Prove tecniche di sostenibilità

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Prove tecniche di sostenibilità

Bruxelles investe nel progetto Mats per indagare l’impatto delle norme che regolamentano il commercio internazionale sul tema della sostenibilità. Ne abbiamo parlato con Mari Carlson dell’Università di Helsinki, coordinatrice del gruppo di lavoro internazionale


Non è semplice capire di cosa di occupi il progetto europeo Mats, anche perché a prima vista sembra che siano solo elucubrazioni teoriche, molto lontane dalla nostra vita reale. Ma Mari Carlson, coordinatrice di Make Agricultural Trade Sustainable, la pensa diversamente e pensa che non si possa raggiungere una vera sostenibilità senza che le norme che regolamentano il commercio internazionale siano orientate a raggiungere gli stessi obiettivi.


Mari, gli scambi generati dal settore agroalimentare rappresentano una notevole percentuale del commercio mondiale e la Ue è il principale attore del comparto. Con il progetto Mats Bruxelles vuole rendere anche gli scambi più sostenibili, un obiettivo certamente impegnativo. Con che strumenti l’Unione europea vuole mettersi in gioco?

 

“La materia è complessa e il nostro progetto nasce per costruire connessioni sostenibili fra il mondo delle produzioni agrozootecniche, l’impianto normativo, nonché i sistemi che regolamentano i mercati internazionali e gli scambi nel settore agroalimentare. Ci interessa infatti comprendere come questi aspetti solo apparentemente teorici e astratti impattino sul benessere di chi produce alimenti e delle loro comunità. Grazie a queste informazioni, svilupperemo linee guida per indirizzare nella giusta direzione le politiche commerciali. Mats vuole anche contribuire ad una ulteriore inclusione degli agricoltori, degli allevatori e di tutti gli altri attori della filiera agroalimentare in indagini che vanno ad analizzare la loro vita quotidiana. In questo momento le prospettive sono molto ampie, visto che al nostro progetto partecipano ben 14 partner che collegano il mondo della ricerca a quello produttivo sia nell’Unione europea che in Africa e persino in Sud America. Le ricerche che portiamo avanti sono supportate da 15 casi studio, a livello locale nelle regioni interessate dal progetto. Da tutto ciò è chiaro quanto spazio di miglioramento ci sia sotto il profilo della sostenibilità, potendo studiare un tema complesso come quello del commercio agroalimentare internazionale sotto prospettive diversissime fra loro.

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Mari Carlson, coordinatrice del progetto Mats, ha alle spalle una carriera nel ministero degli Affari esteri della Finlandia per le tematiche legate al commercio e all’ambiente

 

Tematiche lontane


Nobili finalità, ma la sensazione è che il 90% degli agricoltori ritenga che le questioni relative al commercio internazionale siano pura teoria e siano troppo lontane dalle proprie aziende. In realtà gli accordi internazionali sul commercio dei prodotti agroalimentari possono avere impatti notevoli sulla loro vita e sul loro reddito. Come si può cambiare questa percezione?


“Osservazione assolutamente corretta. Nonostante gli obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals = SDG) promossi dall’Organizzazione delle nazioni unite (Onu) non siano certo qualcosa a cui dobbiamo necessariamente pensare in stalla tutti i giorni, in realtà, in un modo o in un altro, siamo tutti loro assoggettati. E questo è un aspetto di cui ho preso piena consapevolezza durante i miei studi in economia agraria all’Università di Helsinki. Un esempio concreto sono i premi e i sostegni all’agricoltura europea contenuti nella Pac, sempre più condizionati dalle misure di “greening”. Una volta i premi erano erogati per capo, mentre oggi la maggior parte di queste misure si sono trasformate in pagamenti diretti non strettamente correlati alla grandezza della mandria. E, a ben guardare, è facile vedere che la ragione di questi cambiamenti sta proprio nel mutamento delle norme del commercio internazionale nell’ambito delle quali la Ue si è impegnata ad erogare sussidi con un minore impatto distorsivo ed un maggiore impegno sul fronte ambientale. Sebbene possano sembrare negativi (in realtà non lo sono), questi meccanismi di governance internazionali sono molto importanti per dar vita a degli ambiti commerciali dove sia garantito l’accesso a tecnologie agricole, macchine agricole, risorse genetiche e altro ancora”.

 

La protezione geografica


Possiamo estendere questo concetto anche alla protezione delle nostre Dop e Igp?


