Consanguineità: punto tutto sui “fuorilinea”

Molti centri di FA sempre più spesso evidenziano con un logo i tori fuorilinea o “outcross”

Gestione mandria

Consanguineità: punto tutto sui “fuorilinea”

La consanguineità ha un costo, ma avere in stalla i tori “top” porta anche vantaggi. Ecco perché gli allevatori amano i tori outcross, sino a un certo punto...

Per toro fuorilinea o outcross si intende un riproduttore discendente da linee genetiche scarsamente utilizzate e che per questo motivo può essere utilizzato su una fetta molto ampia della popolazione senza creare un livello di consanguineità superiore al 6,25%. Questo dato è ovviamente calcolato sulla base di valutazioni fatte a livello generale sulla popolazione dalle organizzazioni che si occupano di stimare indici genetici e genomici. In Italia sono le Associazioni nazionali di razza a fornire ai centri di FA insieme all’indice genomico anche un’indicazione del livello medio di parentela di un soggetto con la popolazione. Un dato che consente di conoscere di un riproduttore non solo il suo valore genetico, ma anche la sua “distanza” dagli antenati più comuni e di poterlo etichettare in modo oggettivo come toro fuorilinea o outcross e come tale identificarlo poi anche sui cataloghi o sul materiale promozionale. Allo stesso modo le organizzazioni canadesi e americane forniscono l’informazione ai centri di FA che operano sul loro territorio e poi esportano in tutto il mondo.
Generalmente questi tori hanno un valore genetico inferiore a quello dei tori ai vertici delle classifiche, questo significa che nella maggior parte dei casi utilizzare tori fuorilinea permette di rallentare l’aumento di consanguineità in azienda, rinunciando però ad una porzione di miglioramento genetico. Perché allora li si dovrebbe utilizzare?

tori fuorilinea, tori outcross
Si può calcolare parentela e consanguineità genomica solo fra soggetti che siano stati sottoposti ad un test del Dna
 

Gli effetti della consanguineità

I soggetti consanguinei hanno un patrimonio genetico più uguale fra loro rispetto ai soggetti non consanguinei. Questa aumentata omozigosi può nascondere piccoli difetti genetici che provocano la perdita di funzioni che sono importanti per la normale vitalità dell’individuo. Nei casi più estremi si verifica la comparsa di malformazioni e difetti di origine genetica come BLAD, CVM, il più recente HCD o altri difetti indentificati attraverso aplotipi che influenzano il corretto funzionamento dell’apparato riproduttivo. In altre parole la consanguineità mette a rischio il potenziale risultato dell’azione di selezione, nei casi estremi con la perdita dell’animale, in media con piccoli effetti che ne influenzano le performance complessive. L’effetto generale della consanguineità (inbreeding in inglese), viene chiamato “depressione da consanguineità”, può essere misurato. Leroy ha pubblicato nel 2014 su Animal Genetics un sommario di 57 studi effettuati sulla consanguineità sia su bovini da latte che su altre specie.

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La depressione da inbreeding in media provoca una riduzione dello 0,137 % della media del carattere per ogni punto percentuale di aumento di consanguineità.
Per caratteri produttivi (latte, grasso, proteina e cellule), la depressione è molto più marcata che per tutte le altre categorie di caratteri. L’impatto economico complessivo della consanguineità, inoltre, può essere molto significativo perché gli effetti sui diversi caratteri si accumulano fra loro. Per capire un po’ meglio, nella Frisona, stante un aumento della consanguineità per anno intorno allo 0,13, la depressione da inbreeding stimata è intorno ai 4,8 kg: il altre parole il miglioramento effettivamente realizzato invece di 100 kg all’anno come atteso è soltanto di 95,2 kg.
 

