Puntiamo tutto su biometano e CO<sub>2</sub>

Da sinistra in alto: Paola, Davide, Serena e Marco Vanzetti nella loro stalla di Candiolo (To)

Attualità

Puntiamo tutto su biometano e CO2

Con le deiezioni delle vacche da latte crei energia, alimenti i motori dei camion, recuperi C02 e gasi le bibite. Ecco la Cooperativa Speranza di Candiolo (To)

Hanno chiamato “Speranza” la loro cooperativa per un senso di pia umiltà nei confronti del destino, ma i Vanzetti e gli altri storici soci si sono fatti un bel mazzo per trasformare la speranza in euro. Nel corso degli anni, ogni volta che siamo passati da Candiolo (To), cuore pulsante della loro attività, abbiamo sempre trovato qualcosa di nuovo, insieme alla consueta cordialità delle persone a cui piace far squadra ed investire nel futuro. In principio furono le vacche (che restano ancora la prima passione dei Vanzetti e degli altri soci), poi venne il biogas, poi un secondo impianto di biogas e oggi un impianto per la produzione di biometano e di bio CO2 per l’industria alimentare. Detta in altri termini, è possibile che le bollicine della bibita gasata ghiacciata che state bevendo mentre leggete questo articolo siano state prodotte in una stalla del Piemonte: benvenuti nell’era dell’economia circolare!

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Il pallone dell’impianto di biometano


Uno sguardo molto “green”


Visitare la cooperativa Speranza e capire come venga fuori il biometano (che in realtà gli addetti ai lavori chiamano “bio gnl avanzato”) è un affascinante viaggio in una tecnologia semplice da raccontare, ma che ha bisogno di filtri hi-tech per rimuovere tracce di gas il cui nome sino a pochi giorni fa non conoscevamo nemmeno. Quello che è invece veramente complesso è separare la CO2 e purificarla, un obiettivo che ha richiesto un investimento impegnativo, con l’installazione di un impianto pilota ad altissima tecnologia.

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I filtri a carbone per depurare il metano da alcuni gas come H2S e Xiloxani

 

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 Il complesso impianto per il recupero e la purificazione della CO2

 

Ad accompagnarci in questo viaggio sono Serena Vanzetti, suo fratello Marco e Marco Oddenino. Tre giovani che ho sempre conosciuto come ottimi allevatori, ma che oggi potrebbero fare le guide turistiche in un petrolchimico: “Il biometano – dice Serena - ci ha appassionato da subito per le sue potenzialità e per l’impatto sul futuro delle nostre stalle, ma la mattina voglio comunque passarla sempre in mezzo alle vacche, perché tutto nasce da lì e dobbiamo sempre ricordarcelo”.

 

Passione antica


Oggi Vanzetti Holstein munge 240 animali, poi ci sono le 120 vacche di Piniere Farm della famiglia Dabbene e Oddenino, un altro centinaio di soggetti dell’azienda Barale e Bertola e poi tutti gli animali da ingrasso della Oddenino Farm perché, ricordiamolo, la Cooperativa Speranza nasce nel 1974 come “agrimacelleria”. Il tutto senza dimenticare il contributo dell’Azienda agricola Sandrone. La svolta energetica comincia a prendere corpo verso il 2006 con viaggi in Austria “degli anziani” a vedere impianti di biogas, sino alla costruzione del primo digestore da 1 megawatt che entra in servizio nel 2008. “Candiolo – spiega Serena – è alle porte di Torino e già allora il tema degli stoccaggi iniziava a farsi sentire e così abbiamo tutti deciso di trasformare un problema in risorsa, coinvolgendo anche altre aziende agricole e zootecniche vicine. Ma il vero colpaccio è stato l’ingresso in cooperativa di un consorzio piemontese attivo nel settore della lavorazione dei cereali, che ha iniziato a conferire tutoli di mais e scarti di essicazione”.

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Fra vacche da latte e ristalli la Cooperativa Speranza raccoglie le deiezioni di oltre 3.000 capi bovini

 

Lascia o raddoppia?


