Tempo da cimici

Halymorpha halys è originaria dell’Asia orientale. In Italia è stata segnalata nel 2012 in Emilia Romagna, mentre in Alto Adige è stata accertata per la prima volta nel 2016

Attualità

Tempo da cimici

Nel corso di una giornata dimostrativa organizzata dal Crpa, si è discusso sull’importanza di debellare uno dei nemici delle colture destinate all’alimentazione del bestiame: la cimice asiatica. L’impiego di specifici parassitoidi offre buone prospettive

 

Segnalati i primi esemplari nel 2012, in Italia la popolazione di cimice asiatica (Halyomorpha halys) ha registrato negli anni una crescita esponenziale, creando non pochi problemi alle colture ad uso zootecnico.
Di natura fitofaga, questo parassita è infatti in grado di compromettere buona parte del raccolto destinato all’alimentazione dei ruminanti. È per questa ragione che il Dipartimento di Scienze agrarie, forestali e alimentari dell’Università di Torino, in collaborazione con il Crpa ha avviato una prova sperimentale per verificare l’entità e l’impatto della cimice sulle coltivazioni come la soia, il mais e l’erba medica.

 

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Secondo quanto riferito da Giorgio Borreani, professore di agronomia dell’Università di Torino, la soia è la specie più colpita dalla cimice asiatica

 

La sperimentazione

Una prova di campo della durata di due anni, che ha visto in prima linea quattro aziende partner del progetto, dislocate in differenti province dell’Emilia Romagna (Reggio Emilia, Parma e Ferrara). Il fine era quello di constatare l’effettiva presenza della cimice asiatica e per farlo i titolari delle aziende agricole hanno campionato (mediante appositi retini e trappole adesive posizionate lungo il perimetro dei campi) le popolazioni di insetti presenti tra le colture. Contestualmente, presso l’azienda sperimentale dell’Università di Torino, sono stati intenzionalmente posizionati alcuni individui di cimice asiatica in corrispondenza delle linee di coltivazione della soia. L’obiettivo? Studiare la sintomatologia provocata dal parassita nelle diverse fasi di sviluppo della leguminosa.

 

Soia numero uno

I risultati riportati dalle indagini hanno non solo confermato la presenza di Halyomorpha halys, ma anche i danni che questa è in grado di apportare alle colture zootecniche. “Abbiamo notato che la soia è la specie più colpita dalla cimice asiatica – ha spiegato Giorgio Borreani, professore di agronomia dell’Università di Torino – e in alcuni casi i semi compromessi possono arrivare al 30% dell’intera coltura”.

Danno che, secondo le osservazioni effettuate, si manifesta soprattutto se la cimice attacca la pianta subito dopo la fioritura dei baccelli. “Questo è probabilmente correlato al fatto che nella fase successiva alla fioritura – continua Borreani – la pianta presenti delle condizioni favorevoli all’attacco da parte di Halyomorpha halys, come l’umidità e il rilascio di sostanze attrattive per il parassita. Ma esiste anche un altro fattore importante da considerare: l’epoca di semina. Infatti se lo stadio di fioritura coincide con il periodo in cui la cimice si trova a migrare, proprio verso la soia si registreranno delle perdite consistenti. Questo accade perché i tessuti del seme in questa fase sono ancora piuttosto fragili e, se colpiti, potrebbero vedere compromessa la normale produzione della componente lipidica e proteica. Nella peggiore delle ipotesi, poi, il seme perde la capacità di germinare. Individuato lo stadio di maggiore suscettibilità della soia alla cimice asiatica, è possibile anche effettuare delle considerazioni sulla lotta al parassita”.

 

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È importante identificare l’epoca di semina e la coincidenza con il periodo di migrazione delle cimici da una coltura all’altra. Se la soia viene seminata presto, potrebbe sfuggire alle conseguenze acute dell’attacco

 

Limitatori naturali

Se il contrasto con mezzi chimici sembra non aver portato a risultati soddisfacenti in termini di riduzione delle cimici sulle colture, lo stesso non si può dire per i metodi che si avvalgono di limitatori naturali. “Sapere qual è il momento in cui la cimice può causare danno – spiega Luciana Tavella, docente di Entomologia dell’Università di Torino – consente di utilizzare i trattamenti chimici in modo più mirato, riducendone l’impiego. Eseguire un trattamento nel momento sbagliato significa perdere diverse centinaia di euro. In più, oggi sono sempre meno i prodotti autorizzati e si fa largo uso di piretroidi, che insieme ai parassiti eliminano anche degli insetti potenzialmente utili nella lotta agli infestanti. È il caso dei parassitoidi come la vespa samurai o Trissolcus japonicus, che se non sottoposta a trattamenti con molecole chimiche è in grado di contrastare efficacemente Halyomorpha halys”.

 

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Luciana Tavella, docente di docente di Entomologia dell’Università di Torino, ha ricordato come eseguire un trattamento nel momento sbagliato significhi perdere diverse centinaia di euro

 

Le dimensioni sono ridotte, la vespa samurai non supera i 2 mm di lunghezza, ma sua la capacità di sterminare intere generazioni di cimice asiatica è piuttosto spiccata. Dal 2020 in Emilia Romagna sono stati infatti rilasciati alcuni individui del parassitoide ed è stato osservato che la popolazione di Trissolcus japonicus è cresciuta, a discapito di quella di Halyomorpha halys. “Stiamo andando incontro a un nuovo modo di pensare l’agricoltura – ha concluso Borreani – che favorisce delle metodiche sempre più sostenibili”.