Monitorare l’inbreeding

Il profilo genetico allevamento, disponibile per tutti gli allevamenti iscritti, è un buon strumento per monitorare il livello e l’andamento della consanguineità nella propria azienda: in esso vengono riportati il livello di consanguineità di vacche, manze e vitelle e la distribuzione della mandria per classi di consanguineità. Il piano di accoppiamento offerto da Anafij alle aziende iscritte è lo strumento che oggi consente il controllo più accurato della consanguineità: permette di evitarla negli accoppiamenti e anche di scegliere i tori meno consanguinei con la propria mandria tenendo conto di tutte le generazioni anche per via femminile.
I piani di accoppiamento offerti dai centri di FA che siano diversi da quello Anafi utilizzano tutte le generazioni conosciute per i tori, ma solo padre e nonno per via materna e quindi la loro stima della consanguineità prevista nella progenie non ha lo stesso livello di accuratezza e potrebbe risultare sottostimata. I tori definiti outcross costituiscono una risorsa preziosa per gli allevatori per tenere sotto controllo gli effetti deleteri legati all’aumento di omozigosi. Selezionare oggi i tori outcross per i propri accoppiamenti può aiutare ad ottenere un livello di consanguineità nelle vitelle inferiore di quasi l’1% rispetto all’utilizzo dei tori medi disponibili sul mercato.
Il piano di accoppiamento Anafi ha un ulteriore elemento rispetto agli altri proprio perché è in grado di accedere a tutte le genealogie di manze e vacche dell’azienda. E questo consente di specificare il peso da dare alla consanguineità nella scelta dei tori.
Lavorare in fase di selezione per ridurre e controllare l’aumento di inbreeding significa ottenere, per ogni 1% di riduzione della consanguineità, un piccolo aumento di produzione, una piccola riduzione del livello di cellule, dell’intervallo fra i parti e tra parto e concepimento (Tabella 1). Sono piccoli numeri, ma su una stalla di 100 vacche possono fare la differenza.

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Nella Frisona, a fronte di un aumento della consanguineità per anno intorno allo 0,13, la depressione da inbreeding stimata è intorno ai 4,8 kg
 

Fuorilinea rispetto a cosa?

Negli Stati Uniti è possibile consultare l’elenco dei tori più imparentati o meno imparentati con la popolazione sulla pagina web di CDCB dedicata alla consanguineità (https://queries.uscdcb.com/eval/summary/inbrd.cfm?R_Menu=HO#StartBody). La differenza media in termini di consanguineità attesa nella progenie tra i migliori ed i peggiori è di circa l’1,5-2%.
Come dice il titolo stesso della pagina, il dato è riferito a tutta la popolazione ed è influenzato dal numero di figlie di una certa linea, presente nella popolazione intera. Quando si lavora a livello di una singola azienda però la situazione potrebbe non essere la stessa. Se in una stalla, infatti, per le ragioni più diverse una certa linea, pur popolare, non è mai stata troppo utilizzata, la parentela media di un toro proveniente da quella famiglia, su quella specifica mandria potrebbe essere molto diversa da quella che ha con la popolazione.
Questo vale anche per il bollino di outcross presente su un catalogo. Il suo essere outcross è riferito ad una media di popolazione (quella Usa nel caso dei tori americani sui cataloghi americani, che non è identica a quella italiana, per esempio o quella italiana nel caso dei tori italiani dei centri di FA italiani), ma potrebbe non esserlo così tanto per una specifica azienda così come un toro considerato non fuorilinea potrebbe esserlo. Utilizzare tori che vengono da altre popolazioni (francese, tedesca o nordica) dà più opportunità di selezionare tori provenienti da linee poco usate in Italia perché meno targate “Nord America”, ma ovviamente il loro valore genetico è spesso lontano dall’alta classifica.

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L’impiego di tori fuorilinea permette di rallentare l’aumento di consanguineità in azienda, rinunciando però ad una porzione di miglioramento genetico
 