La materia prima non manca e nel 2010 entra in servizio anche il secondo impianto di biogas e la Speranza diventa fornitrice di energia termica al vicino Istituto per la ricerca e cura del cancro, costruendo la conduttura per trasportare l’acqua calda sino all’ospedale. Appena tutto è a regime e funziona perfettamente si inizia subito a parlare di biometano, un mondo simile in tutto a quello del biogas, ma con differenze sostanziali a livello normativo, che si ripercuotono anche sulla dieta dell’impianto, vista la sostanziale impossibilità di utilizzare colture per uso alimentare.

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Una delle differenze fra biogas e biometano è anche la formula della razione per motivi normativi

 

“La burocrazia è notevole e i controlli del Csqa, il nostro ente certificatore, non sono uno scherzo, anche perché la chiave del successo di un impianto di biometano è la certificazione della sostenibilità, dichiarando periodicamente i quantitativi di CO2 che siamo in grado di recuperare. Diciamo che se riesci ad alimentare l’impianto a liquame e letame per almeno il 60% sei sulla buona strada per essere sostenibile e a noi non manca di certo questa “materia prima”, visto che fra mandrie dei soci e mandrie di aziende vicine gestiamo le deiezioni di circa 3.000 capi adulti e in zona ci vogliono parecchio bene perché siamo la soluzione ai problemi di stoccaggio”. “Senza dimenticare – interviene Marco – che noi paghiamo a tutti il liquame conferito, redistribuendo poi il digestato alle stesse aziende, con un impatto positivo anche sui terreni, con un drastico abbattimento dell’impego dei concimi chimici”.


Nel 2020 l’impianto di biometano entra in funzione, ma i soci della cooperativa scoprono un mercato nuovo, quello della produzione di CO2 per l’industria alimentare, che sotto il profilo dei costi si ripaga senza generare utili diretti, ma offre un vantaggio competitivo sotto il profilo della certificazione verde, perché durante il ciclo produttivo non viene immessa anidride carbonica in atmosfera, ma il gas viene separato, stoccato e venduto. “Poi, sempre per non disperdere nulla, abbiamo stretto un accordo con una soffieria qui vicino, che ci acquista l’energia termica generata dal processo - ricorda Marco Oddenino – e in questo modo siamo ancora più circolari e sostenibili, trasformando la vicinanza alla città e alla zona industriale in valore aggiunto”.

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La centrale di comando dell’impianto torinese

 

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Trattori e botti per il liquame sono una presenza costante nel piazzale della Cooperativa Speranza


Spazio all’autotrazione


Ma il biometano dove finisce? La Cooperativa Speranza per adesso non ha optato per collegarsi alla rete, ma ha stretto un accordo con il Gruppo Maganetti, grande azienda di trasporti operante in tutta Italia, che al momento ritira il metano per autotrazione, con cui rifornisce i propri mezzi. “Adesso – spiega Marco Vanzetti - stiamo costruendo insieme alla Maganetti un distributore aperto al pubblico, ma sempre destinato all’autotrasporto su gomma, che infatti utilizza il metano liquido  per motivi di autonomia, a differenza delle automobili che invece impiegano il metano in fase gassosa. Il nostro impianto è talmente performante da produrre metano puro al 99,8%, mentre il metano da giacimento oscilla attorno al 90% per cui chi fa il pieno da noi fa più chilometri”.

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 I silos per lo stoccaggio della CO2 e del biometano

 

Il valore della sostenibilità


“Ma c’è un aspetto davvero strategico - interviene Marco Oddenino - perché ad esempio il Gruppo Maganetti ha scelto il nostro metano per la sua sostenibilità, perfettamente in linea con la propria politica aziendale. Discorso analogo anche per le stalle da latte che ad esempio sono in filiera con Inalpi, nella cui tabella dei premi c’è un quid in più per chi produce energia o per chi utilizza digestato”. “Domani potremmo estendere questo concetto - conclude Serena Vanzetti - al latte alimentare, ai formaggi, o alla carne, certificando l’impronta di carbonio. E la nostra, grazie agli impianti di cui ci siamo dotati come cooperativa, è oggettivamente bassa e sotto controllo. La vera sfida è spiegarlo al consumatore e alla moderna distribuzione, ma siamo fiduciosi e preferiamo essere pronti per quando il mercato ci chiederà anche questi valori, perché non è un percorso che si improvvisi dalla sera alla mattina”.
Non è questione di “speranza”, ma di visione. E da queste parti i visionari non mancano.