatteri, lieviti e muffe che a seconda della coltura foraggera, si attestano intorno ai 105 e 107 UFC/g foraggio. Vi sono anche lattobacilli (LAB, lactic acid bacteria), Pediococchi e Leuconostoc ad una concentrazione che varia tra 103 e 104 UFC/g. Tra i lieviti le specie più frequenti sono Candida, Pichia ed ovviamente Saccharomyces. I lattobacilli, al momento della raccolta sono numericamente inferiori rispetto agli altri microrganismi, e sono composti principalmente da Enterococcus spp., Lactobacillus spp., Pediococcus spp., Streptococcus spp. e Weissella spp.
Degni di nota sono anche i clostridi (Clostridium butyricum, Cl. sporogenes, Cl. perfringens) presenti naturalmente nel terreno e che possono contaminare i foraggi, alterando le fermentazioni, degradando il contenuto proteico e riducendo il valore nutrizionale.
 

Lattobacilli per l’insilamento

I batteri lattici (LAB) sono batteri Gram positivi (anaerobi stretti o talvolta facoltativi) che producono acido lattico e altri composti volatili a partire dagli zuccheri presenti. I LAB vengono suddivisi anche in base al loro metabolismo in: omolattici ed eterolattici (stretti o facoltativi). Gli omolattici, come il Pediococcus acidilactici e Pediococcus pentosaceus, sono in grado di convertire gli zuccheri solubili esclusivamente in acido lattico, fondamentale per l’abbassamento del pH e per il controllo dei microrganismi indesiderati.
Sono molto efficaci nel controllo delle fermentazioni dei foraggi a ridotto contenuto di SS e/o con un elevato potere tampone. Inoltre gli omolattici, da un punto di vista tecnologico, possono essere ulteriormente suddivisi, in: “starter” iniziano molto velocemente le fermentazioni fino ad abbassare il pH intorno al 45 (es. P. pentosaceus) oppure “finisher”, i quali, crescendo meglio a pH bassi, proseguono la fermentazioni fino ad un pH 3.8 o inferiore ( es. L. plantarum).

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I lattobacilli eterolattici invece hanno un metabolismo più complesso, in quanto convertono gli zuccheri solubili in acido lattico e altri composti:  principalmente acido acetico e anidride carbonica. Tra questi microrganismi il più conosciuto è certamente il Lactobacillus buchneri. Scoperto più di 20 anni fa, questo batterio è in grado di convertire, parte dell’acido lattico prodotto, in acetico ed 1,2-propandiolo: due metaboliti ad elevata attività antifermentativa, in grado di ridurre significativamente la carica di lieviti e muffe, migliorando la stabilità aerobica (Muck, 2010). Inoltre, esistono anche gli eterolattici facoltativi che a seconda delle condizioni in cui si trovano, possono convertire il loro metabolismo da omolattico (esclusiva produzione di acido lattico) a metabolismo eterolattico, producendo etanolo, acido acetico e CO2. un esempio di questa categoria è rappresentato dal L. plantarum.
 

Quali lattobacilli utilizzare

Tutti i lattobacilli sono adatti all’insilamento, ma devono essere scelti in base alla tipologia di foraggio, alle problematiche di fermentazione e stabilità ad esso correlate.
• Per i foraggi particolarmente umidi e/o con elevato tenore proteico (leguminose) è necessario utilizzare un inoculo microbico composto batteri omolattici, per abbassare rapidamente il pH, evitando così un’intensa degradazione proteica (perdita di valore nutrizionale) e per ridurre la crescita di coliformi e clostridi. In foraggi particolarmente umidi e difficili, è auspicabile l’utilizzo sia di omolattici “starter” sia “finisher”. L’utilizzo di soli lattobacilli omolattici, invece non è indicato nel caso di foraggi secchi. Infatti un’eccessiva produzione di acido lattico, può risultare controproducente per la stabilità della trincea. Come descritto precedentemente, l’acido lattico in esubero verrà di metabolizzato dai lieviti lattatofermentanti, causando il deterioramento del foraggio e perdita del valore nutrizionale.
• Per foraggi con SS superiore al 30%, soggetti a problemi di instabilità aerobica, invece è particolarmente vantaggioso utilizzare batteri eterolattici. I lattobacilli eterolattici, hanno un metabolismo meno efficiente, consumano 1-2% in più di SS rispetto ad un batterio omolattico, in fermentazione. Ma riducendo significativamente la carica di lieviti e muffe, riducono le perdite di SS totali, rispetto ad un insilato non trattato o trattato con un solo batterio omolattico.
Per i foraggi con un contenuto di SS superiore al 30% e con problemi sia fermentativi sia di instabilità aerobica (es: cereali autunno-vernini) è necessario utilizzare una miscela di omolattici ed eterolattici per avere efficacia nel controllo delle fermentazioni in fase di chiusura e durante il normale utilizzo.