“Certo. Gli allevatori italiani conosceranno bene le norme sulla protezione delle indicazioni di origine, che la Ue sta cercando di inserire negli accordi commerciali a livello globale per essere certa che i produttori possano trarre vantaggio economico dal proprio lavoro anche fuori dall’Unione europea. L’esempio classico è una dop come il Parmigiano Reggiano, che è protetta nella Ue, ma che ad esempio in Cina o negli Usa non gode della stessa protezione, rendendo possibile a chiunque di vendere un prodotto simile con lo stesso nome. Bene, se la Ue non inserisce queste norme sulla protezione delle sue indicazioni di origine nei nuovi accordi commerciali con determinati Paesi non sarà possibile garantire agli allevatori un’adeguata protezione dei loro prodotti e nemmeno il meritato vantaggio economico. Ma c’è anche un altro aspetto, che riguarda alcuni Paesi che dipendono molto dalla possibilità di ricevere prodotti alimentari di base attraverso i mercati internazionali e che vedono nel commercio internazionale un importante strumento per assicurare adeguata disponibiltà di alimenti e ampiezza delle diete”.

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La protezione delle indicazioni di origine europee fuori dalla Ue è un tema caldo con impatti sulla sostenibilità economica delle imprese agricole e zootecniche

 

E quando gli accordi internazionali non vengono più rispettati?


“Nell’ultimo anno abbiamo tragicamente visto l’esempio più terrificante con la rottura delle regole internazionali causate dalla guerra russa in Ucraina. E vale la pena di ricordare che uno dei partner di Mats, il World Trade Institute, sta collaborando con un ricercatore ucraino per monitorare le esportazioni di alimenti dal Paese in questi momenti difficili. Anche l’Università di Helsinki a breve avvierà una collaborazione con un docente ucraino, che parteciperà al progetto Mats. È sempre più chiaro come questi regimi possano influenzare le nostre vite quotidiane. Lo scopo di questo progetto è proprio quello di trovare le strategie per dar vita a politiche commerciali per il settore agricolo in grado di enfatizzare gli aspetti positivi e ridurre l’impatto di quelli negativi e rendere possibile uno sviluppo realmente sostenibile. Il focus principale è quello di migliorare il benessere umano, ma ci occupiamo anche di sostenibilità ambientale ed economica”.

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Ci sono filiere, come quella delle oleaginose, che hanno un potenziale impatto sulla deforestazione del pianeta e rappresentano un tema caldo nell’agenda internazionale

 


Rischio greenwashing


Il termine sostenibilità è utilizzato così frequentemente dal marketing, dalla pubblicità e nei documenti governativi da rischiare di perdere il suo reale significato. Allo stesso tempo il mondo non ha mai vissuto un’era caratterizzata da uno sforzo globale in questa direzione. Come vede questo potenziale contrasto?


“La sostenibilità viene spesso associata solo alla protezione dell’ambiente e per alcuni questo focus ha quasi una connotazione negativa. In realtà la sostenibilità è relativa non solo agli aspetti ambientali, ma anche a quelli economici e sociali. Mi fa piacere che in questi anni sia cresciuta la sensibilità per tutti questi temi e che le persone vedano la sostenibilità con occhi nuovi. È una storia per alcuni aspetti simile ai temi del commercio internazionale dei prodotti agroalimentari, che sembrano sempre distanti e irrilevanti per la mia vita di cittadino europeo. Ma il fatto che alcuni prodotti di importazione come potrebbero essere il caffè, le banane o la soia siano ottenuti senza distruggere l’ambiente o senza sfruttare i lavoratori è invece un aspetto sempre più importante per la collettività. Lo scopo di Mats è proprio quello di creare più consapevolezza sulle correlazioni fra sostenibilità e accordi commerciali per il commercio internazionale. Non lo nego, mi rattrista vedere come il termine sostenibilità sia spesso utilizzato a sproposito, ma mi consola il fatto che ci siano anche tante persone che si applicano con serietà per sviluppare questi temi. Anche a livello governativo ed imprenditoriale ci sono Paesi ed aziende impegnati in prima persona, ma non posso nascondere che spesso la “transizione verde” sia vittima della propaganda e che solo le notizie negative trovino spazio sui media e sulla collettività. Comprendo anche che qualcuno debba sostenere gli investimenti per andare in questa direzione, anche perché se gli agricoltori fossero lasciati soli non potrebbero sopportare questi oneri. La transizione verso una nuova sostenibilità va affrontata allocando risorse, perché senza sostenibilità economica non si va da nessuna parte”.

