I controlli funzionali sono ancora funzionali?

Attualità

I controlli funzionali sono ancora funzionali?

Siamo nell’era dei big data, e non pensiamo ancora come i nativi digitali. Dovremmo cambiare mentalità, perché il “pesa latte” non ha più senso...

 

La meccanizzazione degli allevamenti è stata molto importante per la zootecnia al fine di compiere progressi significativi in termini di produzione, genetica, efficienza, benessere degli animali, sostenibilità ambientale e sanità. Tuttavia, la crescente quantità e complessità dei dati generati dalle piattaforme di fenotipizzazione o registrazione dei dati pone grandi sfide. L’impatto e la valutazione dell’analisi di questi dati, che potremmo senza timore chiamare “big data”, non sono ancora stati realmente presi in considerazione dal mondo zootecnico.

 

Una visione superata

I controlli funzionali, come sono strutturati e quindi utilizzati oggi, ancora dipendono troppo dai motivi per cui cinquant’anni fa circa furono introdotti massivamente. Con le attuali tecnologie, invece, dovremmo essere in grado non solo di avere misurazioni diverse, prese con tempi e precisioni differenti, ma dovremmo anche metterci in grado di leggere, includere e utilizzare dati, indizi e segnali, anche quelli apparentemente inspiegabili e, ove possibile, suggerire risposte adeguate. Partendo da cosa ci occorre in funzione di quello che sarà possibile osservare e misurare. E non rimanere fermi a strutture costruite su quello che era possibile (e utile) osservare e misurare cinquant’anni fa. Inoltre, nonostante il mondo dei “big data” ci consente di analizzare quantità crescenti di dati, queste informazioni saranno inutili e fuorvianti senza la capacità di comprendere, valutare e applicare secondo un pensiero critico attuale. Per questo motivo vanno rivisti completamente i sistemi di controllo delle produzioni zootecniche.

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La vera domanda da porsi oggi è: i controlli funzionali rispondono ancora alle esigenze degli allevatori?

 

Cambio di mentalità

Il concetto del controllo funzionale ideato decenni fa era quello di un sistema centrale che aveva bisogno di dati per ottenere miglioramento genetico. Oggi, per tanti motivi, questa struttura è anacronistica. Cinquanta anni fa questo sistema era ottimale per obiettivi, disponibilità economiche e tecnologie del tempo. I tecnici e le organizzazioni zootecniche, di fronte all'attuale enorme disponibilità di dati, dovrebbero comprendere che il vecchio approccio è obsoleto.

Non ha molto senso pratico cercare vecchi modelli teorici e analizzare i dati senza seguire un’ipotesi su ciò che oggi possiamo avere in più e di diverso. L’opportunità attuale è invece grande: la nuova disponibilità di un’enorme quantità di dati (big data), unita agli strumenti statistici per elaborarli, offre un modo completamente nuovo di comprendere il mondo. La correlazione soppianta la causalità e le analisi possono persino avanzare senza modelli teorici coerenti, teorie unificate o qualche tipo di spiegazione meccanicistica. Dobbiamo però sempre tenere a mente che i big data, da soli, non forniscono nuove idee; nascono invece dalla giustapposizione creata dall’unione di due elementi che nessuno ha mai collegato prima. C’è sicuramente molto in più da ottenere con questa nuova forma di acquisizione dati.

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Il “cloud” ci ha cambiato la vita, ma dietro ad ogni cloud c’è tanto hardware da saper gestire

 

Un sistema da ripensare

Provo a elencare alcuni motivi per cui occorre rivedere dal profondo i controlli funzionali, con la certezza di non essere esaustivo:
• non ci sono più strutture centrali disponibili a investire per questi controlli;
• il miglioramento genetico è oggi spesso un interesse aziendale oppure sovranazionale, mentre fino al termine del secolo scorso l’interesse era esclusivamente nazionale;
• quasi ovunque questo servizio non si sostiene con fondi pubblici;
• l’interesse per il dato fenotipico in funzione del miglioramento genetico, soprattutto con l’applicazione della genomica, è mutato e non ha molto senso misurare indistintamente, o quasi, tutti i capi con la stessa precisione e con la stessa frequenza;
• la possibilità per l’allevatore di avere dati più frequenti e magari anche più precisi del controllo funzionale classico minimizza l’interesse diretto dell’allevatore ad avere i controlli funzionali centralizzati;
• l’incapacità, molto diffusa in Italia, di fornire un’assistenza tecnica a partire dai dati dei controlli ne fa diminuire ancora di più l’interesse per l’allevatore.