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Il positivo ruolo dei lattobacilli è indiscusso, ma non tutti i lattobacilli sono uguali e performanti allo stesso modo

Tra tutti i batteri precedentemente elencati è necessario però approfondirne l’efficacia, che è correlata alla tipologia di foraggio da trattare, al dosaggio di applicazione (UFC/g foraggio trattato) ed al ceppo di appartenenza.
Infatti per identificare un microrganismo, vengono utilizzati il genere (Lactobacillus), la specie (buchneri) ed il ceppo (NCIMB 40788), una combinazione di lettere e numeri, che permette di diversificare i batteri all’interno della stessa specie. Due ceppi diversi della stessa specie, possono avere un’efficacia diversa per quanto riguarda fermentazione e stabilità aerobica.
Il positivo ruolo dei lattobacilli è indiscusso, ma non tutti i lattobacilli sono uguali e performanti allo stesso modo
A tal proposito il L. buchneri NCIMB 40788, il batterio eterolattico maggiormente studiato e supportato da ricerche scientifiche, ha dimostrato di essere significativamente efficace e consistente nel garantire la stabilità aerobica. È stato riportato in diverse prove scientifiche come, il L. buchneri NCIMB 40788, sia in grado ridurre le perdite di SS grazie ad un miglioramento del profilo fermentativo ed alla riduzione della carica di lieviti e muffe (Da Silva et al., 2018; Szusc et al., 2012; Kristensen et al., 2010).
Recentemente è stato brevettato e registrato un nuovo batterio eterolattico molto veloce, il Lactobacillus hilgardii CNCM I-4785. Usato in combinazione con il L. buchneri NCIMB 40788, si ottiene un’azione sinergica che migliora ulteriormente la stabilità aerobica e permette di utilizzare l’insilato trattato dopo 15 giorni di fermentazione.
 

Insilati, clostridi e formaggi

L’applicazione delle buone pratiche di insilamento unito all’utilizzo di un inoculo appropriato è sicuramente un metodo di lavoro virtuoso che non solo può portare al miglioramento dell’efficienza aziendale ma anche ad una migliore salubrità dei prodotti animali. Ad esempio i clostridi e gli enterobatteri, oltre ad influenzare la salute e le performance produttive degli animali, possono contaminare il latte, e causare problemi durante la produzione di formaggi, aumentando il rischio di difetti quali occhiature, gonfiore ed odori indesiderati. Oltre alle buone pratiche di gestione della lettiera, della mungitura e della razione per ridurre la presenza di clostridi, trattare gli insilati con L. buchneri permette di ridurre significativamente la presenza di spore clostridiche nel foraggio, evitando così la contaminazione del latte.
A tal proposito, Tabacco et al., nel 2009, hanno dimostrato come l’insilato di mais trattato con L. buchneri NCIMB 40788 (Lallemand Animal Nutrition) permetta di evitare lo sviluppo di spore di clostridi successivamente all’esposizione all’aria, grazie ad una migliore stabilità aerobica rispetto all’insilato non trattato o trattato con L. plantarum (Grafico 2). Pedroso et al (2010), invece hanno dimostrato come l’utilizzo di L. buchneri NCIMB 40788 previene la ricolonizzazione di E. coli O157:H7, sul fronte dopo l’apertura dell’insilato. A questo punto sorge una domanda spontanea: i batteri lattici aggiunti all’insilati possono influenzare le fermentazioni dei formaggi? Un recente lavoro Gagnon et al. (2020) ha studiato la presenza e l’abbondanza della popolazione di LAB nel latte di massa in funzione dei foraggi insilati utilizzati per l’alimentazione delle vacche da latte. I ricercatori hanno potuto dimostrare come dei 471 differenti LAB isolati nel latte di 24 allevamenti diversi, solo 27 erano correlati con gli insilati utilizzati per l’alimentazione delle vacche. Non solo, i ricercatori hanno indagato l’utilizzo di inoculi microbici commerciali, dimostrando che i ceppi di L. buchneri contenuti nei formulati commerciali non sono stati rilevati nel latte di massa. In conclusione la ricerca conferma che l’uso del L. buchneri negli insilati non contamina il latte.

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La costruzione della qualità

Per la realizzazione di un insilato di qualità è fondamentale seguire le buone pratiche di insilamento, volte a compattare e sigillare nel modo più efficiente possibile il foraggio. Come si è visto però, il passaggio da foraggio fresco ad insilato avviene ad opera della microflora epifitica che può essere utile o dannosa.
Per evitare che prevalgano i microrganismi dannosi, è consigliabile l’utilizzo di inoculi microbici al momento della raccolta.
Gli inoculi sono specifici e vanno scelti in base alla tipologia di foraggio. In particolar modo per migliorare la stabilità aerobica e ridurre le perdite di sostanza secca, devono essere utilizzati batteri scientificamente approvati, come il L. buchneri NCIMB 40788, e Lactobacillus hilgardii CNCM I-4785.

Articolo a cura del Servizio Tecnico Lallemand. La bibliografia è a disposizione degli interessati.