Consanguineità da pedigree e genomica

Fra i tori, che oggi sono tutti genotipizzati, e le bovine il cui Dna è stato testato, è possibile misurare una livello di consanguineità più preciso e specifico a livello individuale. La genomica inoltre consente di distinguere la consanguineità “antica” cioè ereditata da antenati lontani e che ha avuto il tempo di essere “purificata” dai geni difettosi attraverso la selezione naturale da quella “recente”. Quest’ultima è quella più dannosa perché all’interno di quelle aree di DNA identico ereditato dai parenti stretti possono più facilmente nascondersi difetti genetici importanti. Fra i tanti figli di uno stesso toro non tutti ereditano lo stesso 50% di DNA e di conseguenza alcuni di essi possono risultare più consanguinei di quanto atteso in base all’analisi del pedigree ed altri meno. Ovviamente si può calcolare parentela e consanguineità genomica solo fra soggetti che siano stati sottoposti ad un test del Dna. Questa è la ragione per cui ancora oggi il metodo più utilizzato per calcolare la consanguineità tra due soggetti è quello che utilizza le informazioni anagrafiche (il pedigree), perché è un dato disponibile su tutti i soggetti della popolazione al contrario di quelle genomiche.Consanguineità da pedigree e consanguineità genomica sono simili, ma non identiche nel loro valore.
Nella tabella 2, qui sotto, riportiamo il dato dei tori meno consanguinei con la popolazione Usa pubblicati sul sito del Council of Dairy Cattle Breeding (Cdcb), l’organizzazione responsabile delle valutazioni genetiche e genomiche degli Stati Uniti. Una cosa che subito si nota è che la consanguineità genomica ha sempre un valore più elevato rispetto a quella calcolata attraverso il pedigree. Questo è confermato anche dai dati pubblicati da Canadian Dairy Network (oggi Lactanet), l’omologa organizzazione che opera in Canada. Anche la consanguineità attesa nella progenie è, quindi, mediamente più elevata se calcolata a livello di genomica. Questo succede perchè la genomica punta a selezione i soggetti che dai genitori hanno ereditato i geni “buoni”, quelli cioè che più migliorano i caratteri di interesse. È questo che indirettamente fa sì che vengano selezionati gli individui più simili fra loro a livello di DNA, il che rende più probabile che abbiano ereditato geni identici per discendenza (= maggiore consanguineità).

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Selezionare tori outcross

Uno dei modi per essere sicuri di utilizzare tori outcross rispetto alla propria mandria è utilizzare il piano di accoppiamento Anafi. Nella sua versione web (il servizio WAM) consente, in fase di definizione dei tori, di ottimizzare il PFT, lo IES o l’ICS-PR, assegnando una determinata importanza alla consanguineità, specificando un peso che va da 0 (nessuna importanza) a 100 (il 100% di importanza).
La variabile a cui dare peso nella finestra di riferimento si chiama CAM (Consanguineità attesa mandria). In Figura 1, nella pagina successiva, è riportato un esempio dei risultati ottenibili scegliendo i tori (in questo caso solo italiani, ma il meccanismo è lo stesso anche utilizzando tutti i tori) cercando di scegliere i migliori per indice economico IES nel primo caso senza dare importanza alla consanguineità e nel secondo caso dandogli la massima priorità. La differenza di consanguineità media fra un gruppo e l’altro di tori è di 0,5 punti percentuali che non è tantissimo, ma nemmeno pochissimo. Questo risultato ha un “prezzo” in termini di risultato genetico: la media dei tori selezionati è di 224 euro in carriera in meno rispetto alla opzione CAM=0. Ne vale la pena? Dipende da quanto può incidere sulla mandria avere meno depressione da consanguineità. Una volta utilizzato il toro fuorilinea in quella mandria, infine, la sua linea genetica sarà meno outcross per i futuri accoppiamenti.

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Vantaggi e svantaggi

Il numero dei tori outcross sul mercato è piuttosto limitato. Una delle ragioni di questa situazione è che nessuno dei centri di FA ha interesse a mettere sul mercato tori fuorilinea che non siano in grado di competere a livello genetico con gli altri. Questo accade perchè è difficile che gli allevatori acquistino un toro outcross se non ha i “numeri”. La consanguineità quindi continua ad aumentare perchè la corsa a quegli stessi numeri fa sì che i tori ai vertici delle classifiche diventino sempre più uguali. Negli Stati Uniti è stato fatto un curioso esperimento andando a recuperare vecchie linee genetiche dimenticate e quasi scomparse dai pedigree Usa per provare attraverso ET e OPU a verificare la loro competitività. I risultati del lavoro presentati al convegno annuale dell’American Dairy Science Association hanno mostrato che con gli investimenti adeguati si può arrivare comunque a buoni livelli genetici (non certo tali da essere nella top 100 ovviamente).
Quindi la domanda è sempre la stessa: se ciò che si perde in progresso genetico non viene più che compensato dal quello che si guadagna in termini di minore “depressione” della funzionalità generale il gioco non vale la candela. Fino a prova contraria.

di Fabiola Canavesi