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Le norme che indirizzano il mercato internazionale si stanno sempre più aprendo ai temi della dignità sociale dei lavoratori agricoli e alla loro corretta remunerazione

 

Il nodo delle emissioni


Veniamo alla questione del carbonio. Pensa che il cosiddetto “carbon pricing” (l’imposizione di regole di mercato che definiscano un prezzo sulla produzione di gas serra come l’anidride carbonica, CO2, o il metano) potrebbero diventare una barriera tariffaria capace di influenzare il commercio mondiale?

“La possibilità esiste, ma al momento è remota, anche se in linea teorica nulla impedisce ad un Paese di creare un sistema di barriere tariffarie basate sulle emissioni di metano o anidride carbonica dei prodotti agroalimentari oggetti di scambio. Oppure si può affrontare il problema, e la Ue ci sta lavorando, per emanare misure regolatorie che mettano al bando alcuni prodotti specifici con emissioni elevate o che causano deforestazione o abbiano un pesante impatto ambientale. Esistono già dei cosiddetti sistemi di “Carbon border adjustment measure”, ma lo scopo di tutti noi è quello di evitare che l’agricoltura e la zootecnia europea vengano delocalizzate in Paesi dove la regolamentazione ambientale è meno stringente, finendo con l’importare nel mercato comunitario prodotti con un impatto più pesante sul pianeta. Mentre la Ue non ha di fatto un mercato dei crediti di carbonio per il settore agroalimentare, su altri fronti industriali c’è una notevole esperienza. La Nuova Zelanda ha recentemente proposto un sistema di commercializzazione delle emissioni del settore agricolo, che vale la pena di seguire con attenzione perché penso che darà il via ad un analogo sistema per il comparto agroalimentare e sarà interessante confrontarsi con le loro scelte in tema di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio. Tutti questi sistemi non sono né facili da implementare, né la loro implementazione viene vista positivamente. E chi si occupa di normare il commercio internazionale ha un’attenzione particolare nell’evitare che queste misure si trasformino in non necessarie barriere al commercio. La strada verso la vera sostenibilità è lunga, lo sappiamo bene, e richiede allo stesso tempo l’impegno di tutti verso questo traguardo”.

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In un futuro non remoto, il livello di produzione di metano negli allevamenti potrebbe essere utilizzato (in linea teorica) per dar vita a barriere commerciali su base ambientale

 

Make Agricultural Trade Sustainable


La sostenibilità non è uno slogan, ma un concetto molto concreto e Mats (Make Agricultural Trade Sustainable), il progetto europeo che si pone come obiettivo di rendere il commercio di prodotti agroalimentari più sostenibile in termini di impatto sociale ed ambientale, vuole dare il proprio contributo. Lo finanzia il programma europeo Horizon 2020, è iniziato nel luglio 2021 e durerà 3 anni. Coinvolge 14 enti di ricerca di 11 Paesi, che lavoreranno insieme sotto il coordinamento dei finlandesi dell’Università di Helsinki, Dipartimento di economia e gestione. Per l’Italia, sono al lavoro il Crpa di Reggio Emilia e KnowlEdge. Lo sguardo è rivolto verso gli obiettivi di sviluppo sostenibile (SDGs) inseriti nell’agenda 2030 dalla comunità internazionale. Di particolare ispirazione sono alcuni di essi, come zero povertà, zero fame, salute e benessere, acqua pulita e igiene, agire per il clima e, infine, tutela della vita sulla Terra con un uso sostenibile delle risorse.


Traguardi impegnativi che Mats vuole raggiungere migliorando la governance, la definizione e l’applicazione delle pratiche e delle regolamentazioni di scambio a livello nazionale ed internazionale. Un primo passo verso questo obiettivo è la creazione di nuovi strumenti di analisi che siano in grado di dare una valutazione organica delle interazioni fra commercio agroalimentare e sviluppo sostenibile. A tal fine, i partner di Mats si concentreranno su 15 casi studio relativi a specifici prodotti e Paesi per avere una comprensione profonda dei meccanismi in atto e per poter testare i nuovi modelli di analisi, simulandone l’applicazione. A questo riguardo il Crpa coordinerà 3 casi di studio sul commercio internazionale; di questi, uno riguarderà i prodotti lattiero-caseari e uno la carne bovina, due settori in cui l’esperienza maturata in questi anni sarà un contributo prezioso da mettere a disposizione del progetto. Un terzo caso di studio sarà sulle certificazioni internazionali in collaborazione con Global G.A.P.
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Le norme varate dalla Nuova Zelanda per regolamentare l’impatto ambientale degli allevamenti sono una novità a livello mondiale