 

Spazio ai “millennial”

Ovviamente, tutto questo andrà di pari passo con la trasformazione digitale in atto. Questa situazione richiede un ripensamento delle competenze e degli interventi necessari per affrontare la complessità crescente della zootecnia moderna e per rimanere competitivi in un mondo globalizzato. Per gestire e attuare una rivoluzione servono attori dotati soprattutto di mentalità digital o comunque con un atteggiamento ormai fondamentale per operare nel panorama digitale. Per questo, forse, dobbiamo chiedere aiuto ai millennial, cioè ai “nativi-digitali” capaci di ribaltare molti dei paradigmi a cui eravamo abituati. Oggi chi può dar vita a nuovi comportamenti organizzativi non sono i tecnici senior, ma quelli giovani. Eppure, troppo spesso, almeno nel nostro Paese, le scelte strategiche per il futuro sono ancora nelle mani di chi, come chi scrive, non ha mai incontrato un computer fino all’età adulta. Figure di “nativi-digitali” sono assolutamente necessarie per creare la struttura organizzativa che sia strutturalmente sia tecnologicamente smart. I millennial possono ottimizzare i processi e rendere necessari determinati comportamenti organizzativi nella scelta della tecnologia e nella sua diffusione.

Oggi assistiamo sempre più a un cambio di paradigma nella trasmissione della conoscenza dalle tradizionali relazioni leader-esperto e seguace-apprendista tra tecnici senior e junior all’attuale situazione in cui i nativi digitali devono essere parte integrante della trasmissione trasversale delle competenze tecnologiche. I millennial rappresentano la frontiera dei sostenitori tecno-sociali di queste competenze trasversali nei processi di ricerca digitalizzati: devono essere attratti, coinvolti e valorizzati e, allo stesso tempo, ambasciatori dell’applicazione digitale intelligente.

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Perché non utilizzare senza remore i dati registrati dai moderni impianti di mungitura, la maggior parte dei quali è conforme agli standard Icar ed è disponibile in tempo reale, 24 ore su 24?

 

Scelte indispensabili

Le strutture della raccolta dei dati fenotipici a fini zootecnici sta cambiando rapidamente, eppure qualcuno ha paura di questo. Certamente alcune cose stanno svanendo, ma molto di più viene creato. Nel mondo occidentale le organizzazioni di raccolta-dati fenotipiche sono quasi tutte o scomparse, o hanno modificato grandemente il loro modo di operare. Ma i dati raccolti non stanno scomparendo, anzi, stanno solamente cambiando. Per questo sbagliamo a vederlo come un declino. Spesso ciò che ci impedisce di svilupparci insieme alle tecnologie è la paura. Sia la paura di perdere il lavoro, per alcuni il “potere”, ma soprattutto una sorta di paura professionale di affrontare il futuro con il timore di non averne la capacità. Certo lo status quo sembra dare a queste strutture e ad alcuni loro tecnici maggiore sicurezza. Ma la realtà è fluida quanto inarrestabile, che lo vogliamo o meno.

Questo che viviamo è un momento emozionante per il miglioramento delle strutture di controllo delle aziende zootecniche, si tratta di godere dell’opportunità di reinventare il processo cercando di essere liberi dai vincoli che hanno forse senso e convenienza per l’attività quotidiana e produrre invece ogni sforzo per fare le cose in modo diverso.

 

di Andrea Rosati - Segretario generale di EAAP (Federazione europea di Scienze Animali)